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Alberi 'Ogm': conoscerli per utilizzarli in sicurezza

Albero di tiglio
di Francesca Gorini

L’Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr di Firenze coordina un’azione di ricerca internazionale volta a valutare rischi e opportunità derivanti dall’utilizzo di piante geneticamente modificate per sopperire al crescente bisogno di legna e biomassa. Un convegno, organizzato nella sede centrale dell’Ente, ha analizzato la questione 'biosicurezza’

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Nell’attuale dibattito sugli Ogm, ancora scarsa attenzione è dedicata al tema delle foreste e degli alberi, una risorsa che potrebbe contribuire a dare una risposta al crescente bisogno di energia. A studiare rischi e opportunità derivanti dall’utilizzo di coltivazioni di alberi geneticamente modificati è un’azione di ricerca Cost (European Cooperation in Science and Technology), che riunisce 34 paesi da tutto il mondo, coordinata dall’Istituto di bioscienze e biorisorse (Ibbr) del Cnr di Firenze. Obiettivo dell’iniziativa, mettere a sistema l’insieme di conoscenze su queste piante, valutare rischi e opportunità del loro utilizzo e fornire una base scientifica su cui delineare le future policy di gestione.

“Nel nostro Paese scontiamo una generale mancanza di informazione qualificata sugli organismi geneticamente modificati”, spiega la ricercatrice Ibbr-Cnr Cristina Vettori, coordinatrice del progetto. “Pochi sanno, ad esempio, che l’ingegneria genetica è in grado di sviluppare alberi che possono fornire elevate quantità di biomassa, facili da coltivare, resistenti a condizioni climatiche avverse e che necessitano di poca acqua e nutrienti. Il crescente bisogno di legna e risorse energetiche su scala globale porterà inevitabilmente a una richiesta sempre maggiore di queste piante”.

Da qui l’esigenza di interrogarsi sugli aspetti della 'biosicurezza’, cioè la comprensione degli effetti ambientali derivanti dall'utilizzo di queste specie, stabilendo specifiche pratiche a tutela del patrimonio forestale esistente. Il tema è stato oggetto di un meeting organizzato a Roma, nella sede centrale del Cnr. “Negli ultimi 25 anni sono stati effettuati molti studi a livello internazionale su insediamenti di alberi Ogm: è stata testata la loro capacità di resistere a lunghi periodi di siccità o a infestazioni parassitarie, rendendoli candidati ideali per un uso intensivo a scopi economici”, aggiunge Vettori. “La loro tolleranza a suoli inquinati, poi, ne offre possibile l’utilizzo anche per risanare aree contaminate e contribuire a mitigare gli effetti del 'climate change’. Ora questo bagaglio di conoscenze e risultati deve essere sistematizzato per arrivare a definire protocolli condivisi, in cui i benefici socio-economici vengano messi in relazione con le questioni della sicurezza e della salvaguardia dell’ambiente”.

Tra gli step del progetto rientra la messa a punto di un database degli alberi Ogm esistenti in ambito Ue ed extra-Ue, che presto sarà reso disponibile gratuitamente on line. Per la prima volta sono state riunite le informazioni su caratteristiche, luogo di coltivazione e proprietari di oltre 200 tipologie di piante. Un’ulteriore azione, infine, riguarda l’informazione e sensibilizzazione della società sul tema.

“Il meeting ha rappresentato anche l’occasione per presentare i risultati di un’indagine condotta tra circa 1.700 studenti di 14 paesi partner, volta a verificare il grado di conoscenza dell’argomento e l’accettazione sul piano sociale: oltre il 60% delle risposte ha rivelato un atteggiamento favorevole all’uso commerciale di alberi geneticamente modificati, purché insediati in aree ad hoc", conclude la ricercatrice. "L’aspetto a cui i ragazzi si sono dimostrati maggiormente sensibili, infatti, è il rischio di una perdita di biodiversità”. 

Fonte: Cristina Vettori, Istituto di bioscienze e biorisorse del Cnr, tel. 055/5225728 , email cristina.vettori@cnr.it 

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