Faccia a faccia

"Vorrei essere Leonardo, non gli somiglio?

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di Silvia Mattoni

Attore di prosa, cinematografico e doppiatore, Venturiello è però noto soprattutto per le fiction televisive. Dove è stato anche un investigatore 'scientifico': "Ma se si rompe il pc, chiedo a mio figlio", confessa

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Attore di prosa, cinematografico e televisivo, doppiatore, Massimo Venturiello si forma all'Accademia d'arte drammatica ‘Silvio D'Amico' di Roma ed esordisce nel 1983 con ‘Tito Andronico', diretto da Gabriele Lavia. Debutta sul grande schermo con ‘La Famiglia' di Ettore Scola. Raggiunge la notorietà televisiva nella serie ‘Distretto di polizia 6', proseguendo con ‘Gli ultimi giorni di Pompei' e ‘Il capo dei capi'. In teatro ha di recente interpretato il 'Gastone' di Ettore Petrolini e la versione teatrale del felliniano ‘La strada'. E' anche autore di canzoni: ha scritto per Tosca ‘Il terzo fuochista', presentato al Sanremo 2007.

Come è nata la passione per il teatro?

Negli anni '70, al Politecnico teatro, dove ho mosso i miei primi passi di attore. Si sperimentavano i nuovi linguaggi del momento e da allora ho sempre cercato di coniugare drammaturgia contemporanea e tradizionale.

Cosa proporrebbe per avvicinare i giovani a quest'arte?

Andare nelle scuole, coinvolgere gli studenti. Diventerebbe sicuramente un'esperienza importante per la loro crescita.

Tra le varie forme espressive quale preferisce?

Ovviamente il teatro, per il contatto diretto con il pubblico.

E' però la televisione ad averle regatalo la grande notorietà. In ‘Intelligence-Servizi e Segreti' si muoveva tra sofisticate apparecchiature tecnologiche e informatiche. E' così a suo agio anche nella vita privata?

Non proprio. Confesso, anzi. che sono completamente negato per la tecnologia. Tanto che se ho qualche problema con il computer, devo chiedere aiuto a mio figlio, di soli 14 anni. 

Invece segue le notizie di carattere scientifico e tecnologico?

Quando riguardano le ultime scoperte per combattere le malattie, soprattutto quelle rare. E poi sono affascinato dalle ricerche sullo spazio, come molti della mia generazione che hanno vissuto in diretta le grandi esplorazioni.

In questo ritiene che i giovani di oggi siano svantaggiati?

Forse sì. Però oggi i giovani sono meno idealisti rispetto alla mia generazione, più attenti alle cose concrete. Per questo tendo a pensare che avremo un risveglio della ricerca scientifica, ma temo un po' meno dell'arte in genere.

Quale scienziato porterebbe sulla scena?

Innanzitutto uno che cito spesso nel mio ultimo spettacolo, ‘L'avvocato del Duce' di Vincenzo Sinopoli e Alessandro Capone, dove vesto i panni del penalista Francesco Carnelutti: Albert Einstein. Mi affascina pensare a quanto le sue scoperte abbiano modificato il mondo moderno, le nostre conoscenze, il nostro modo di pensare. Per le stesse ragioni, il personaggio che vorrei più interpretare in assoluto è Leonardo. Penso di somigliargli anche un po', ovviamente dal punto di vista fisico.

A scuola come andava in matematica e scienze?

Sicuramente andavo meglio nelle materie letterarie, soprattutto in italiano e in filosofia. Ma riuscivo comunque a prendere la sufficienza anche quelle scientifiche.

Quale ricerca vorrebbe avesse successo?

Sicuramente quella per sconfiggere i tumori.

 

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