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Una Biobanca per la Sla

Una Biobanca per la Sla
di Rowina Michaella Coronel Canizares

Prima in Italia e disponibile gratuitamente per tutti gli scienziati che si occupano della malattia, la struttura raccoglie dati e materiali biologici per attività di ricerca. Ne abbiamo parlato con Mario Sabatelli, direttore clinico del Centro Nemo dell'Ospedale “A.Gemelli” di Roma e presidente della commissione medico-scientifica dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica

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Mario Sabatelli è un grande esperto nello studio della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla), nonché direttore del Centro clinico Nemo al Gemelli di Roma, dove nel 2016 venne ricoverato Stephen Hawking. È, inoltre, presidente della commissione medico-scientifica dell'Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (Aisla), che ha fortemente voluto la creazione della Biobanca nazionale Sla, sostenuta anche dal gruppo Selex. La Biobanca è la prima in Italia ed è aperta gratuitamente a tutti gli scienziati impegnati nella ricerca su questa malattia.

Come funziona e su quali criteri è basata la raccolta dei dati e dei materiali biologici?

Per quanto riguarda i criteri, teoricamente, chiunque può donare materiale biologico, ma essendo la Sla una malattia rara è necessario fare riferimento ai grandi centri, in questo caso quelli italiani. Attualmente il Centro Nemo si sta occupando di fornire campioni e al momento si è deciso di prediligere le linee cellulari che in genere sono le più difficili da reperire. La raccolta avviene tramite fibroblasti, che sono reperibili nella cute, coltivabili e ottenibili in maniera quasi indefinita, e tramite l'utilizzo di tecniche recenti è possibile ottenere cellule staminali che possono in seguito essere convertite in motoneuroni, le cellule colpite dalla malattia. È un processo complesso, che può essere messo in atto solo in centri specializzati, quindi abbiamo deciso di mettere a disposizione dei ricercatori queste line cellulari. Per il momento sono ancora fibroblasti, ma stiamo già ottenendo delle cellule staminali e speriamo presto di ricavare dei motoneuroni che ci permettano di studiare i meccanismi che porteranno a individuare i bersagli per nuove terapie.

La Biobanca facilita e permette lo studio su pazienti per tempi più lunghi e su campioni più grandi. Questo cosa rappresenta per la ricerca sulla Sla?

La Biobanca è un concetto culturale. Ogni ricercatore ha una sua raccolta di materiali e il concetto di biobanca mette questi materiali a disposizione di tutti. La loro messa a disposizione permette a chi non ne ha accesso diretto tramite pazienti di avere a disposizione campioni e questo può ampliare notevolmente il volume della ricerca e, di conseguenza, dei risultati ottenuti. I materiali della Biobanca sono disponibili a livello mondiale per tutti i ricercatori, elemento importantissimo vista la rarità della malattia. Al momento, i materiali vengono messi a disposizione da noi, che siamo un centro storico sulla Sla, ma si spera che in futuro i ricercatori che richiederanno materiale a loro volta ne doneranno. È un processo culturale che richiederà tempo, ma sono convinto e fiducioso che sarà possibile sviluppare questo processo ottenendo grandissimi benefici.

Quanto è influente la componente genetica nello sviluppo della malattia?

La Sla nel 10% dei casi è in una forma familiare ed è presente in uno o più familiari, mentre nel 90% è sporadica. La novità nella ricerca degli ultimi anni è che nella forma ereditaria abbiamo trovato geni alterati nel 65% dei casi, quindi la ricerca sta quasi riuscendo a coprire tutte le forme genetiche. La cosa importante è che in alcuni casi i geni che troviamo nei casi familiari li ritroviamo anche nei casi sporadici e questo è un concetto complicato poiché è dovuto al fatto che alcuni geni, seppur responsabili della malattia, probabilmente non sempre la sviluppano ma hanno bisogno di altri fattori che potrebbero essere sia genetici che ambientali. La presenza di fattori genetici anche nel 10% dei casi sporadici fa pensare che la componente genetica sia importante in molti più casi di quelli che si pensa. Questo però non deve spaventare, poiché la presenza di una componente genetica non implica che la malattia sia del tutto ereditabile, poiché è possibile che le patologie genetiche, come anche il Parkinson e l'Alzheimer, siano legate a più fattori genetici combinati che, quando coincidono, scatenano la malattia, ma che singolarmente non hanno le stesse conseguenze. Bisogna stare tranquilli.

La ricerca attualmente non ha ancora trovato una cura, al momento qual è l'obiettivo più prossimo?

C'è  la speranza che dove abbiamo trovato la causa genetica possiamo interferire con il Dna o meglio con l'Rna. Questo già avviene, esistono alcune  malattie genetiche in cui possiamo usare molecole chiamate a interferire con l'Rna e che ne regolano la funzione. Nella Sla sono già in corso studi, in particolare su due geni: gene Sod1 e C9Orf72. I dati preliminari su queste forme di terapia genica sembrano indicare che si stia iniziando ad aprire una finestra importantissima per la cura. Riguarda una piccola percentuale dei pazienti in cui si è scoperto un gene e la sostanza che può andare a interferire con l'espressione di questo gene. Penso che entro la fine di quest'anno si raggiungeranno risultati riguardanti questi due studi in corso. Riteniamo che stia per aprirsi una nuova era che, seppur riguardante una piccola parte dei casi, probabilmente nei prossimi mesi e anni porterà alla cura di nuovi pazienti. È necessario sottolineare che la ricerca di base, la ricerca genetica, è importante poiché pone basi razionali alle terapie. Bisogna ragionare su meccanismi sicuri e dimostrazioni scientifiche, ritengo che questo approccio piano piano ci stia portando all'obiettivo giusto.