Saggi

La scienza contro il pessimismo: ecco perché non è la fine del mondo

Copertina del libro Non è la fine del mondo
di Riccardo Canaletti

Hannah Ritchie è ricercatrice a Oxford e capo dipartimento di Our World in Data. Con "Non è la fine del mondo” (Aboca) smentisce tutti i luoghi comuni sull’ambiente e il futuro dell’umanità, dalla paura per l’estinzione all’apocalisse climatica. Dati alla mano

Pubblicato il

Nel 2005, a Stoccolma, nasce Gapminder, un sito radicalmente ottimista sul futuro del mondo e della specie umana. Il sito fornisce dati e statistiche altamente affidabili su quasi tutti i principali temi e fenomeni che investono e, spesso, preoccupano le nuove generazioni, dal cambiamento climatico ai tassi di povertà. Per cercare di minare almeno in parte le nostre convinzioni pessimistiche, Gapminder propone a chi lo visita un breve test per scoprire quanto i visitatori conoscano ciò per cui si dicono preoccupati. Il risultato? La maggior parte viene bocciata. Il sito è stato fondato da Ola, Anna e Hans Rosling. Quest’ultimo è un’autentica leggenda: cofondatore di Medici Senza Frontiere in Svezia, consulente dell’Organizzazione mondiale della sanità, ascoltato dalla Banca Mondiale, in prima linea per combattere l’ebola.

Rosling è anche uno dei riferimenti e un mentore di Hannah Ritchie, ricercatrice di Oxford e capo del Dipartimento di ricerca del progetto Our World in Data, forse la più importante piattaforma mondiale di raccolta dati e statistiche su temi di rilevanza internazionale (salute, povertà, qualità della vita, crescita economica e così via). In Italia è appena uscito il suo libro, “Non è la fine del mondo” (Aboca), un volume che non solo si muove nella stessa direzione degli altri grandi lavori che lo hanno preceduto, da “Un ottimista razionale” di Matt Ridley a “Illuminismo adesso” di Pinker, ma si dimostra persino più utile proprio grazie all’identità dell’autrice. Ritchie è nata nel 1993, ha solamente trentuno anni, e questo libro da 400 pagine è dedicato alle nuove generazioni, quelle che - sbagliando - si definiscono l’ultima generazione prima dell’estinzione. Ritchie, però, sostiene di avere buoni motivi per credere che il futuro sarà un posto migliore in cui vivere. Mentre i sondaggi ci dicono con forza che i più giovani non vogliono fare figli e credono che il mondo sia destinato a “fallire”, Ritchie dimostra, capitolo dopo capitolo, che le nostre convinzioni in fatto di ambiente, inquinamento e possibili soluzioni, non sono solo sbagliate, ma in aperta controtendenza con le previsioni più aggiornate fatte dalla comunità scientifica.

“La nostra imminente catastrofe ci paralizza letteralmente”, scrive Ritchie. E ha ragione. Il rischio è rimanere senza immaginazione e, quindi, senza speranza. Anche quando i fatti ci dicono il contrario. L’inquinamento atmosferico? Esiste, ma in Occidente l’atmosfera non era così pulita da secoli. La deforestazione dell’Amazonia? È stata ridotta dell’80% negli ultimi sette anni (mentre aveva raggiunto il suo picco nei primi anni 2000). La perdita della biodiversità? È reale ma non siamo di fronte a un’altra estinzione di massa (non è vero, cioè, che abbiamo perso il 69% della fauna selvatica, come spesso riportato). Quanta plastica si riversa in mare? Circa lo 0,3%, mentre in molti credono più della metà (e alcuni persino oltre l’80%). È un problema? Sì, ma decisamente più limitato di quello raccontato. Non è neanche il peggiore dei problemi per la fauna marina (nonostante si debba affrontare ugualmente con urgenza). I dati sono moltissimi e tutti decisamente positivi. Anche quelli che non sembrano tali. Il motivo è semplice ed è alla base dell’intero saggio. L’uomo ha gli strumenti e l’intelligenza per cambiare le cose: la crescita economica e l’innovazione tecnologica. Senza crescita economica non si riduce la povertà. Senza innovazione tecnologica non si rende più efficace lo sfruttamento delle risorse. La Francia è un buon esempio. Grazie alla maggiore efficienza energetica ha fatto crollare le sue emissioni di gas serra pur continuando a crescere. La direzione che i Paesi democratici hanno imboccato dopo la rivoluzione industriale (quando si sfuggì finalmente alla trappola malthusiana) sembra quella giusta. E se la strada è ancora lunga, non è tuttavia così tortuosa come si crede. Non sarà la fine del mondo.

Titolo: Non è la fine del mondo
Categoria: Saggi
Autore: Hannah Ritchie
Editore: Aboca
Prezzo: 28,00