Le potenzialità legate alla migrazione
Gli spostamenti di popolazioni da un’area geografica a un’altra ci sono sempre stati e fanno parte della storia dell’umanità. La stessa conformazione migratoria dell’Italia si presenta oggi in modo articolato: è una realtà in cui nello stesso tempo storico e nello stesso spazio geografico convivono migrazioni diverse. Ne parliamo con Michele Colucci dell’Istituto di studi sul Mediterraneo, trattando anche il tema della paura dello straniero nelle popolazioni autoctone
La parola “alieno”, tradotto come “altro, appartenente ad altri”, assume vari significati - straniero, estraneo, ma anche avverso - in funzione del contesto di riferimento. In biologia, ad esempio, la specie alloctona o aliena è la specie vivente che a causa dell’azione intenzionale o accidentale dell’uomo si trova a popolare un territorio diverso da quello di partenza per trovare condizioni di sviluppo migliori: un nuovo ecosistema. Questa spinta verso la migrazione in cerca di condizioni di vita più favorevoli riguarda anche l’essere umano ed è, a oggi, un tema attuale a livello globale, nonostante sia anche antichissimo ed evolutivo. Le migrazioni, in realtà, ci sono sempre state e fanno parte della storia e della natura stessa dell’uomo, ma talvolta lo straniero viene visto come avverso. “La spinta alla migrazione nasce dalla prospettiva di migliorare le proprie condizioni di vita, nasce da un bilanciamento tra costi e benefici”, spiega Michele Colucci dell’Istituto di studi sul Mediterraneo (Ismed) del Cnr. “Quando la possibilità di migliorare la propria esistenza e quella dei propri cari è facilitata dalle potenzialità legate alla migrazione, allora scatta la scelta migratoria e vengono messi in atto i progetti che puntano a rendere concrete queste prospettive di miglioramento. I contesti nei quali tali progetti vengono elaborati cambiano in maniera profonda a seconda delle congiunture economiche, politiche, sociali, militari, ambientali e culturali. Non sempre è possibile ponderare in modo sereno costi e benefici: esistono momenti in cui la migrazione è l’unica scelta possibile, come ad esempio in caso di territori che subiscono invasioni militari o di fronte a improvvise carestie”.
Il caso italiano presenta molte peculiarità che sono in realtà comuni a tutta l’Europa mediterranea. “Solitamente si dice che l’Italia è passata da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione, ma le cose sono più complesse: guardando alla storia recente, agli ultimi cinquant’ anni, possiamo affermare che l’Italia oltre a essere un luogo di emigrazione è diventato anche meta di immigrazione, oltre a essere uno Stato in cui si verificano incessantemente flussi importanti di migrazioni interne”, chiarisce il ricercatore del Cnr-Ismed. “La conformazione migratoria dell’Italia si presenta quindi in modo articolato: è una realtà in cui nello stesso tempo storico e nello stesso spazio geografico convivono migrazioni diverse. L’emigrazione italiana verso l’estero è un fattore strutturale fin dalla seconda metà dell’Ottocento; non è finita nel tempo più recente, si è però progressivamente trasformata: la scelta di andare a lavorare all’estero è ancora oggi molto gettonata tra le giovani generazioni”.
Passando all’immigrazione, l’Italia ha conosciuto questo fenomeno soprattutto negli ultimi cinquant’anni e in particolare nel periodo successivo al 1989. “Oggi l’immigrazione è un tema importante che però viene declinato continuamente a partire da politiche e da retoriche emergenziali, che non fanno i conti con la sua dimensione strutturale. Allo stesso tempo continuano a essere fondamentali le migrazioni interne, che nascono dalle profonde disuguaglianze territoriali presenti in Italia”, continua Colucci.
Ci sono stati a livello storico e persistono ancora oggi numerosi contesti nei quali la percezione delle diversità produce sentimenti di paura, che possono sfociare in aperta ostilità. Questi temi stanno diventando sempre più attinenti ai flussi migratori. “La paura della diversità nei contesti migratori nasce generalmente da pregiudizi che vengono veicolati prevalentemente nelle congiunture di crisi. Quando parliamo di crisi dobbiamo pensare a quelle economiche, a quelle legate a eventi bellici, alle crisi ambientali e a quelle politiche”, precisa il ricercatore. “L’irrigidimento determinato dalle congiunture di crisi può facilitare lo sviluppo della paura delle diversità, incarnate dall’arrivo di immigrati. Questo atteggiamento è condizionato dalle insicurezze che emergono a livello sociale nei momenti di crisi, dalla paura di possibile concorrenza degli immigrati nella vita quotidiana, ad esempio nel mercato del lavoro o nell’accesso al welfare. Ma le fragilità sociali non sono un elemento sufficiente a giustificare il dilagare della paura verso gli altri: un ruolo fondamentale è svolto dall’investimento politico di grandi attori pubblici che per i rispettivi interessi tendono a strumentalizzare le paure e le diffidenze”.
Ci sono però anche esempi di situazioni in cui i migranti sono stati ben accolti. “Gli esempi di accoglienze positive anche di recente sono moltissimi, ad esempio ci sono stati milioni di ucraini partiti nel 2022 a seguito della guerra, che hanno conosciuto in quasi tutti i Paesi europei, compresa l’Italia, condizioni favorevoli al loro inserimento. Le discriminazioni naturalmente non mancano: un esempio recente particolarmente pesante è la discriminazione che subiscono le popolazioni dell’Africa subsahariana, che fin dalla fase del viaggio all’interno del continente africano e poi nel tentativo di raggiungere l’Europa e nella stessa dinamica di ingresso vengono sottoposte a umiliazioni e a continue violazioni dei diritti umani”, conclude Colucci.
Fonte: Michele Colucci, Istituto di studi sul Mediterraneo, michele.colucci@cnr.it