L’inquieto alpinismo di Armando Aste
Ha lasciato nella storia dell’alpinismo mondiale una serie di tracce indelebili, che lo inscrivono nel Gotha dei grandi scalatori. Per lui si può parlare di “inquietudine”, termine che, a chi lo ha conosciuto, sembra particolarmente appropriato per descriverne la personalità. E che rimanda alla capacità di mantenersi in movimento. Riportiamo alcuni stralci dall’introduzione della biografia uscita per Vita trentina
“La nostra natura è nel movimento”, scriveva Blaise Pascal. Armando è sempre stato persona “in movimento”, sino alla fine dei suoi giorni. E questa sua condizione di uomo sempre appassionato e coerente, attento alla dimensione spirituale e morale della vita, tanto nell’attività alpinistica quanto nei rapporti interpersonali, sul lavoro, nell’impegno civile ed ecclesiale ha contribuito a renderlo un punto di riferimento e un esempio per tante persone e per tante generazioni.
Esteriormente, Armando appariva a molti come persona autorevole e austera, con un temperamento forte e determinato, un tratto severo e un fare assertivo. […] Un carattere che poteva sembrare spigoloso e poco conciliante, molto selettivo nei rapporti umani, a tratti perfino burbero. Come molte formazioni rocciose (in particolare quelle dolomitiche) che esteriormente si presentano come monoliti compatti e inscalfibili, mentre in realtà hanno una costituzione estremamente delicata e sensibile agli elementi che le circondano, Armando era in realtà molto diverso. […]
Al di là delle apparenze e di una conoscenza più o meno approfondita della sua vita, l’attività per la quale è diventato famoso - l’alpinismo - non ha costituito per lui una passione e una dimensione totalizzanti. Era semmai un aspetto complementare a tutte le altre sfere del suo vissuto; era un’espressione (e anche una metafora) del suo carattere, della sua persona, del suo pensiero, della sua spiritualità; era una proiezione della sua personalità, trasferita in una pratica per la quale possedeva un immenso talento naturale. […]
Figlio degli anni della guerra e della povertà, dalla fine degli anni quaranta Aste si impose nel panorama alpinistico italiano e internazionale, con il suo carisma e per il livello dei suoi exploit, inizio di una carriera sportiva lunga e prestigiosa, terminata nel 1985 con l’ultima spedizione in Patagonia.
[…] Il titolo del libro propone una doppia chiave di lettura: “Ho scalato un ideale” fa riferimento alla via aperta da Aste nel 1964 sulla parete Sud della Marmolada. Un itinerario che un giovane Reinhold Messner ripeté per primo e definì come un punto di riferimento per le massime difficoltà superabili su roccia. Ma la via “dell’ideale” non esprime soltanto l’impegno e l’eleganza ricercata dagli scalatori, ma fa riferimento a una dimensione valoriale ed esistenziale alta e complessa. Una dimensione che si è esplicitata passando per le più grandi pareti dolomitiche, per la Nord dell’Eiger e di altri grandi montagne delle Alpi occidentali, fino a confrontarsi (tra i primi) con i giganti di granito delle Ande patagoniche.
[…] Il suo alpinismo – oltre che prestazione tecnica e atletica - era espressione di ricerca interiore e “meta di ordine morale, per progredire e migliorarsi, un raggio di bellezza che aiuta ad andare avanti”. Fece proprio il motto “sali sulle spalle dei giganti”, espressione utilizzata da Isaac Newton per intendere che la portata delle nostre scoperte aumenta al crescere delle conoscenze sulle quali possiamo basarci.
Armando era naturaliter un capocordata, che sapeva “leggere” la parete e intuire l’itinerario, e fare in modo che questo risulti logico ed esteticamente valido. Armando teneva molto a questo ultimo principio, ribadito in molti suoi scritti e confermato dallo sviluppo dei suoi itinerari più famosi: facendo propria un’immagine coniata da Emilio Comici, la via deve riflettere il più possibile la linea ideale che avrebbe segnato una goccia d'acqua cadendo dalla vetta, ovvero puntando all’ascensione della montagna nel modo più diretto possibile. Anche da questa immagine si può capire come l’alpinismo rappresentasse per Armando – lo ripeteva spesso - una forma di elevazione spirituale. E anche una forma di riscatto dalla povertà e dalle angustie della vita, un segno di speranza, un modo di guardare in alto, per dare alla propria esistenza un senso e traguardi che la mediocrità di quanto tutti i giorni ci circonda induce spesso a dimenticare.
[…] Il suo alpinismo – seppur estremo - è stato anche caratterizzato da ferme e serene rinunce di fronte ai rischi eccessivi. Armando non era affetto, come molti alpinisti di punta, da quella sorta di complesso di Edipo che si traduce nel bisogno di sfidare l’impossibile e l'illecito; né dal complesso di Narciso, teso alla pura affermazione di sé, senza leggi né regole. Il suo era piuttosto quello che la psicologia moderna (in particolare la scuola lacaniana) definisce “complesso di Telemaco”, dal nome del virtuoso figlio di Ulisse: muovendo da uno schema di valori ben preciso e radicato, testimonia il rispetto per una legge superiore, per la maestà della vita, l’invocazione a vivere con slancio e vitalità su questa terra, con senso del limite e possibilità di trasmissione del desiderio da una generazione all’altra.
Sempre attingendo ai grandi miti classici, Armando poteva essere paragonato alla figura di Sisifo, il personaggio dell’Odissea che, per aver sfidato gli dei, era stato condannato a spingere per l’eternità un enorme masso su per una montagna e – giunto in vetta – a vederlo rotolare di nuovo a valle. In questa prospettiva, fatta di scelte radicali, anche l’abbandono – a metà degli anni ottanta - dell’attività sportiva, per accudire il fratello Antonio gravemente ammalato e – anni dopo – l’amata moglie Nedda.
Un abbandono che ha avuto però una ideale evoluzione nella scrittura, con una serie di libri di successo, in cui l’argomento alpinistico non è mai esclusivo, ma complementare a riflessioni esistenziali e spirituali. In particolare il rapporto con Dio e con gli uomini, con costanti riferimenti agli incontri e alle relazioni intessute lungo il proprio percorso di vita, testimoniati spesso dalle corrispondenze accumulatesi negli anni e conservate con cura certosina nel proprio archivio personale, oggi conservato presso la Biblioteca civica di Rovereto, fonte di primaria importanza per la storia dell’alpinismo, ora a disposizione degli studiosi.
titolo: Ho scalato un ideale
categoria: Saggi
autore/i: Maurizio Gentilini
editore: Vita trentina
pagine: 304
prezzo: 20,00