Faccia a faccia

Il teatro? Può rendere più affascinante la scienza

orsini
di Paola Colapinto

Umberto Orsini, uno dei maggiori attori del nostro teatro, calca le scene dal '57 e ha lavorato con tutti i più grandi registi: Visconti, Patroni Griffi, Zeffirelli, Fellini. Il suo ultimo personaggio è un fisico, il Nobel Niels Bohr, nello spettacolo di Michael Frayn 'Copenaghen'

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Umberto Orsini, uno dei maggiori attori teatrali italiani, si forma all'Accademia d'arte drammatica di Roma e debutta nel 1957 nel ‘Diario di Anna Frank' diretto da Giorgio De Lullo. Lavora poi ne ‘L'Arialda' di Giovanni Testori con la regia di Luchino Visconti, con Franco Zeffirelli in ‘Chi ha paura di Virginia Woolf' e con Patroni Griffi in ‘Metti una sera a cena'. Negli anni '80 è diretto da Gabriele Lavia in ‘Servo di scena' di Ronald Harwood, ‘I Masnadieri' di Friedrich Schiller e ‘Non si sa come' di Luigi Pirandello, con Luca Ronconi ne ‘Le tre sorelle' di Anton Cechov e ‘Besucher' di Botho Strauss, che gli valgono nel 1989 il Premio Ubu come migliore attore. In seguito è protagonista con Patroni Griffi in ‘Un marito' di Svevo e Lavia nell''Otello', ne ‘L'arte della commedia' di Eduardo per la regia di Luca De Filippo e ‘Il nipote di Wittgenstein' di Thomas Bernhard diretto da Patrick Guinand, per il quale guadagna di nuovo il Premio Ubu.

Notevole anche la sua filmografia: da Federico Fellini con ‘La dolce vita' a Luchino Visconti in ‘La caduta degli dei', da Enrico Maria Salerno in ‘Il delitto Matteotti' a Marco Tullio Giordana con ‘Pasolini, un delitto italiano'.

Lo abbiamo incontrato a Roma mentre era impegnato in ‘Copenaghen' di Michael Frayn, per la regia di Mauro Avogadro, un testo che racconta dell'incontro tra i due fisici Niels Bohr e Werner Heisenberg nella Danimarca occupata dai nazisti.

Sul piano artistico, cosa comporta interpretare un Premio Nobel per la Fisica, dedito a temi come la meccanica quantistica?

L'attore entra nella mente del personaggio e comincia a capire: questo è il mio approccio. In Copenaghen interpreto un testo che descrive la passione dei due scienziati per il loro lavoro. È questa passione che riesce a catturare l'attenzione del pubblico, anche se la gran parte non sa nulla di fissione nucleare, di uranio 235 o plutonio 239.

Condivide la visione di Bohr secondo cui dovremmo rinunciare a capire, a porci domande, poiché conta soltanto ciò che possiamo misurare o osservare?

Di Bohr condivido il principio della complementarietà, secondo cui i fenomeni hanno un duplice aspetto. Tutti gli uomini sono differenti e non esiste un universo oggettivo perfettamente determinato.

Il testo di Frayn si fonda su un incontro realmente accaduto alla vigilia della scoperta della bomba atomica. Lei che rapporto ha con la ricerca scientifica?

La ritengo una prospettiva utile. Che diventi una minaccia non dipende dalla scoperta scientifica in sé, ma dall'uomo, da come essa viene utilizzata. La realtà non si può fermare, la conoscenza è ineludibile. Pensi, ad esempio, all'utilità delle conoscenze per la previsione dei disastri naturali. Certo, la scienza ha una responsabilità, deve avere un codice, un'etica, ma spetta all'uomo farne buon uso.

Pensa che il teatro possa assolvere anche a una funzione divulgativa anche rispetto alla cultura scientifica?

Sì, in alcuni casi, ma non può salire in cattedra o sostituire una lezione di fisica. L'obiettivo della pièce, come dicevo, è far emergere il carattere, la passione dei personaggi. I ragazzi vanno a vedere a teatro ‘Galileo' di Brecht perché in quelle tre ore di rappresentazione capiscono, della personalità dello scienziato, molto più che sui banchi di scuola. E tutto diventa più affascinante. Penso che il teatro abbia questa funzione: è lo specchio della vita, nelle sue innumerevoli visioni, ma non la sua fotocopia, altrimenti non sarebbe interessante. 

Lei segue l'informazione e la divulgazione scientifica? Come giudica quella trattata dai mezzi di comunicazione?

La seguo abbastanza. Molto dipende dalla bravura e dal fascino di chi la tratta. Ci sono trasmissioni come  ‘Quark' che hanno squarciato il diaframma tra ‘chi sa' e ‘chi non sa'. L'importante è che chi conosce sappia trasmettere agli altri il proprio sapere. Come diceva Bohr, la scienza non è una cosa che si fa per noi stessi, non a caso, nonostante il suo aplomb da studioso, era un divulgatore, una persona che suscitava dibattiti e confronti. La sua in qualche modo era una scuola socratica.

Paola Colapinto