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La natura come terapia

La natura che cura
di Maddalena Rinaldi

Presso il Muse di Trento è in corso una collettiva di artisti le cui opere, in dialogo con contributi scientifici, si interrogano sulle proprietà terapeutiche della natura. È visitabile fino al 17 novembre

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Un dialogo tra arte e scienza fatto di suoni, luci, colori e odori, quello realizzato nella mostra “The Mountain Touch. Un viaggio nella natura che cura” al Muse, il Museo delle scienze di Trento, in cui opere d’arte, supportate da contributi scientifici, spingono il visitatore a un riavvicinamento alla natura valorizzandone il suo potere curativo per la psiche. Ogni opera, corredata da una didascalia descrittiva della tecnica e dell’artista, è accompagnata anche da un testo che espone il punto di vista scientifico sul tema affrontato. I contenuti scientifici delle opere sono curati, tra gli altri, da Federica Zabini e Francesco Meneguzzo dell’Istituto per la bioeconomia del Consiglio nazionale delle ricerche, attivo da anni nella ricerca sugli effetti della terapia forestale e delle immersioni negli ambienti verdi.

La mostra esplora il rapporto tra essere umano ed elementi naturali presenti in montagna, ma anche all'interno di altri ecosistemi naturali, nella loro dimensione visibile e non visibile, affrontando anche il lato negativo: quello dovuto alla perdita del contatto con la stessa e alla perdita di biodiversità.

Arte e scienza

La montagna è al centro di molte opere, tra cui il Wall painting “Materia invisibile” di Alberto Di Fabio, che rappresenta la struttura impercettibile della materia naturale, le fotografie di Michael Fliri, “MY private Fog II” in cui geomorfologie si fondono con il calco di profili umani simulando un processo quasi metamorfico. A tali espressioni artistiche corrispondono gli studi scientifici delle neuroscienze sulla “fluidità percettiva”, artefice di quel senso di rilassamento che deriva dall’osservazione della natura. Il potere terapeutico dell’essere a contatto con gli elementi naturali è celebrato anche dall’istallazione di Andrea Nacciarriti, “Landscape”, una zolla di terra ed erba spazzata da una folata di vento artificiale, di cui il visitatore avverte anche il rumore: è sull’aria che l’artista vuole attirare l’attenzione dello spettatore per una riflessione sull’inquinamento. Anche le opere di Marzia Migliora e di Bianca Lee Vasquez sono incentrate sulla montagna, ma guardano all’aspetto materico della terra: la prima con “Paradossi dell’abbondanza #61” riproduce con disegno su carta profili montani del Monte Baldo e dei Monti Lessini, che si intrecciano a un insieme di segni simili al sistema rizomatico delle radici degli alberi nel bosco, mentre la seconda, “Dirt Hight Series”, con un’installazione multisensoriale che coinvolge anche l’olfatto del visitatore, allude a quell’effetto antidepressivo che si genera nella  mente umana quando entra in contatto con l’odore di terra bagnata, e offre lo spunto per una riflessione neuroscientifica sulle connessioni tra olfatto e cervello.

Il percorso espositivo si dipana attraverso continue immersioni in ambienti visivi come quello di Zora Kreuzer che, con l’installazione “Green Room”, si interroga sugli effetti della percezione del colore verde sulla psiche umana; o in paesaggi sonori di cui sono un esempio “La terra suona” di Paola Anziché, che invita lo spettatore a sdraiarsi sotto una enorme ragnatela colorata, e “An apiary for the Inland Village” di Fernando García-Dory, un invito all’ascolto del suono prodotto dalle api, che si intreccia al coro di donne impegnate nel racconto di lutti familiari per scongiurarne altri, celebrando il potere curativo del suono della natura.

Multisensoriale, ma anche interattiva, la mostra coinvolge i sensi del visitatore con l’opera performativa di Zheng Bo “Mountain Massage”, un massaggio terapeutico realizzato con materiali naturali.

Informazioni: https://www.muse.it/cs-the-mountain-touch-un-viaggio-nella-natura-che-cura

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