Abbigliamento… al naturale
Scegliere vestiti realizzati con fibre naturali, come cotone, lino o bambù, implica non solo benefici per la salute e il benessere, ma anche una scelta sostenibile, soprattutto per le loro caratteristiche di resistenza, traspirabilità e per il minor impatto ambientale. A parlarcene è Irene Bonadies dell’Istituto per i polimeri compositi e biomateriali del Cnr
L’uso dei tessuti naturali sta assumendo un ruolo sempre più importante nell’abbigliamento, con vantaggi non solo per il Pianeta, ma anche per la salute e il benessere delle persone. Le fibre naturali possono provenire dagli animali, come avviene per la lana e la seta, o dalle piante, distinguendosi in base alla parte della pianta usata: lo stelo - lino, iuta, ramiè, canapa e kenaf -; i semi - cotone, cocco e kapok -; le foglie - ananas, abaca e sisal; e persino dalle radici e dal legno, da cui, attraverso un processo chimico, si ricavano viscosa, modal e lyocell. “La composizione chimica delle fibre vegetali è complessa e fondamentalmente comprende una matrice pectina, in cui si trova una rete microfibrillare di cellulosa e di emicellulose, e un network di proteine strutturali connesso a entrambi”, spiega Irene Bonadies dell’Istituto per i polimeri compositi e biomateriali (Ipcb) del Cnr. “La cellulosa, composto organico formato da carbonio, idrogeno e ossigeno, è il polisaccaride maggiormente presente sulla Terra: le catene di cellulosa si organizzano in fibrille la cui lunghezza è indeterminata, mentre lo spessore dipende dal numero di catene che si associano (minimo 30/50). Grazie a questa struttura, essa ha una notevole resistenza alla tensione, è insolubile, chimicamente stabile e resistente all’attacco chimico ed enzimatico”.
Anche la lunghezza delle fibre influenza la loro applicazione nel settore tessile. “Le fibre naturali a fibra corta come cotone, iuta e lana conferiscono un aspetto ruvido ai tessuti. Inoltre, le fibre corte e ondulate come cotone e lana hanno affinità maggiore per le particelle di sporco rispetto alle fibre lunghe e continue come quelle della seta o le fibre sintetiche. Di conseguenza, lana e iuta sono utilizzate nel tessile quando si vuole far prevalere l'aspetto ruvido del tessuto, mentre per sciarpe e stole, che richiedono morbidezza, si utilizza la seta”, continua l’esperta.
Il cotone è la fibra naturale più utilizzata al mondo e, se lavorato in maniera sostenibile, è eco-compatibile. “Tra le fibre naturali, il cotone ha il massimo contenuto di cellulosa, che aumenta la natura idrofila di questa tipologia di fibre. Al contrario, un basso contenuto di cellulosa, quindi una bassa idrofilia, non permettendo di creare un forte legame idrogeno con le molecole di cellulosa adiacenti e con l'umidità, porta ad avere fibre la cui superficie è ruvida”, aggiunge la ricercatrice. “Tra le altre fibre che stanno guadagnando popolarità nell’ambito tessile c’è il bambù, che cresce rapidamente e si rigenera naturalmente in quanto atossico, biodegradabile, resistente, con proprietà antimicotiche e termoregolanti”.
L’utilizzo di fibre derivanti dalle piante è sempre maggiore anche nel settore dei materiali compositi e del packaging. “Se paragonate alle fibre sintetiche, quelle naturali presentano diversi vantaggi quali la biodegradabilità, la bassa densità, l’elevata tenacità, il basso costo e la possibilità di essere recuperate da scarti di altre filiere, come quella agroalimentare. Inoltre, hanno proprietà specifiche più adatte al settore tessile, come l’ipoallergenicità, un ridotto rischio di irritazioni cutanee e respiratorie, una buona traspirabilità e bagnabilità. Le fibre naturali (comprese quelle rigenerate di origine naturale), grazie ai numerosi gruppi idrofili presenti, interagiscono maggiormente con le molecole dell'acqua rispetto alle fibre sintetiche”, precisa l’esperta. “Le caratteristiche di assorbimento dell'umidità, traspirabilità e scambio termico dei tessuti sono fattori cruciali da considerare durante la fabbricazione dei tessuti tecnici, in particolare per il settore sportivo, protesico/ortesico o da lavoro, dove si possono avere condizioni estreme di temperatura e umidità, elevata sudorazione e facile irritabilità della pelle. Favorire la traspirazione, riducendo l’umidità sulla pelle, permette di stabilizzare la temperatura corporea, diminuendo il senso di calore e di affaticamento, facendo percepire immediatamente a chi li indossa gli effetti di una migliore termoregolazione. Oltre ad assorbire l’umidità, i tessuti devono anche consentire di espellere i liquidi generati dalla sudorazione all’esterno dell’indumento. Se un tessuto dopo aver assorbito le molecole di acqua non favorisce il loro passaggio e quindi l’allontanamento, la sensazione di disagio aumenta, in parte a causa di una sensazione di umidità e in parte perché gli indumenti bagnati aderiscono maggiormente al corpo. Con il ‘wicking’ avviene un trasferimento spontaneo di un liquido in una struttura porosa causato dalle forze capillari, ovvero le forze che permettono al liquido di aderire sulla superficie di un substrato solido. Per far avvenire l’assorbimento mediante forze capillari occorre quindi non solo considerare la composizione della fibra, ma anche la tessitura o la lavorazione a maglia”.
Anche la capacità della fibra di condurre il calore condiziona la selezione della fibra per un particolare utilizzo finale. “Le fibre con maggiore conduttività termica sono preferite per gli accessori destinati all'estate. Al contrario, in inverno sono favoriti tessuti che forniscono isolamento termico e impediscono al calore corporeo di fuoriuscire. Cotone e rayon presentano un'elevata conduttività termica, quindi hanno la capacità di allontanare il calore dal corpo, abbassare la temperatura corporea e fornire una sensazione di freschezza sulla pelle; mentre i tessuti realizzati in lana, acrilico e fibre sintetiche, essendo cattivi conduttori di calore, aiutano a mantenere caldo in inverno. Le proprietà dei tessuti possono essere modificate. Uno studio condotto presso il nostro Istituto ha mostrato come un cotone rivestito con ossido di grafene e poliuretano ha una migliore traspirabilità e conduttività termica rispetto al cotone puro, perciò ha un buon comfort e buone potenzialità per la termoregolazione”, conclude Bonadies.
Fonte: Irene Bonadies, Istituto per i polimeri compositi e biomateriali, irene.bonadies@cnr.it