Animali: strategie per resistere all'inverno
Gli animali affrontano l'inverno in modi ingegnosi, ricorrendo per esempio alle migrazioni o al letargo, sistemi che hanno sviluppato nel corso di millenni di evoluzione. I cambiamenti climatici stanno mettendo però a dura prova la loro capacità di adattamento e sopravvivenza. Ne abbiamo parlato con Flavio Monti dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri del Cnr di Lecce
Nel mondo animale, ogni comportamento riflette una straordinaria capacità di adattamento, frutto di millenni di selezione naturale. Con l'arrivo della stagione fredda, gli animali affrontano sfide significative: dal calo delle temperature alla ridotta disponibilità di cibo. Per superare queste difficoltà, molte specie hanno evoluto strategie sorprendenti che variano dalla migrazione verso luoghi più caldi al letargo profondo. Tuttavia, i cambiamenti climatici in corso stanno imponendo nuove sfide alla loro capacità di adattamento e sopravvivenza.
La migrazione è una delle strategie più spettacolari del regno animale. Per ovviare a condizioni meteorologiche avverse e a una scarsa disponibilità e accessibilità delle risorse trofiche durante i mesi invernali, molte specie scelgono di spostarsi verso latitudini inferiori o verso regioni temperate con climi più miti, dove le risorse alimentari rimangono abbondanti. In tal senso, il gran dispendio energetico per percorrere migliaia di chilometri e i rischi associati all’incontro di eventuali minacce durante il viaggio, sono ripagati una volta arrivati a destinazione. “Un esempio emblematico è offerto dagli uccelli migratori: in autunno, milioni di individui di varie specie partono per questo esodo che si ripete ogni anno su scala globale, dal Nord America all’America del Sud, dall’Europa settentrionale alle calde e vaste zone sub-sahariane dell’Africa o dalle distese siberiane fino alle zone tropicali dell’Indonesia. Il viaggio verrà poi ripetuto in direzione inversa in primavera, per poter tornare ai siti di riproduzione con la bella stagione. La rondine comune, ad esempio, lascia l'Europa a fine estate per raggiungere l'Africa subsahariana, percorrendo migliaia di chilometri”, racconta Flavio Monti, ricercatore dell’Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri (Iret)del Consiglio nazionale delle ricerche di Lecce, che da anni si occupa di ricerca applicata nel campo della biologia della conservazione, studio del comportamento animale tramite dispositivi di tracciamento remoto e conflitti uomo-fauna selvatica, per una corretta gestione delle specie e degli habitat.
Anche tra i mammiferi troviamo esempi affascinanti di migrazione, come il caribù, che si sposta in grandi mandrie tra la tundra artica e le foreste boreali. Gli insetti non sono da meno, come ad esempio la farfalla monarca, che compie un’epica migrazione dal Nord America al Messico, in un viaggio di oltre 4.000 chilometri. “Le più recenti tecnologie satellitari stanno trasformando lo studio delle migrazioni intercontinentali di uccelli, mammiferi, pesci e insetti”, spiega il ricercatore. “Grazie a dispositivi Gps sempre più miniaturizzati e all’integrazione di sensori di movimento avanzati (accelerometri, magnetometri e giroscopi), gli scienziati possono tracciare in tempo reale i percorsi migratori, rilevando rotte, tempi e strategie di spostamento, fino a ricostruire le dinamiche del movimento degli animali con grande accuratezza e precisione”. Questi dati consentono di comprendere meglio l'influenza dei cambiamenti climatici e delle attività umane sugli ecosistemi globali, offrendo una visione più completa delle dinamiche delle popolazioni animali e dei rischi per la conservazione delle specie.
Non tutte le specie hanno sviluppato un comportamento migratorio come risposta alla stagione avversa. Per gli animali che non possono migrare, il letargo rappresenta una strategia alternativa altrettanto efficace. “Il letargo è uno stato di inattività prolungata che comporta un rallentamento reversibile delle funzioni vitali fondamentali, caratterizzato da una riduzione drastica del metabolismo, della temperatura corporea e del battito cardiaco e che si può osservare anche in alcune specie di mammiferi, come ad esempio il ghiro o il riccio. Durante questa fase, molte specie riducono drasticamente il loro metabolismo, per risparmiare energia”, continua Monti. “Il torpore è uno stato simile ma di breve durata, spesso giornaliero, anch’esso usato per risparmiare energia. L'ibernazione rappresenta invece una forma estrema di letargo ed è caratterizzata da un sonno ininterrotto che può durare mesi, con abbassamenti marcati della temperatura corporea. In questo stato fisico, gli animali riescono comunque a sopravvivere usando le riserve di grasso accumulate nei mesi precedenti”.
Anche mammiferi più grandi, come ad esempio l'orso bruno, in inverno possono entrare in una fase di “sonno invernale”, durante la quale le attività sono estremamente ridotte; si tratta però, in questo caso, di un “sonno” meno profondo rispetto a un vero letargo. Vi sono poi adattamenti ancora più estremi, come quelli di alcune specie di pesci e anfibi. “Alcune specie riescono a rimanere attive e a sopravvivere nonostante temperature estremamente ridotte, come quelle che si riscontrano ai Poli. Ad esempio il pesce ghiaccio antartico produce delle glicoproteine antigelo che impediscono la formazione di cristalli di ghiaccio nei liquidi all’interno delle cellule, aiutando a prevenire il congelamento dei liquidi corporei a temperature prossime al punto di congelamento delle acque antartiche”, precisa l’esperto. Tra gli anfibi, un esempio caratteristico è quello della rana del legno, una specie molto diffusa in tutta l'America Settentrionale, che ha sviluppato una strategia ancora più sorprendente: “Le rane di questa specie possono sopravvivere al congelamento parziale del loro corpo. Durante l'inverno, l'acqua presente nei tessuti corporei si cristallizza, mentre il fegato della rana risponde producendo grandi quantità di glucosio per proteggere le cellule e gli organi interni da danni irreversibili, fungendo come una sorta di liquido antigelo”, aggiunge Monti.
Ogni strategia adottata dagli animali per sopravvivere alla stagione fredda riflette un intricato equilibrio con l’habitat dove essi vivono e con le risorse a loro disposizione. Queste soluzioni evolutive, dalle migrazioni ai processi metabolici più complessi, rappresentano un esempio della straordinaria biodiversità e complessità degli adattamenti fisiologici e comportamentali che possiamo trovare nel mondo animale. “Il Cnr è impegnato in prima linea per produrre conoscenze scientifiche e innovazione tecnologica che consentano di contrastare la perdita di biodiversità, monitorare le specie a rischio e ripristinare le comunità biologiche disturbate. Studiare gli aspetti biologici del cambiamento ambientale, compresi gli effetti del cambiamento climatico sugli ecosistemi terrestri, è fondamentale per affrontare le sfide attuali e garantire un futuro sostenibile per l’intera biosfera”, conclude il ricercatore.
Fonte: Flavio Monti, Istituto di ricerca sugli ecosistemi terrestri, flavio.monti@cnr.it