Vivere in un mondo costantemente minacciato da fenomeni quali il cambiamento climatico o le varie pandemie non può che generare una certa inquietudine nell'uomo che pensa al futuro che lo aspetta. Lo scrittore e giornalista Mark O'Connell, attraverso la sua opera ''Appunti di un'Apocalisse'', offre ai lettori un manuale sulla fine del mondo, alla ricerca di quale sia lo scopo ultimo della nostra esistenza, prima che una qualsiasi catastrofe, percepita da tutti come imminente, distrugga l'intera civiltà. Allo stesso tempo, riflette una crisi intima, come lui stesso afferma: ''Ho girato il mondo perché mi interessava il mondo, ma mi interessava il mondo perché ero preoccupato per me stesso''. Da padre di due bambini, l'autore è angosciato dal pensiero che non vi sia più alcuna speranza per il futuro dei propri figli, la paura dell'ignoto domina la narrazione, un'ansia dentro la quale qualsiasi genitore/lettore può riconoscersi.
''Come vivere tenendo conto della distinta possibilità che la nostra specie, la nostra civiltà, sia già spacciata? Dovremmo semplicemente ignorare la fine del mondo?''. Ponendo tale quesito l'autore illustra due facce della stessa medaglia: da un lato mostra il naturale malessere dell'uomo provocato dal pensiero costante che sia davvero giunta la fine per il proprio pianeta, riconoscendosi anche come una delle principali cause. Dall'altra, O'Connell osserva come ''il nostro problema come cultura [...] è la noia'', un concetto fondamentale che si cela dietro la sovrabbondante comunicazione del rischio. Ricevere continuamente segnali e informazioni sull'imminente fine del mondo porta a sottovalutarne il reale pericolo, rendendoci così spettatori inermi di un ''Apocalisse a rallentatore''.
Un brillante racconto in apparenza fantastico, rivelatore invece della reale condizione dell'uomo sulla Terra, dai toni sarcastici ma comunque intimi. Un viaggio nel tentativo di esorcizzare la paura per l'Apocalisse, un'idea con cui l'autore genera un rapporto di amore e odio. Citando Joyce dal racconto ''Le sorelle'' in ''Gente di Dublino'', si riferisce a essa come a ''Un essere che mi riempiva di paura e al quale comunque bramavo star vicino per contemplarne l'ordito mortale''. O' Connell fa da guida nel viaggio verso l'Apocalisse, partendo dalla visita ai lussuosi bunker del Sud Dakota, procedendo poi verso la Nuova Zelanda, un Paese scelto dai magnati dell'industria della Silicon Valley come rifugio dal collasso sociale. Partecipa alle riunioni dei membri della Mars Society, coloro che vedono nella colonizzazione di altri pianeti l'unica speranza di sopravvivenza. Infine, il viaggio si conclude con la visita a Chernobyl, luogo emblematico la cui città Pripjat' incarna perfettamente ''il cimitero del progresso, l'estrema sepoltura del futuro''.
O' Connell non offre una via di salvezza per il futuro, ma un'osservazione su come procedere nel presente. Bisogna capire quanto ogni singolo essere umano possa contribuire alla distruzione del Pianeta e l'unica via d'uscita risiede nei concetti di comunità e collaborazione, ''le calotte di ghiaccio, gli ordinamenti politici, gli ecosistemi, le civiltà, i corpi umani, l'universo stesso. Sul lungo corso, tutto è niente. Ma nel frattempo, tutto non è niente, nemmeno lontanamente''. Non si può certo vivere angosciati dall'incertezza del futuro, ma si può godere del tempo che ci è stato donato, senza però dimenticare quello che abbiamo intorno, poiché ''A meno che uno come te prenda a cuore la questione, niente andrà meglio. Non c'è soluzione''.
titolo: Appunti da un’Apocalisse
categoria: Saggi
autore/i: Castellazzi Alessandra
editore: Il Saggiatore
pagine: 235
prezzo: € 18.00