Gli “alieni” arrivano sulle nostre tavole
Stiamo parlando di pesci appartenenti a specie che hanno invaso le nostre acque provenendo da mari lontani. Alcuni di questi, come il granchio blu, il pesce scorpione e il pesce coniglio, sono diventati piatti gustosi, proposti in alcuni dei nostri ristoranti. Concetta Montagnese dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr ne illustra le proprietà nutritive, ma anche i possibili rischi derivanti dalla loro assunzione
Negli ultimi decenni le specie animali aliene sono divenute invasive a livello globale, riproducendosi e diffondendosi rapidamente a scapito delle specie autoctone, distruggendo gli equilibri degli ecosistemi nei quali si insediano. Questo fenomeno interessa anche le acque del Mediterraneo in cui è aumentato il numero di questa tipologia di animali, tra i quali ci sono il pesce palla maculato (Lagocephalus sceleratus), il pesce scorpione (Pterois miles), il pesce coniglio scuro (Siganus luridus), il pesce coniglio striato (Siganus rivulatus) e il granchio blu (Callinectes sapidus).
Tra le strategie utilizzate per tenere sotto controllo la diffusione delle specie marine aliene invasive c’è stata la promozione della pesca di questi animali, per inserirli nei mercati, nei menù di ristoranti stellati e per farli arrivare anche sulle tavole domestiche. La Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo della Fao sta investendo molto nella formazione dei pescatori del bacino del Mare Nostrum per promuovere la pesca delle specie aliene invasive, trasformando così la minaccia in un’opportunità per il lancio di nuovi mercati.
Ma alcune di queste specie sono arrivate anche sulle nostre tavole; negli ultimi anni tra i piatti più noti c’è quello a base di polpa di granchio blu, una specialità culinaria diffusa già da tempo negli Stati Uniti, ma che oggi è apprezzata anche nel nostro Paese, dove è stata introdotta da chef stellati e non solo, che la utilizzano per cucinare zuppe o anche per condire gli spaghetti. Vediamo allora quali sono le sue proprietà nutrizionali. “Questo crostaceo costituisce una buona fonte di proteine (18%) e la sua quantità di grassi è molto bassa (1%). Contiene acidi grassi essenziali della serie omega-3 (EPA, acido eicosapentaenoico, e DHA, acido docosaesaenoico), antinfiammatori naturali e fondamentali per il funzionamento del sistema nervoso”, spiega Concetta Montagnese dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Cnr. “La polpa del granchio blu ha un basso contenuto di calorie (circa 87 kcal/100 g) e di acidi grassi saturi, i cosiddetti grassi ‘cattivi’; costituisce una fonte elevata di colesterolo, come tutti i crostacei; presenta vitamine del gruppo B e minerali quali calcio, fosforo, potassio, zinco e selenio. La sua carne contiene quantità elevate di sodio, quindi deve essere consumato con moderazione da chi soffre di ipertensione. Inoltre, la sua assunzione deve essere evitata da soggetti affetti da allergia ai crostacei, una tra le allergie alimentari più comuni”.
C’è poi il pesce scorpione - noto anche come lionfish -, originario del Mar Rosso, che costituisce una tra le specie invasive al mondo, ed è anche per difendere l’ambiente che viene incoraggiato il suo consumo, consigliando l’assunzione di filetti di pesce scorpione ben cotti e privati delle spine. “La carne del pesce scorpione è molto apprezzata in alcuni Paesi, ad esempio ai Caraibi è inserito già da alcuni anni nei menù dei ristoranti ed è commercializzato in tutti i mercati locali. La sua carne bianca e soda, dal sapore delicato e leggermente dolce, si presta a diverse preparazioni culinarie; i suoi filetti sono saporiti e friabili e sono serviti fritti e insaporiti con erbe e spezie”, precisa la ricercatrice. “Alcuni studi hanno valutato la composizione dei nutrienti dei filetti di pesce scorpione: la sua carne è ricca di proteine (circa il 20%) e povera di grassi (2,6%); presenta un discreto contenuto di vitamine e minerali, tra i quali fosforo, potassio, e magnesio. È, inoltre, una buona fonte di acidi grassi omega-3”.
Anche il pesce coniglio scuro e quello striato, appartenenti alla famiglia dei Sigani, originari del Mar Rosso, sono stati segnalati nelle acque del Mediterraneo per la prima volta nel 2003 e poi nel 2015. “Si tratta di una specie erbivora, che mangia prevalentemente alghe, è molto invasiva e capace di distruggere la flora delle aree dove si insedia. Dai risultati di uno studio condotto in pesci coniglio delle acque delle Thousand Islands, in Indonesia, risulta che i filetti hanno un elevato contenuto proteico (16%) e di amminoacidi essenziali; la sua carne è povera di grassi (0.9%) e ha un alto contenuto di acidi grassi essenziali della serie omega-3, soprattutto di acido docosaesaenoico (DHA); presenta, inoltre, un discreto contenuto di vitamine A e B12 e, tra i minerali, di potassio”, continua l’esperta.
Ma è davvero sicura l’assunzione di queste specie aliene? “Attualmente uno dei punti di discussione sulla sicurezza del consumo di questi animali marini è il pericolo della 'ciguatera', intossicazione alimentare umana causata dal consumo di pesci che hanno accumulato ciguatossine, biotossine marine prodotte naturalmente da microalghe del genere Gambierdiscus toxicus. Questa microalga è prevalentemente diffusa nelle acque delle barriere coralline tropicali e subtropicali, ma di recente ne è stata evidenziata la presenza anche nel mar Mediterraneo. La ciguatera è l’intossicazione dovuta al consumo di pesci più diffusa tra la popolazione mondiale (tra i 20.000 e 50.000 casi stimati all’anno) e provoca disturbi gastrointestinali, cardiovascolari e neurologici, con sintomi a breve e lungo termine. Nonostante l’elevata tossicità, le ciguatossine sono raramente accumulate nei pesci a concentrazioni tali da risultare fatali per l’uomo; l’avvelenamento da ciguatera rappresenta quindi un rischio emergente in Europa ed è monitorato dalle autorità competenti. Attraverso i regolamenti (EU) 2017/625 ed (EU) 2019/627 che vietano l’immissione sul mercato dei prodotti di origine animale, compresi pesci, crostacei e molluschi contenenti la ciguatossina, l’Unione Europea ha predisposto misure per ridurre al minimo la contaminazione di queste biotossine, che possono comportare rischi per la salute umana”, conclude Montagnese. “Alcuni studi hanno valutato il rischio derivante del consumo di lionfish delle isole Caraibiche e ciguatera, evidenziando che sono necessari programmi locali per monitorare i casi. Riguardo alla situazione delle acque europee, i dati disponibili al momento sono limitati, trattandosi di un rischio emergente, ma sono stati attivati programmi specifici al fine di valutare e monitorare il crescente rischio di avvelenamento da ciguatossina (progetto “Euro Cigua” che coinvolge l’Efsa e alcuni stati membri dell’UE)”.