Focus: Franco Battiato

Stereotipi di genere: Turchia vs Italia

Stereotipi di genere: Turchia vs Italia
di Vittoria Baracaglia

Il paese anatolico tanto amato da Battiato è al centro di uno studio del gruppo di ricerca Musa dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr, che ha indagato sulla diffusione degli stereotipi di genere durante la pandemia e la quarantena, mettendolo a confronto con l'Italia. Ce ne illustra i risultati Antonio Tintori del Cnr-Irpps

Pubblicato il

Franco Battiato attraverso le sue canzoni ci ha fatto viaggiare da New York al Tennessee, dalla Francia a Lisbona, da Tripoli ad Alessandria, fino alla Turchia, di cui descrive tra l'altro il ballo dei dervisci, monaci islamici sufi che appartengono alla confraternita dei Mevlevi. La Turchia è un Paese molto particolare: a cavallo tra due continenti, Europa e Asia, vede quindi il perenne incontro-scontro di due culture. Il moderno stato turco è nato alla fine della prima guerra mondiale dalle ceneri dell'impero ottomano, il tentativo di Ankara di entrare nell'Unione europea non ha mai avuto senza successo e oggi i turchi vivono una nuova e complessa fase di composizione tra tradizione islamica e modernità. Uno dei punti dolenti, come anche un episodio di politica internazionale recente ha messo in evidenza, è la parità tra uomo e donna.

“Lo scenario è fortemente permeato da una potente forma di condizionamento sociale, da una persuasione che si riproduce di generazione in generazione, un terreno culturale per cui la Turchia è oggi indubbiamente lontana dall'Europa e la strada che deve percorrere in vista di una maggiore emancipazione culturale e tutela di diritti è certamente lunga”, commenta Antonio Tintori, ricercatore dell'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) e referente del Musa (Mutamenti sociali, valutazione e metodi) del Cnr. Nel 2020, uno studio del Cnr-Irpps ha indagato la diffusione degli stereotipi di genere durante la pandemia e la quarantena, mettendo a confronto l'Italia proprio con la Turchia. “Il gruppo di ricerca Musa ha istituito l'Osservatorio mutamenti sociali in atto Covid-19 (Msa-Covid-19), per rilevare e analizzare a livello nazionale gli effetti psicosociali del confinamento domestico e della brusca interruzione dell'interazione fisica”, spiega il ricercatore. “A partire da marzo 2020 l'Osservatorio ha condotto diverse indagini e uno dei temi di ricerca ha riguardato gli stereotipi e i ruoli di genere, seguendo l'ipotesi che il confinamento domestico prolungato e l'assenza della mediazione sociale esterna, nel lavoro come nel tempo libero, potessero favorire l'adesione. Ciò è stato dimostrato con uno studio specifico, 'Comparing the influence of gender stereotypes on well-being in Italy and Turkey during the Covid-19 lockdown', pubblicato sulla European Review for Medical and Pharmacological Sciences. Gli stereotipi di genere, in un momento in cui hanno vacillato molte certezze, si sono configurati come un modello comportamentale protettivo. Quanto più prima della pandemia erano diffusi gli stereotipi, tanto più essi sono tornati con vigore nell'incertezza del particolare momento storico. Con la pandemia, in particolare per effetto del lockdown, si è innescata una regressione culturale con cui dovremo fare i conti, perché ha ridato spinta all'idea che esistano ruoli naturali maschili e femminili, secondo i quali la donna è socialmente subordinata all'uomo, e pertanto deve privilegiare il lavoro di cura e assistenza, a discapito dello sviluppo della professionalità e del suo benessere”.

La ricerca ha evidenziato una sostanziale differenza nella diffusione degli stereotipi di genere. “Si è visto che gli stereotipi tendono a essere prevalenti tra i meno scolarizzati e tra i credenti, che nel caso della Turchia rappresentano l'86% del campione e in Italia il 55%”, continua Tintori. “Tuttavia in Turchia, dove la presenza degli stereotipi è maggiore tra gli uomini e le persone più anziane, non si registrano particolari differenze di genere, età e condizione occupazionale. Anche il fattore geografico influisce: in Italia tale stereotipia è più diffusa nel Mezzogiorno, in Turchia nelle zone non urbane. La ricerca ha mostrato che in Turchia, essendo l'adesione agli stereotipi più marcata, un gran numero di uomini e donne ha tratto giovamento nell'adesione ai ruoli di genere, come un fattore protettivo dall'insorgere di emozioni primarie negative nel corso del lockdown, innanzitutto paura, ansia e rabbia. Dal punto di vista psicologico, quindi, abbiamo risultati contrapposti. Le donne più degli uomini hanno percepito elevate emozioni primarie negative, tuttavia in Turchia chi ha subito la maggiore influenza degli stereotipi di genere ha presentato minori livelli di tali emozioni, ingannevolmente protette dall'adesione a un binario comportamentale consolidato. Diversamente, in Italia, le emozioni negative sono risultate maggiori proprio tra chi aderisce a questi stereotipi. Si ipotizza che ciò sia dovuto all'ampliarsi della dissonanza cognitiva indotta dal processo di emancipazione culturale dal sessismo, che in Italia è in atto da anni, mentre in Turchia è agli esordi”.

Tutto ciò non deve incoraggiare la diffusione degli stereotipi e contrastare l'emancipazione femminile. “Gli stereotipi tendono a rafforzarsi di generazione in generazione soprattutto tra le persone meno istruite e più legate alla tradizione. Ciò può diventare potenzialmente pericoloso, perché può sfociare nella violenza domestica e di genere, soprattutto se gli Stati non prendono provvedimenti adeguati per contrastare tali crimini”, conclude il ricercatore del Cnr-Irpps.

Fonte: Antonio Tintori, Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali, Roma , email antonio.tintori@cnr.it -

Tematiche