Focus: Isole

Procida: dall'isolamento alla rinascita

Procida
di Manuela Discenza

La piccolissima isola flegrea è stata scelta dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo come capitale della cultura per il 2022, grazie a un progetto di ponte tra culture diverse e alla riapertura di alcune antiche rotte. Ne abbiamo parlato con Massimo Cultraro dell'Istituto delle scienze del patrimonio culturale del Cnr

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Poco meno di 4 km quadrati, non più di 100 m sul livello del mare e 10.000 abitanti. Parliamo di Procida, piccola isola flegrea insieme a Ischia, Nisida e Vivara, che si prepara a stare sotto le luci della ribalta come capitale italiana della cultura per il 2022. Scelta dal Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo (Mibact) per questo titolo grazie a un progetto dallo slogan accattivante “la cultura non isola”, che prevede ben 330 giorni di iniziative che coinvolgeranno 240 artisti provenienti dai più diversi ambiti culturali, Procida è la prima isola candidata per questo titolo. Tra le motivazioni che hanno portato alla sua vittoria  nella competizione con altre nove città c'è sicuramente la potenzialità di un territorio che diventa il simbolo di quella Italia “minore” che sa farsi punto di diffusione tecnologica e modello di sviluppo culturale.

Nel contesto della ripresa economica e culturale di un Paese come il nostro che ha dovuto affrontare diversi tipi di isolamento dovuti alla pandemia, Procida si prepara dunque ad assumere un ruolo centrale. O meglio a ri-assumere. Sì, perché, nata dall'attività di ben quattro vulcani oramai spenti, assunse già anticamente un'importanza non trascurabile per l'economia di popolazioni come Micenei e Greci, che hanno lasciato segni indelebili nella storia dell'umanità e di cui ritroviamo traccia grazie alle numerose testimonianze archeologiche presenti sul territorio.

“L'isola di Procida nacque per un'antichissima eruzione vulcanica di origine sottomarina che la lega al vicino isolotto di Vivara. Questi fenomeni di instabilità tettonica sono certamente alla base di alcuni miti greci che facevano risalire l'isola alla lotta primordiale tra dei e giganti”, spiega Massimo Cultraro, dell'Istituto delle scienze del patrimonio culturale (Ispc) del Consiglio nazionale delle ricerche.  “Questi ultimi, una volta sconfitti, furono cacciati, secondo la tradizione risalente a Esiodo, nel ventre dei vulcani, Tifeo fu collocato sotto il Vulcano, mentre Mimante fu gettato sotto Procida, a riprova che gli antichi avevano piena consapevolezza dell'origine vulcanica dell'isola e della rilevanza che si dava alla stessa”.

L'interesse per questo territorio nasce già negli anni Trenta del secolo scorso quando l'archeologo tedesco Giorgio Buchner, concentrandosi prima su Vivara, fa entrare a pieno titolo le isole flegree nella storia dell'archeologia italiana, grazie alla rilevanza di alcuni siti di grande interesse. Poco più tardi, al pari dei siti su terra, anche le esplorazioni subacquee permettono di identificare alcuni relitti di una certa importanza a partire dagli anni '70 del secolo scorso. “Grazie ai diversi studi condotti, sappiamo che l'insediamento più antico,  risalente al Neolitico Tardo e i cui resti sono stati ritrovati a Bellavista su Monte Procida, ebbe vita breve a causa di un'eruzione che lasciò l'isola temporaneamente disabitata; invece, nella parte meridionale di Vivara, l'insediamento di  Punta di Mezzogiorno offre uno straordinario palinsesto di dati utile a studiare le fasi di passaggio tra il Bronzo Antico e Medio, tra il 1860 e il 1730 a.C.”, continua il ricercatore del Cnr-Ispc.

È proprio nella fase più antica dell'età del Bronzo che si collocano i primi contatti tra Procida/Vivara e il mondo egeo-miceneo. “I primi esploratori, partiti dalla Grecia, dopo aver attraversato lo Stretto di Messina, avrebbero posto le prime basi commerciali nelle isole Eolie per poi spingersi più a nord verso l'arcipelago flegreo: grazie alla ceramica egea d'importazione, documentata in diversi centri del Mar Tirreno, siamo in grado di datare questa fase tra il 1650 e il 1550 a.C.”, chiarisce Cultraro.

Ma come mai un'isola così piccola del Golfo di Napoli assunse tanto peso dal punto di vista commerciale ed economico già in tempi così remoti? Probabilmente il suo successo da questo punto di vista si deve a una difficoltà: Procida non era particolarmente attraente dal punto di vista agricolo e per questo le popolazioni che la abitavano decisero di percorrere le vie del commercio. “I mercanti micenei aprirono una via verso il Tirreno e diedero vita a una complessa rete di scambi legati al commercio del rame dall'area tosco-laziale. Una  punta di freccia in metallo, trovata proprio a Punta di Mezzogiorno, costituisce una preziosa prova di questi scambi”, aggiunge il ricercatore. “Secondo una recente ricostruzione, la rete di contatti a lungo raggio avrebbe coinvolto non solo esploratori micenei ma anche navigatori eoliani che, forse, gestivano e controllavano il flusso di scambi commerciali nel Tirreno. In ogni modo questi contatti continuarono almeno fino al XV sec. a.C., come testimoniano i due insediamenti di Punta d'Alaca e di Punta Capitello, dove sono state ritrovate ceramiche di fabbrica micenea e significative tracce della lavorazione del bronzo”.

Naturalmente, come sempre avviene nella storia economica, anche Procida subì delle battute di arresto. “Nel corso del XVI secolo a. C. il mondo miceneo cominciò a guardare con più interesse alla Sardegna, causando un progressivo spopolamento dell'isola campana che, tuttavia, tornò a fiorire poco più avanti con la fondazione di Ischia (Pithekoussai) e l'entrata nell'orbita culturale e commerciale della vicina Cuma. Molto probabilmente coloni greci e indigeni occuparono l'area di Monte di Procida, dove si identifica il più grande insediamento dell'isola, che resterà in vita fino all'età romana”, conclude Cultraro, che evidenzia come l'isola seppe riprendersi dallo spopolamento e dal declino economico andando a sfruttare la propria vantaggiosa posizione che la vede al centro di importanti rotte commerciali.

Non si può non pensare allora, alla luce di quanto detto dall'esperto del Cnr, che la scelta di Procida come capitale della cultura 2022 sia un ottimo auspicio. Un' isola che già diverse volte nel corso della storia ha saputo farsi simbolo di rinascita e di ripresa, soprattutto da un punto di vista economico, torna dopo secoli a ricordarci che proprio l'Italia minore e forse meno conosciuta può farsi centro propulsore di una ripresa economica, turistica e culturale che ci farà superare le difficoltà di un isolamento sociale ed economico dovuto a mesi di pandemia, sfruttando un isolamento d'altro tipo, quello territoriale, che diventa occasione di incontro, scambio e legame.

Fonte: Massimo Cultraro, Istituto di scienze del patrimonio culturale, email massimo.cultraro@cnr.it

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