Estranei, alienati o extraterrestri?
Il termine “alieno”, ora entrato nel linguaggio comune, è una parola “dotta” che deriva direttamente dal latino ed è probabilmente entrata nel volgare attraverso la lingua dei giuristi. A spiegarne le origini e il percorso che l’ha portata all’attuale accezione è Pär Larson dell’Opera del vocabolario italiano del Cnr
La lingua che parliamo influenza il nostro pensiero con esiti ed evoluzioni imprevedibili. Basti pensare alla voce “alieno” del Grande dizionario della lingua italiana, che fino al 2004 ignorava ancora l’accezione fantascientifica, mentre a tutt’oggi ci si chiede se addirittura non sia necessario imparare un linguaggio alieno per prepararci a un eventuale incontro ravvicinato con ospiti extraterrestri, come in “Arrival”, il film di D. Villeneuve presentato al Festival di Venezia del 2016, in cui viene mandata avanti proprio una filologa, Louise Banks, per cercare un dialogo e accogliere i “visitatori” extraterrestri.
“L’aggettivo alieno non è uno di quei termini che gli italiani imparano dai genitori e dai nonni per poi tramandarli ai propri discendenti, di generazione in generazione: è invece una parola ‘dotta’, mutuata direttamente dal latino medievale nel sec. XIII d. C. Come è possibile dirlo con tanta certezza? Facile: dal latino ‘melior’ si è sviluppato migliore e dal latino ‘filiola’, figliola; come continuatore di ‘alienus’ ci saremmo quindi aspettati aglièno, che in teoria avrebbe potuto esistere allo stesso modo in cui le lingue romanze della penisola iberica hanno adattato il latino alienus ciascuna a suo modo: il castigliano ‘ajeno’, il catalano ‘allè’, il portoghese ‘alheio’”, spiega Pär Larson dell’Opera del vocabolario italiano (Ovi) del Cnr.
Il significato principale del termine italiano è lo stesso del latino ‘alienus’, e cioè che appartiene ad altri; ma da diversa prospettiva può significare anche ‘estraneo’, ‘diverso’ o ‘straniero’, come precisa il ricercatore: “È probabile che questa parola sia entrata nella lingua volgare attraverso il linguaggio dei giuristi, a braccetto con il verbo alienare ‘trasferire ad altri la proprietà di un bene’. In un testamento veneziano del 1288 si stabilisce che ‘Tute le me’ posesion laso [...] a tuti me’ fraelli con questa condicion qu’ele no se posa vendre ni alianar ni enpignar...’; un testo di Siena del 1289 precisa che ‘i detti quatro peçi de la terra [...] non possano essare venduti nè pengnorati nè cambiati nè in alcuno mo’ alienati...’; gli statuti di Perugia del 1342 dichiarano che ‘a niuno huomo sia licito vendere, comparare e alienare le cose’. In una raccolta di novelle del secolo XIII si narra di come il re Salamone costruì e organizzò il suo regno: ‘providesi di non volere che 'l possedessero aliene rede, cioè strane, fuori di suo legnaggio’. I brani appena citati provengono dalle voci alienare e alieno del vocabolario d’italiano antico TLIO (anteriore al sec. XV)”.
Tuttavia oggi, nonostante la ricchezza di voci e significati, il termine è percepito ormai con primaria accezione di "proveniente da un altro pianeta" o del più conciso "extraterrestre". "In inglese alien 'extraterrestrial' è documentato a partire da un racconto di fantascienza degli scrittori statunitensi Nat Schachner e Arthur Zagat, uscito nel 1931. In Italia, il Grande dizionario della lingua italiana (Gdli) ignora ancora l'accezione fantascientifica nella sua edizione cartacea e nel Supplemento del 2004, ma il Supplemento del 2009 corre ai ripari con una voce 'Alièno, agg. Extraterrestre, marziano', documentata con un passo del critico cinematografico Tullio Kezich del 1984", conclude Larson.
Fonte: Pär Larson, Opera del vocabolario italiano, larson@ovi.cnr.it