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Mani “umane” per i nuovi robot

Giuseppe Averta
di Roberto Messina

Giuseppe Averta, dottorato in Robotica e automazione nel Dipartimento di ingegneria dell'informazione dell'Università di Pisa, 28enne di Serra San Bruno (Vv) è il vincitore del “Georges Giralt PhD Award” per la migliore tesi europea

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È Giuseppe Averta, 28 anni, dottorato in Robotica e automazione nel dipartimento di Ingegneria dell'informazione dell'Università di Pisa, esperienza anche al Mit di Boston (Usa), il vincitore del “Georges Giralt PhD Award”, premio per la migliore tesi di dottorato in Robotica in Europa, conferito ogni anno all'European Robotics Forum dall'Associazione di industrie e centri di ricerca europei del settore (EuRobotics Aisbl), un incontro importante della comunità della robotica in Europa, che si è tenuto on line nei giorni scorsi.

Averta ha condotto la sua ricerca nei laboratori del Centro “Enrico Piaggio” a Pisa e all'Iit di Genova, ricerca supervisionata dai professori Matteo Bianchi (associato di Robotica all'Università di Pisa) e Antonio Bicchi (Senior Scientist dell'Iit) dal titolo “Human-Aware Robotics: Modeling Human Motor Skills for the Design. Planning and Control of a New Generation of Robotic Devices”, uno studio che affronta un'approfondita analisi su come gli esseri umani muovono mani e arti superiori, allo scopo di riuscire a progettare robot più “antropomorfi” e protesi che eseguano movimenti il più possibile “naturali”

“Le prestazioni dei moderni robot umanoidi sono ancora estremamente lontane da quelle degli esseri umani”, spiega Giuseppe Averta. “Siamo infatti in grado di compiere movimenti molto variabili e complessi, nonostante i nostri muscoli siano poco performanti e il nostro sistema nervoso abbastanza lento. Nel mio studio cerco di sviluppare metodologie per riportare queste capacità proprie del corpo umano sui robot, con un cambio di paradigma rispetto agli approcci standard. La ricerca cerca di valutare in maniera quantitativa il livello di severità di alcune patologie come ictus o infarto, quanto è consistente il limite motorio e il suo livello di gravità. E soprattutto come utilizzare modelli matematici per capire se una terapia funziona e\o come procede il recupero funzionale”.

Le applicazioni individuate nel lavoro di Averta si concentrano su tre filoni: sviluppo di protesi robotiche mano-polso semplici ed efficaci ma allo stesso tempo in grado di compiere movimenti complessi con naturalezza e robustezza; sviluppo di algoritmi per il movimento di robot umanoidi; valutazione del danno motorio in pazienti colpiti da infarto o ictus. Tre campi differenti, in cui è fondamentale un robusto lavoro teorico che descriva in linguaggio matematico le caratteristiche del movimento umano. Pare che gli scienziati abbiano premiato la sua tesi anche per la “semplicità”, la linearità e l'approccio senza enfasi alla rivoluzione annunciata della robotica umanoide.