Focus: Franco Battiato

Un saluto al maestro tra lava e lapilli

vulcano
di Marina Landolfi

Nel giorno dei funerali di Franco Battiato, l'eruzione contemporanea di Etna e Stromboli è sembrata agli appassionati della sua musica un "segno" per omaggiarlo. Ma non è la prima volta che gli studiosi registrano l'eruzione simultanea dei due vulcani siciliani. Ne parliamo con Biagio Giaccio dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria del Cnr

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Il 19 maggio, nel giorno dei funerali di Franco Battiato, l'Etna è tornato a farsi sentire con una fontana di lava colata dal cratere di Sud-Est, seguita da un'eruzione dello Stromboli, che ha lanciato lapilli incandescenti, come a salutare il maestro, che viveva a Milo alle pendici dell'area etnea. Non è la prima volta che accade, come sostengono gli esperti, ma nell'immaginario collettivo le eruzioni dei due vulcani sono state lette come una modalità non casuale per omaggiare l'artista siciliano, che ha interpretato in modo profondo i valori della natura e i sentimenti dell'essere umano. 

lapilli

La Sicilia è caratterizzata da una notevole attività sismica e vulcanica: oltre all'Etna, che è il vulcano più grande d'Europa e considerato attivo assieme allo Stromboli, ce ne sono altri, tra cui  quelli di Lipari, dell'isola di Vulcano, di Pantelleria e dell'isola Ferdinandea. “La Sicilia è la regione italiana che presenta la più alta concentrazione di vulcani attivi del nostro Paese e, quindi, dell'intera Eurasia occidentale. Una prerogativa che comporta alcuni privilegi e molti svantaggi”, afferma Biagio Giaccio dell'Istituto di geologia ambientale e geoingegneria (Igag) del Cnr. “Da un lato, la maestosità paesaggistica e i periodici spettacoli che elargiscono questi affascinanti oggetti geologici, dall'altro, l'inevitabile pericolosità, che si traduce in rischio crescente all'aumentare del valore esposto e della vulnerabilità delle strutture umane. Da tempo immemorabile l'umanità mostra di avere una sorta di attrazione fatale nei confronti dei vulcani e delle loro aree circostanti. Terreni fertili, acque termali, rocce utilizzabili come materiali da costruzione e basoli per selciati stradali sono i principali vantaggi derivanti, sin dall'antichità, all'uomo dall'attività vulcanica, che gli permettono di superare il timore della loro presenza ingombrante e pericolosa”.

Le eruzioni recenti dell'Etna, alto 3.326 metri, altitudine che però varia continuamente proprio in virtù della sua frequente attività, sono generalmente di tipo effusivo, denotate con il termine “fontane di lava”, e che spesso evolvono a “colate di lave”. “Nella sua lunga storia, che risale ad almeno 700.000 anni fa, l'Etna ha anche prodotto, soprattutto nella sua fase più antica, 'pillow lava', ovvero lave a cuscino formatesi sotto la superficie del mare”, spiega il ricercatore. “Non mancano tuttavia anche fasi eruttive di tipo esplosivo moderato, uno stile eruttivo tecnicamente definito 'stromboliano', termine che deriva dalle tipiche manifestazione del vulcano Stromboli. Anche se meno frequenti, nella sua lunga storia sono inoltre documentate anche eruzioni fortemente esplosive, come l'eruzione dell'Ignimbrite di Biancavilla di circa 17.000 anni fa, che ha disperso le sue ceneri in una vasta area del Mediterraneo”. 

Lo Stromboli è alto circa 926 metri sul livello del mare ed è situato nell'omonima isola dell'arcipelago delle Eolie. Esso, tuttavia, affonda le sue pendici sul fondo del Mar Tirreno, a circa 2.400 metri di profondità, quindi nel complesso ha una mole e un'altezza comparabili all'Etna. Secondo gli esperti, la sua nascita risale a oltre 200mila anni fa. La sua continua attività esplosiva moderata, che ha dato il nome a questo particolare stile eruttivo, è famosa fin dall'antichità e gli ha fatto guadagnare l'appellativo di “faro del Tirreno”. Quando i geologi parlano di vulcani attivi, non intendono solo quelli che attualmente presentano chiare e continue manifestazioni eruttive, come l'Etna e lo Stromboli, ma anche i vulcani che hanno eruttato in epoca storica e geologica recente e che mostrano fenomenologie collaterali che rivelano la presenza di magma in profondità. “Secondo una convenzione largamente accettata dai vulcanologi, si ritiene attivo un vulcano che ha eruttato almeno una volta negli ultimi 10mila anni, corrispondente pressappoco al periodo geologico noto come Olocene”, aggiunge Giaccio. “In base a questa definizione, oltre ai già citati Etna e Stromboli, ai vulcani siciliani attivi nell'Olocene vanno aggiunti almeno Vulcano (ultima eruzione 1888-1890), Lipari (776 e 1230) e Panarea (circa  9.000 anni fa) delle isole Eolie, Pantelleria (1891) e l'isola effimera Ferdinandea (1831) nel Canale di Sicilia. Tutto ciò senza contare i numerosi vulcani sommersi (seamounts) del Tirreno meridionale e del Canale di Sicilia, sulla cui storia conosciamo ancora troppo poco”. 

Il primato della Sicilia sui vulcani non riguarda solo il numero di apparati attivi, ma anche la varietà della tipologia del vulcanismo. “Il vulcanismo dell'isola è legato al singolare contesto geodinamico dovuto all'articolata geometria e complessa interazione tettonica fra le placche convergenti africana ed euroasiatica che danno luogo a un mosaico di diverse tipologie di magma che li alimentano e che a loro volta determinano diversi stili eruttivi”, conclude l'esperto del Cnr-Igag.

Una regione la Sicilia calda, dunque, non solo per lo splendore del clima, ma anche per la straordinaria concentrazione e varietà di vulcanismo attivo.

Fonte: Biagio Giaccio, Istituto di geologia ambientale e geoingegneria, Roma, tel. 06/88070063 , email biagio.giaccio@cnr.it -

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