Focus: Cina

Pechino vuole più spazio

Pechino vuole più spazio
di Luciano Anselmo

Un astrofisico dell'Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo” del Cnr ricostruisce le tappe che hanno portato la Cina a raggiungere risultati notevoli nel settore spaziale, grazie ai quali potrà competere alla pari con gli Stati Uniti

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Pochi ormai ricordano che la missilistica americana e cinese hanno avuto un grande pioniere in comune: Qian Xuesen (1911–2009). E che nelle vicende della sua vita avventurosa possiamo rintracciare tutti gli elementi che hanno portato allo sviluppo del programma spaziale cinese. Nato a Hangzhou mentre il vecchio ordine si stava progressivamente sgretolando e diventato ingegnere a Shanghai, nel 1935 Qian si trasferì negli Stati Uniti per perfezionarsi al Mit di Cambridge, vicino a Boston. Le sue spiccate doti di teorico mal si conciliarono, però, con l'approccio troppo pratico degli insegnamenti e ciò lo indusse a traslocare sulla costa occidentale, vicino a Los Angeles. E fu proprio a Pasadena, al Caltech, che Qian incontrò la sua anima gemella, il leggendario aerodinamico teorico Theodore von Kármán, di cui divenne l'allievo prediletto. Durante la seconda Guerra mondiale, il loro lavoro pionieristico sui razzi li portò a sviluppare un sistema per facilitare il decollo degli aerei e alla creazione, nel 1943, del Jet Propulsion Laboratory (Jpl), per studiare le caratteristiche tecniche dei missili V-2, sviluppati dalla Germania nazista.

Dopo il conflitto, Qian continuò a collaborare con i programmi di ricerca missilistica del governo americano con sempre maggiori responsabilità, fino a quando, nel 1950, dopo il deterioramento delle relazioni con la Cina e l'intensificarsi della Guerra fredda, fu accusato di essere una spia comunista. Nonostante queste accuse non siano mai state dimostrate, Qian fu in pratica rimosso da quasi tutti i suoi incarichi e sottoposto per anni a un regime di semi-libertà, fino a quando, nel 1955, fu finalmente espulso e rientrò in Cina.

Negli ultimi 25 secoli, per almeno l'85% del tempo, la Cina è stata all'avanguardia dello sviluppo tecnologico, da sola o insieme ad altri. E per quanto il suo periodo peggiore abbia coinciso in gran parte con l'età contemporanea, il suo ritorno ai vertici era probabilmente solo una questione di tempo, come aveva ben intuito Napoleone. Ma è innegabile che il rimpatrio di Qian abbia innescato l'inizio dei programmi missilistico e spaziale, anticipandone l'esordio e gli esiti di almeno una generazione, se non due.  

Certo, anche in Cina l'esistenza di Qian ha dovuto fare i conti con gli eventi epocali, e spesso drammatici, che hanno segnato il secondo dopoguerra, ma i traguardi raggiunti sono storia nota: il lancio del primo missile autoctono a gittata intermedia nel 1964, lo sviluppo della prima famiglia di lanciatori spaziali Lunga Marcia, il lancio del primo satellite nel 1970 e il recupero della prima capsula rientrata dall'orbita nel 1975.

Va detto che, rispetto all'Unione Sovietica e agli Stati Uniti, che si ritrovarono coinvolti nella “gara spaziale” in piena Guerra fredda, la Cina godette di alcuni vantaggi cruciali. Il primo era quello di non avere fretta: non c'era infatti alcun avversario da battere e la sua lunghissima storia, nonché l'evoluzione socio-economica del mondo, lasciavano chiaramente presumere che il tempo fosse dalla sua parte. Il secondo era quello di potersi affidare all'esperienza di chi l'aveva preceduta, evitando di imboccare vicoli ciechi e di sperperare risorse in alternative non vantaggiose. Bastava scegliere direttamente le soluzioni più semplici o appropriate, magari anche acquisendo direttamente le tecnologie da chi le aveva sviluppate (per esempio i Russi), o utilizzando massicciamente lo spionaggio, nelle sue varie forme, a spese soprattutto di Europa e Stati Uniti.

Oggi, in campo spaziale, la Cina ha ormai colmato quasi completamente i suoi ritardi nei confronti dell'Occidente e della Russia, e dispone anzi di capacità che l'Europa, nel suo insieme, non è stata ancora in grado di dimostrare, anche se soprattutto per mancanza di supporto politico e finanziamenti. Da quando, nel 2003, ha lanciato in orbita il suo primo astronauta, la potenza asiatica ha infatti inanellato una serie straordinaria di successi. Nel volo umano, la prima attività extraveicolare risale al 2008, il lancio della prima stazione spaziale e il primo aggancio in orbita sono del 2011, e il montaggio di una nuova grande stazione spaziale modulare è iniziato nel 2021. Nel 2020 è stato anche completato il dispiegamento di un sistema satellitare per la navigazione globale alternativo al Gps.

Quanto all'esplorazione della Luna, è del 2007 la prima sonda orbitale, mentre il primo allunaggio risale al 2013, con rover incluso. Nel 2019 è stata addirittura portata a termine un'impresa mai compiuta da altri fino a quel momento, cioè l'allunaggio, anche in questo caso con un rover, sulla faccia nascosta del nostro satellite naturale. Nel 2020, infine, a oltre 44 anni dall'ultima missione sovietica di questo tipo, sono stati prelevati e portati sul nostro Pianeta dei campioni di suolo lunare. Senza dimenticare che, nel 2021, una missione marziana, al primo colpo, è riuscita a entrare in orbita intorno al Pianeta rosso, ad atterrare con successo sulla sua superficie e a liberare un rover che ne ha iniziato l'esplorazione.

Tenendo conto che una nuova famiglia di lanciatori, più potenti e con propellenti meno tossici, sta progressivamente soppiantando quelli più vecchi, e che in molti settori della componentistica la Cina abbia ormai poco da invidiare ad altri, nel prossimo decennio è inevitabile attendersi anche nel settore spaziale una crescente competizione con gli Stati Uniti, che non riguarderà solo gli ambiti applicativi, civili e militari, ma anche la scienza più avanzata, come i grandi telescopi orbitali e l'esplorazione del sistema solare, e le missioni di prestigio, come il volo umano e il ritorno alla Luna.  

Fonte: Luciano Anselmo, Istituto di scienza e tecnologie dell'informazione “Alessandro Faedo”, email luciano.anselmo@isti.cnr.it

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