Smettere di bere non è sufficiente a recuperare le capacità di apprendimento danneggiate dall’uso cronico di alcol. A suggerirlo è una ricerca condotta da Marco Fiore dell’Istituto di biologia cellulare e neurobiologia (Ibcn) del Cnr e Mauro Ceccanti del Centro alcologico della Regione Lazio, presso il Policlinico Umberto I di Roma, pubblicata su 'Physiology & Behavior'.
Durante lo studio, svolto con un gruppo di controllo, i ricercatori hanno valutato, mediante un test al computer, apprendimento spaziale e memoria a breve termine di 29 pazienti maschi fumatori, di circa 43 anni, in cura presso il Centro alcologico – al momento dell’esperimento in astinenza da alcol da circa 10 giorni- che hanno fatto uso cronico per più di 20 anni di alcol e occasionalmente di sostanze psicoattive (farmaci, cannabis, cocaina e altre droghe). I soggetti del gruppo di controllo sono anch'essi fumatori, consumatori non abituali di bevande alcoliche e hanno assunto occasionalmente sostanze psicoattive.
“Le persone dei due gruppi hanno attraversato l’ambiente virtuale usando un pc con tastiera o joystick. La stanza virtuale, controllata tramite un sofisticato software, era costituita da una vasca circolare con una serie di segnali sulla parete. All’interno della piscina è stata collocata una piattaforma che poteva essere nascosta sotto il pelo dell’acqua o visibile, in una posizione fissa o in movimento”, spiega Fiore. “I soggetti sani hanno mostrato lucidità e concentrazione, scegliendo percorsi diretti verso la piattaforma nascosta, anche partendo da punti diversi lungo la circonferenza della piscina e hanno continuato nella ricerca anche quando la piattaforma è stata rimossa. I pazienti in via di disintossicazione, invece, non sono riusciti a ritrovare il tragitto, mostrando importanti limiti nelle capacità di attenzione, concentrazione e memoria. In sostanza, abbiamo constatato che la disintossicazione non è sufficiente in sé a ripristinare completamente nel breve termine memoria e attenzione, le alterazioni cerebrali e comportamentali indotte dall’alcol paiono quindi permanenti o comunque difficilmente regredibili”.
Il test è stato sviluppato da Derek Hamilton della University of New Mexico (Usa), coautore dello studio, e riproduce l’esperimento del labirinto acquatico del neuroscienziato Richard G. Morris, ideato nel 1981 per determinare apprendimento e memoria spaziale nei roditori. “Quello di Morris è un test molto utilizzato in psicobiologia per dimostrare che lesioni all’ippocampo o in altre aree del sistema limbico possono compromettere alcune funzioni del cervello”, conclude Fiore.
Fonte: Marco Fiore, Istituto di biologia cellulare e neurobiologia (Ibcn-Cnr), Roma, tel. 06/501703239 , email marco.fiore@cnr.it