Quante donne nel pallone
La presenza femminile nel mondo del calcio è in costante aumento: le signore rappresentano il 38% della tifoseria, 300 milioni su 800 milioni. Ma anche la pratica calcistica si tinge di rosa, con 26 milioni di atlete su un totale mondiale di 265 milioni di giocatori
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Le donne rappresentano il 38% del totale degli appassionati di calcio, ben 300 milioni su 800. Per alcune grandi squadre, come Galatasaray, Milan e Chelsea, le donne costituiscono quasi la metà della tifoseria. Ma anche nella pratica sportiva la presenza femminile è sempre più forte, con 26 milioni di atlete su un totale mondiale di 265 milioni di giocatori. Sono alcuni dei dati emersi dalla ricerca 'Women's World of Football' condotta dalla società tedesca di consulenza Sport + Markt e dalle più recenti rilevazioni della Fifa.
Il fenomeno si è sviluppato rapidamente durante gli anni '90. In Inghilterra, ad esempio, le donne, che nel 1992 erano il 10% del totale degli spettatori della Premier League, nel 2002 sono salite al 20%. Secondo studi di settore, le appassionate hanno un'età media di circa 40 anni, un buon livello di istruzione e sono portate a spendere più dei maschi per l'acquisto di gadget e articoli di abbigliamento legati alla squadra preferita, anche se il loro potenziale di spesa non viene ancora pienamente sfruttato dalle società. Da diversi anni, specialmente in Inghilterra, sono stati però introdotti prodotti quali magliette di taglio femminile, ed è prevedibile un crescente interesse di aziende di moda e di marchi di gioielleria.
Ma il calcio al femminile è soprattutto realtà sportiva. "Dal 1991 si disputa il Campionato del mondo per nazionali femminili", conferma Giuseppe Ponzini dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche, "e dal 1984 quello europeo. Il calcio femminile è poi inserito nel programma olimpico da Atlanta 1996. Le donne hanno cominciato ad assumere posizioni di rilievo anche nella gestione, tanto che due club di serie A hanno una presidenza femminile: Roma e Bologna".
In questi ultimi anni la donna ha scalato anche il settore arbitrale: nel marzo scorso l'esordio nella serie A maschile delle guardalinee Cristina Cini e Romina Santuari. A febbraio, in Inghilterra, Amy Fearn è stata la prima ad arbitrare una partita di Championship.
Tutto questo mette in discussione un tabù storico e rimuove pregiudizi consolidati, aprendo spazi di emancipazione e di crescita. "Lo testimonia", prosegue Ponzini, "il recente caso della nazionale femminile dell'Iran, che aveva conquistato il diritto a partecipare ai prossimi giochi olimpici giovanili di Singapore ma che era stata esclusa perché le autorità iraniane pretendevano, contro le norme Fifa, che le loro calciatrici indossassero il velo durante le gare. Dopo una complessa trattativa si è giunti a un compromesso: le atlete non porteranno l'hijab islamico, bensì una cuffia che copre i capelli, lasciando scoperte le orecchie e il collo. Non è poco, se si pensa che in Iran fino a poco tempo fa le donne non potevano nemmeno assistere ad una partita".
Resta, però, ancora molto da fare per garantire pari opportunità di genere. Per superare i molti problemi e sostenere le ricadute sociali positive che il calcio femminile può apportare, ha ribadito il Fifa Women's Football Symposium del 2007, occorre avviare specifici e organici programmi di sostegno e di finanziamento.
Rita Lena
Fonte: Giuseppe Ponzini, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma , email giuseppe.ponzini@cnr.it -