Focus: Primavera

Valanghe primaverili

valanghe
di Claudio Barchesi

Nevicate spesso seguite da repentini rialzi delle temperature, con venti e piogge. La variabilità del tempo stagionale produce instabilità nel manto nevoso e il rischio di slavine aumenta. Le ore centrali della giornata sono le più rischiose, sui pendii ripidi il pericolo è sempre alto ma la responsabilità è quasi sempre dell'uomo. Occorrono consapevolezza e attrezzatura idonea

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Nel periodo primaverile, torna d’attualità il tema delle valanghe, che ogni anno causano gravi incidenti tra gli appassionati degli sport di alta quota. È un dato di fatto che una parte dei frequentatori della montagna tenda a sottostimarne i rischi, specie quando il sole caldo e il cielo terso non fanno presagire nulla di male. Muoversi fuori dei tracciati battuti, quando le condizioni meteo cambiano e a intense nevicate succedono forti venti e rialzi termici, è però pericoloso. Nevicate primaverili e rialzo delle temperature rappresentano infatti condizioni di rischio aggiuntivo, specie nelle ore centrali della giornata.

La dinamicità e la variabilità del manto nevoso è un aspetto chiaro solo agli addetti ai lavori, che nell'apparente distesa bianca e uniforme riconoscono un insieme di settori a pendenza disomogenea, dove i fattori meteo agiscono in maniera diversa, anche in base all’esposizione dei versanti.

Prova a spiegarlo Daniele Giordan, del Geohazard monitoring group dell’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr, che si occupa del monitoraggio di fenomeni di dissesto geo-idrologico anche a quote elevate e su pendii innevati, come il fronte glaciale del ghiacciaio di Planpincieux sul Massiccio del Monte Bianco: “Le condizioni di stabilità del manto nevoso in quota cambiano in maniera anche molto repentina. Il rischio deve essere assolutamente conosciuto dalle persone che frequentano la montagna. Il fatto che talvolta vengano coinvolti in tali eventi anche professionisti di grande esperienza come le guide alpine evidenzia come il rischio zero non esista”.

Gli incidenti sono infatti all’ordine del giorno. I dati raccolti e pubblicati a livello internazionale da Cisa-Ikar e, a livello nazionale, da Aineva (Associazione interregionale neve e valanghe), parlano per la stagione invernale 2013-2014 nella regione alpina di 80 morti per valanghe o slavine (i due termini sono sinonimi). Un bilancio pesante, anche se in calo rispetto alla media degli ultimi anni (-22). Dalla casistica appare come i più soggetti a rischio siano gli scialpinisti (43 vittime) seguiti dagli sciatori fuori pista (23). Tra le vittime, a fronte di una media italiana di 30 (media nazionale 1984-2014 con una tendenza all'aumento), 22 sono francesi, 22 svizzeri, 13 austriaci (media nazionale di entrambi 25). Per la stagione 2014-2015 (dati aggiornati al 7 marzo) sulle Alpi italiane e sugli Appenini ci sono già stati 22 morti e 27 feriti.

“Per essere aggiornati sulle condizioni di pericolo valanghe di una determinata zona si deve sempre consultare l’ultimo bollettino emesso dall’Aineva”, spiega il ricercatore, che è anche membro del Soccorso alpino. “Evitare i pendii più instabili costituisce poi il primo accorgimento per ridurre il rischio all’origine. Va ricordato a tutti i frequentatori della montagna che gran parte delle valanghe sono provocate dallo sciatore stesso o da un compagno”.

Come essere pronti ad intervenire nella malaugurata occorrenza di essere coinvolti? Risponde Giordan: “Occorre un abbigliamento adeguato e bisogna dotarsi degli attrezzi che compongono la catena dell’autosoccorso in montagna: Arva (Apparecchio di ricerca dei travolti in valanga, che emette periodicamente un impulso radio su di una frequenza standard), pala e sonda. Le probabilità di sopravvivenza di un essere umano sepolto da una valanga decadono esponenzialmente e i primi 15 minuti sono i più importanti. La dotazione di base tuttavia non garantisce l’incolumità, durante il trasporto da parte della massa nevosa si può essere soggetti a traumi anche letali”.

Il consiglio è quindi di vivere intensamente la montagna con passione, consapevolezza ed attrezzatura idonea, ma tenendosi sempre lontani dai guai.

Claudio Barchesi

Fonte: Daniele Giordan , Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica, Torino, tel. 39-0113977830, email daniele.giordan@irpi.cnr.it

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