Focus: Natura amica

Microalghe, un aiuto per l’agricoltura

Microalghe
di Rita Bugliosi

Questi microscopici organismi che vivono negli ecosistemi acquatici hanno un effetto biostimolante sulle piante, migliorandone l’assorbimento e l’uso dei nutrienti, ma anche la qualità delle colture e la tolleranza a stress provocati da eventi ambientali estremi come bombe d’acqua o siccità. A spiegare come ciò avvenga è Barbara Menin dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria del Cnr

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L’inquinamento ambientale è ormai un problema globale e costituisce una grave minaccia per l’uomo e per la natura, è importante perciò ricorrere in tutti i campi a tecnologie sostenibili, in grado di tutelare la nostra salute e quella del Pianeta. Una necessità è dunque applicare questo principio anche nel settore agricolo, per promuovere la crescita e lo sviluppo delle piante senza che questo provochi danni in altri ambiti. A venirci in aiuto per farlo sono le microalghe, organismi unicellulari microscopici fotosintetici situati negli ecosistemi acquatici, preziose per il loro effetto biostimolante, come spiega Barbara Menin dell’Istituto di biologia e biotecnologia agraria (Ibba) del Cnr: “Con il termine biostimolante si intende un composto o una formulazione che, indipendentemente dal suo contenuto nutritivo, quando viene applicato alle piante o alla rizosfera, cioè la porzione di suolo che circonda le radici delle piante, è in grado di stimolare i processi naturali, migliorando l’assorbimento e l'efficienza d’uso dei nutrienti, la qualità delle colture durante tutto il loro ciclo di vita e la tolleranza agli stress abiotici, vale a dire quegli stress provocati da fattori ambientali estremi quali grandine, bombe d’acqua o siccità”.

Il settore tecnico-scientifico dei biostimolanti è in costante evoluzione e in continua espansione per soddisfare il crescente bisogno di aumentare le capacità produttive del settore agricolo e, nel contempo, ridurne l’impatto ambientale, anche in seguito all’aumento di norme che limitano il ricorso ad agrofarmaci di sintesi e a una domanda sempre più diffusa di colture biologiche. “La biomassa di microalghe e i formulati da esse derivati offrono un’alternativa promettente sia per migliorare la produttività delle colture sia per conferire resistenza a stress biotici o abiotici. In particolare, la capacità delle microalghe di esercitare un impatto positivo sulla crescita delle piante e sulla salute del suolo è attribuibile a tre diverse modalità di azione: biofertilizzante, biostimolante e biopesticida”, chiarisce la ricercatrice del Cnr-Ibba. “Tra queste, l’attività biofertilizzante, cioè la capacità di migliorare o incrementare l’apporto nutritivo della coltura favorendo la disponibilità e l’assorbimento dei nutrienti dal suolo, è la modalità più comune di utilizzo della biomassa microalgale. Essa risulta adatta a diversi metodi di applicazione, sia per il trattamento delle sementi che come spray fogliare o per l’irrigazione diretta delle radici o del suolo”.

Coltivazione

A rendere così benefici questi organismi marini sono diversi loro componenti.  “Le microalghe contengono un'ampia gamma di biomolecole, come enzimi azoto fissatori, composti fenolici, aminoacidi solubili, coniugati bio-minerali, polisaccaridi e fitormoni”, aggiunge l’esperta. Tuttavia, ci sono ancora diverse sfide da affrontare. “Sebbene negli ultimi anni siano stati pubblicati numerosi studi che attestano l’efficacia del loro utilizzo per il miglioramento della qualità e della produttività di varie colture agro-ortofrutticole e diverse classi di metaboliti estratti dalle biomasse algali con proprietà biostimolanti siano state dettagliatamente descritte e classificate, a oggi i meccanismi specifici d'azione e il loro impatto sulla fisiologia vegetale sono ancora oggetto d’indagine. Inoltre, l’applicazione su larga scala di questa tecnologia risulta frenata prevalentemente dalla difficoltà di ottenere elevate rese di produzione, dall’ampio utilizzo di risorse idriche e dagli elevati requisiti energetici per la raccolta e il processamento della biomassa”, conclude Menin. “Per far fronte a queste sfide, la strategia che appare più promettente e sostenibile è quella dell’economia circolare, un sistema in cui i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e si minimizzano i rifiuti, facendo in modo che quando un prodotto è alla fine del suo ciclo di vita, le risorse restino all’interno del sistema per essere riutilizzate più volte a fini produttivi, creando così nuovo valore. Processo basato in questo caso sulla valorizzazione di reflui agroindustriali per sostenere la crescita delle microalghe, in modo da accoppiare l’utilizzo dei nutrienti in essi disciolti al concomitante riciclo della risorsa idrica. Inoltre, per garantire la sostenibilità economica si può sfruttare un approccio di bioraffineria per un uso strategico e multifunzionale della biomassa ottenuta, quale per esempio l’impiego del residuo per formulazioni biostimolanti o biofertilizzanti nel settore agricolo”.

Fonte: Barbara Menin, Istituto di biologia e biotecnologia agraria, barbara.menin@ibba.cnr.it

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