Focus: Rumore e silenzio

Effetti sonori dello smart working

Effetti sonori dello smart working
di Maria Teresa Orlando

È possibile provare nostalgia per i rumori che ci disturbavano in ufficio? Lo squillo dei telefoni, la voci dei colleghi, passi pesanti nei corridoi, porte, stampanti… Sembrerebbe proprio di sì. Ne abbiamo parlato con  Antonio Cerasa, neuroscienziato dell'Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica del Cnr

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Oggi che la casa scoppia, intasata di smart working, gli uffici sembrano essere  il rifugio dove evadere in cerca di quiete. Eppure “c'è un sottile malessere, forse una nostalgia, nel vivere i nuovi rumori che animano le nostre case tra pc, monitor e cucina”, spiega Antonio Cerasa dell'Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica (Irib) del Cnr.  Richiama il ricordo familiare di rumori che ci riportano a una normalità. E alla nostalgia c'è chi risponde con la tecnologia.

La diffusione del lavoro agile è in forte crescita. La percentuale del l'attività svolta da remoto, nel settore privato, è passata da un valore inferiore all'1,5% nel 2019 al 14% nel secondo trimestre del 2020, in particolare tra le donne, nelle imprese di maggiori dimensioni e in alcuni settori con caratteristiche di superiore telelavorabilità. Nel settore pubblico, sotto l'impulso dei provvedimenti del Governo varati per arginare la diffusione della pandemia, circa il 33% dei dipendenti  ha dichiarato di aver lavorato da remoto almeno una volta alla settimana, rispetto al 2,4% nel 2019.

Sono i dati conclusivi recentemente pubblicati con uno studio sul lavoro da remoto in Italia durante la pandemia condotto dalla Banca d'Italia, che analizza la portata del fenomeno e fa emergere disomogeneità significative sulla capacità di adottare le tecnologie necessarie, ma soprattutto di gestire la transizione. Offre, inoltre, un'importante occasione di riflessione: a parità di funzioni a usufruire maggiormente del lavoro svolto da casa sono state le donne e i lavoratori più istruiti.

“Il cambiamento dei nostri modus operandi nelle attività lavorative, a causa del Covid, ha avuto un impatto enorme in diverse categorie sociali”, chiarisce il ricercatore del Cnr-Irib. “Un recente rapporto del Cnr-Irpps ha messo a nudo le determinanti sociologiche del fenomeno dello smart working sulle attività lavorative relative ai ricercatori italiani. Dalle interviste a oltre 2.700 lavoratori, uno dei dati più importanti emersi è che il peso maggiore del cambiamento lavorativo ha interessato le donne, visto che il passaggio al lavoro agile ha amplificato la divisione dei carichi di lavoro all'interno delle famiglie per quanto riguarda la gestione della casa”.

Visto nel suo complesso, è un cambiamento che ha trovato un po' tutti impreparati. Uffici, negozi, bar, ristoranti, aziende si sono repentinamente svuotati e le abitazioni sono divenute ambienti di lavoro inaspettati. È il rumore a dettare legge, trasferendosi nelle case senza chiedere permesso, abitando la quotidianità e adattandosi al nuovo. Il nostro spazio vitale cambia e il cervello riceve e codifica questa mutazione.

“In particolare, ciò che cambia  è il cosiddetto rumore di fondo. Nelle nostre case durante le ore di smart working regnano rumori di ogni tipo: notifiche di cellulari, citofoni, telefoni, lezioni a distanza dei figli”, continua Cerasa. “In generale, questi rumori si possono combinare insieme, creando un vero e proprio sottofondo a cui il cervello cerca di rispondere filtrando quelli più 'fastidiosi'. Ma se il cervello non riesce, le nostre capacità di focalizzarci per lungi periodi su un compito da risolvere possono venire compromesse, provocando una maggiore stanchezza mentale e la sensazione di non farcela. Questi rumori di fondo nelle abitazioni sono potenzialmente pericolosi per la salute, soprattutto in quartieri ad alto impatto sonoro, vicino a industrie, strade ad alta percorrenza o in grattacieli. Chi vive in queste zone presenta un rischio aumentato di sviluppare malattie neurodegenerative”.

Tra i rumori che infestano le nostre case in periodo di smart working, alcuni poco si conciliano con le capacità cognitive richieste dal lavoro. “Il più deleterio e nefasto fattore di disturbo casalingo è il cellulare. Numerosi sono gli studi che dimostrano come la sola presenza del cellulare possa inficiare le nostre capacità attentive”, aggiunge il ricercatore. “In un recente lavoro dell'University of Texas, i ricercatori hanno chiesto ai partecipanti allo studio di sedersi davanti a un computer e di fare una serie di test che richiedevano una forte concentrazione. Prima di iniziare, i partecipanti sono stati istruiti a mettere i loro smartphone sulla scrivania a faccia in giù, nella loro tasca o borsa personale o in un'altra stanza. Tutti gli smarphone erano in modalità silenziosa. I ricercatori hanno scoperto che i partecipanti con i loro telefoni in un'altra stanza hanno eseguito significativamente meglio i test rispetto a quelli che avevano il cellulare sulla scrivania o in tasca”.

Se dunque per proteggere la nostra capacità mentale, dobbiamo prestare grande attenzione ai rumori fastidiosi e irritanti mentre lavoriamo in smart working da casa è vero anche l'opposto: ciò che in alcune circostanze provoca irritazione può portare a una reazione inaspettata se viene a mancare d'improvviso e può insorgere una nostalgia. Capita oggi che quei rumori fastidiosi che caratterizzavano il nostro tempo trascorso fuori casa, in ufficio, in azienda, al lavoro, ci manchino profondamente. La voce dei colleghi, lo squillo dei telefoni, porte e stampanti erano parte di un mondo pre-Covid che oggi vorremmo indietro. “Il cervello codifica questa assenza di rumore associandola a necessità di normalità”, precisa Cerasa. Da qui l'idea di un'agenzia tedesca che ha ricreato un ambiente lavorativo virtuale, con sito cui basta connettersi per selezionare i rumori e le intensità per rivivere l'atmosfera: dalla vibrazione del cellulare dimenticato sulla scrivania alla macchinetta del caffè, fino al rumore dei fogli di carta passati di mano in mano.

L'intimità delle nostre mura familiari, ma soprattutto la nostra sanità mentale sono sempre più a rischio rumore. “Dobbiamo imparare a ricavare spazi di silenzio, il cui potere rigenerativo garantisce l'equilibrio e la sopravvivenza”, conclude il neuroscienziato.

Fonte: Antonio Cerasa, Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica , email antonio.cerasa@cnr.it -

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