Lo 'spray' italiano che piace ai cinesi
La Chinese Academy of Agricultural Sciences ha avviato un progetto con l’Ipcb-Cnr di Napoli finalizzato a utilizzare l’innovativa tecnologia di pacciamatura basata su fibre vegetali di scarto. Un efficace esempio di trasferimento tecnologico che ricorre a metodologie agricole sostenibili
La 'China International Technology Transfer Convention 2015’ svoltasi a Pechino lo scorso aprile ha sancito l’avvio della sperimentazione dell’innovativa 'tecnologia spray’ di pacciamatura messa a punto dall’Istituto e già oggetto di brevetto in collaborazione tra l'Institute of Bast Fiber Crops della Chinese Academy of Agricultural Sciences (Caas) e l’Istituto per i polimeri, compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr di Napoli. Da maggio, ricercatori cinesi saranno a Napoli, dove lavoreranno a fianco dei ricercatori del Cnr.
“La tecnologia del Cnr potrebbe fornire un contributo importante a un Paese che ogni anno utilizza un milione e 300 mila tonnellate di plastica per uso agricolo, e che quindi sente particolarmente la necessità di soluzioni sostenibili”, spiega Mario Malinconico dell’Ipcb-Cnr e autore del brevetto. “La sfida sarà riuscire a mettere a punto un prodotto basato su scarti di materie prime già disponibili in loco, in particolare fibre come lino o iuta derivanti dalla lavorazione dell’industria tessile, che in Cina è molto sviluppata. Se la vinceremo, avremo realizzato un efficace esempio di trasferimento tecnologico”.
Lo spray biodegradabile brevettato dall’Ipcb-Cnr consiste in una particolare vernice da applicare direttamente sul terreno, ottenuta accoppiando fibre vegetali di scarto con polimeri biodegradabili idrosolubili. “In Italia come collante abbiamo utilizzato la pectina, abbondante grazie alla produzione di frutta, ma nel contesto cinese un’analoga funzione potrebbe essere svolta da resine organiche ottenute, ad esempio, dagli scarti della lavorazione dei crostacei: l’obiettivo, infatti, è sviluppare una filiera adattata al contesto”, aggiunge Malinconico.
La pacciamatura è l’operazione attraverso cui un terreno viene ricoperto da uno strato di materiale, in genere teli o plastiche, per proteggerlo da erbacce e agenti atmosferici e per mantenere la giusta umidità. Oggi vengono utilizzati fino a 200 chili di plastica a ettaro, a volte anche due volte all’anno. “La conseguenza è che, nel giro di pochi anni, intere aree agricole perdono produttività a seguito della incapacità del terreno, infestato dai residui plastici, di drenare l’acqua e, quindi, di garantire il trasporto dei sali minerali e dei fertilizzanti”, conclude il ricercatore. “Il problema potrebbe essere superato ricorrendo a plastiche biodegradabili, ancora poco utilizzate a causa del costo elevato, o a questa tecnica, che prevede l’impiego degli scarti delle lavorazioni agricole o dei sottoprodotti dell’agroindustria di trasformazione, finemente macinati, emulsificati in resine naturali biodegradabili in soluzione acquosa e poi applicate sul terreno. Inoltre, a fine coltivazione, la vernice viene lavorata nel terreno e si biodegrada completamente diventando ammendante e fertilizzante”.
Il materiale, in una formulazione modificata, si è dimostrato efficace anche nella lotta alla desertificazione, in quanto consolida il terreno e riduce l’evaporazione dell’acqua.
Fonte: Mario Malinconico, Istituto di chimica e tecnologia dei polimeri, Pozzuoli, tel. 081/865212