Focus: Gianni Rodari

Nell'ippocampo il deposito dei perché

apprendimento infantile
di Marina Landolfi

La creatività è alla base dell'apprendimento infantile e dell'educazione, uno stimolo fondamentale per lo sviluppo positivo della personalità. Bambini e persone curiose conservano in un'area del cervello, con particolare efficacia, le informazioni raccolte durante le scoperte del mondo esterno. Ne abbiamo parlato con Antonio Cerasa, neuroscienziato dell'Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica del Cnr

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Gianni Rodari, maestro, scrittore, pedagogista che scrisse dei bambini e per i bambini, fu tra i primi a vedere nell'immaginazione l'atto creativo per arrivare alla maturità adulta. Fu anche giornalista e proprio da due delle sue rubriche nacque “Il libro dei perché”. I bambini gli inviavano le più varie domande - dalla fisica alla poesia, dalla storia alla cultura - alle quali lui rispondeva con spiegazioni scientifiche o con il racconto di storie, cercando di stimolare la curiosità nei piccoli lettori. La pedagogia rodariana sottolinea l'utilità e la necessità della creatività, o fantasia, nel processo di apprendimento e della sua collocazione all'interno dell'educazione, per far divenire le storie strumento di conoscenza della realtà. “La curiosità ha molto a che fare con l'apprendimento. L'infanzia è il momento più importante della vita, quello in cui le capacità di apprendimento sono ai massimi livelli, così come la spinta alla curiosità”, spiega Antonio Cerasa neuroscienziato dell'Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica (Irib) del Cnr. ”Il cervello di un bambino si definisce 'una spugna', ma in termini neurobiologici questo concetto si traduce con l'incredibile neurogenesi (capacità di produrre nuovi neuroni) che i bambini hanno in una particolare area del cervello: l'ippocampo. Questa regione serve per immagazzinare tutte le nozioni della nostra vita (memoria episodica) ed è il principale deposito dove il curioso pone le informazioni che apprende tramite la sua attività di esplorazione continua del mondo esterno”.

apprendimento

L'obiettivo di Rodari era creare l'uomo a partire dall'infanzia, valorizzando l'immaginazione, che non è ozio della mente ma stimolo per fantasticare cose che non esistono, come condizione necessaria per uno sviluppo ottimale della personalità. “Il cervello di un bambino di 8-9 anni è già ben formato, quasi come quello di un adulto. Quindi le abilità mnesiche sono molti simili a quelle dei propri genitori”, prosegue il ricercatore. “Quello di cui difetta un bambino, e che quindi può limitare il suo grado di memorizzazione è, invece, la capacità di mantenere un focus attentivo su degli stimoli per lungo tempo. La disattenzione è classica di quel periodo della vita e la curiosità è proprio uno strumento che può servire per reindirizzare il cervello ad acquisire nuove informazioni, concentrandosi su qualcosa che piace. Lo studio della curiosità si sovrappone a quello degli studi sui bambini con disturbi attenzionali, come per esempio l'Attention Deficit Hyperactivity Disorder (Adhd), il disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività. La maggior parte di noi dedica la propria attenzione o curiosità all'apprendimento di cose che hanno una rilevanza personale. Questi disturbi, però, compromettono l'attenzione, riducendo sia le capacità di apprendimento, sia i livelli di curiosità, che diventano sempre più ristretti con l'aggravarsi dei sintomi”.

Lo scrittore vedeva nella creatività una capacità comune a tutti, perché insita nella natura umana: l'età dei perché non finisce mai e molto spesso questa domanda diventa il motore di più grandi scoperte, mostrando possibilità che altrimenti non si vedrebbero. “Fin dal XIX secolo gli scienziati della mente hanno studiato la curiosità. Il premio Nobel per la medicina Ivan Pavlov e lo psicologo Harry Harlow la studiarono negli animali”, afferma Cerasa. “A prescindere da un approccio al problema di matrice filosofica o dinamica, la curiosità viene definita dai neuroscienziati in maniera operativa come 'uno stato di spinta all'informazione', che può essere osservata in qualsiasi specie animale, dalla più semplice alla più complessa. Una questione ancora in discussione è se la curiosità porti sempre dei benefici. Una nozione popolare nella letteratura educativa ritiene che la funzione della curiosità sia facilitare l'apprendimento/esplorazione e dunque il successo sociale ed evolutivo aumenta con il grado della propria curiosità”.

Gli scienziati sono concordi sul fatto che l'informazione permetta scelte migliori. “L'aumento della curiosità riduce l'incertezza e permette di scegliere meglio cosa esplorare e questo a sua volta porta a una maggior ricompensa, che si traduce nel cervello con aumento del piacere mediato dal neurotrasmettitore dopamina” conclude il ricercatore del Cnr-Irib.

Fonte: Antonio Cerasa, Istituto per la ricerca e l'innovazione biomedica , email antonio.cerasa@cnr.it -

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