Extrasistole, un problema da non sottovalutare
Di questa alterazione del ritmo cardiaco, che costituisce la forma più comune tra le aritmie - anomalie che non vanno sottovalutate in quanto potenzialmente pericolose e difficili da prevedere - abbiamo parlato con Lorenza Pratali, cardiologa e ricercatrice dell'Istituto di fisiologia clinica del Cnr
Il termine extrasistole significa letteralmente “battito aggiunto”, e infatti ciò che si evidenza con un’elettrocardiografia è un battito in più, diverso da quello normale presente sul tracciato dell’elettrocardiografo. Ma come nascono e come possiamo riconoscerle? “Le extrasistoli nascono dal cuore in una zona diversa da quella da cui parte il battito normale, il nodo del seno, e si distinguono in extrasistoli sopraventricolari, quando provengono dagli atri o dalla giunzione atrio-ventricolare, ed extrasistoli ventricolari quando provengono dai ventricoli. È possibile capire se sono sopraventricolari o ventricolari solo registrando un tracciato elettrocardiografico nel momento in cui si stanno manifestando”, spiega Lorenza Pratali, cardiologa, ricercatrice dell’Istituto di fisiologia clinica (Ifc) del Cnr. “Le extrasistoli possono essere o meno percepite dalle persone e i sintomi sono diversi da individuo a individuo: qualcuno ha la sensazione di un battito in più o un battito in meno, oppure di un battito di ali in mezzo al torace, specie se sono numerose, altri percepiscono la sensazione di un colpo al torace o al collo oppure alle orecchie o anche una sensazione di vuoto nel torace”.
Queste alterazioni possono presentarsi anche in soggetti con il cuore sano: non sono necessariamente l’espressione di una cardiopatia in atto, ma possono essere correlate a stati funzionali di altri organi. “A volte possono essere scatenate da condizioni di stress intenso o da problematiche di altri organi come l’apparato gastrointestinale, da disfunzione tiroidea, da squilibri degli elettroliti come ad esempio il potassio, da problematiche psicologiche quali ansia o depressione, ma anche da eccessivo consumo di sostanze stimolanti come nicotina, caffè o bevande energetiche”, precisa la ricercatrice. “In ogni caso, se riscontriamo aritmie, è necessario capirne la causa ed escludere che ci sia una patologia cardiaca sottostante, perché a volte, specie in presenza di extrasistolia di origine ventricolare, con caratteristiche complesse (ad esempio numerosità e diverse morfologie), si potrebbe avere una malattia del cuore sottostante con rischio anche di morte. È quindi sempre consigliabile sottoporsi alla valutazione di uno specialista”.
Talora è comunque possibile prevenire tali alterazioni con una serie di accorgimenti da mettere in atto dopo aver riscontrato i motivi per cui le extrasistoli si presentano. “Il medico, una volta identificate le cause mediante esami di vario livello, può capire se sono aritmie prevenibili o meno. Se sono legate a stati funzionali di altri organi o ad alterazioni elettrolitiche o ad abuso di stimolanti sono facilmente prevenibili. Un esempio per tutti: con una diagnosi di reflusso gastroesofageo, per cui la sera quando vado a letto percepisco battiti anomali, è sufficiente non andare a letto subito dopo il pasto e dormire con il tronco lievemente sollevato”, prosegue l’esperta.
Non sempre comunque le extrasistoli vanno trattate nello stesso modo. “Se il medico decide che sono necessarie terapie è fondamentale innanzitutto eliminare le cause scatenanti, ad esempio l’eccessiva assunzione di cibi che favoriscono il reflusso (menta, cioccolato, cibi speziati, vino rosso, pomodoro, caffeina) e di nicotina. Se le extrasistoli sono dovute a cardiopatia sottostante lo specialista ricorrerà invece a farmaci, quali ad esempio gli antiaritmici, oppure potrà consigliare di eseguire uno studio di mappatura dell’attività elettrica del cuore (studio elettrofisiologico) e nel caso un trattamento delle aritmie mediante una procedura chiamata ablazione (eliminazione delle cellule responsabili delle aritmie attraverso una loro ‘bruciatura’) o, in casi particolari, può essere utilizzata invece la crioenergia (energia fredda) nella quale l’eliminazione delle cellule avviene attraverso il loro congelamento”, continua Pratali.
Uno stile di vita corretto può di certo aiutare sia nella prevenzione sia nel caso in cui la malattia già sia conclamata. “Ridurre o meglio sospendere l’apporto di fumo o di caffè significa ridurre l’attività adrenergica mediata dalle catecolamine (adrenalina, noradrenalina), che sono direttamente implicate nello stimolo aritmico sul cuore. Un adeguato stile di vita aiuta a prevenire extrasistoli ‘funzionali’, permettendo di mitigare le cause che le hanno scatenate, ma è determinante anche in presenza di malattia cardiaca. Malattie metaboliche come diabete, ipercolesterolemia, obesità o ipertensione arteriosa possono poi essere causa di una malattia coronarica con rischio di infarto del miocardio. E un cuore malato a seguito di un infarto o perché ha sopportato per molti anni valori elevati di pressione arteriosa può essere più a rischio anche di sviluppo di aritmie, fra le quali le extrasistoli”, precisa la cardiologa.
L’attività fisica, prevalentemente quella aerobica, svolge una funzione di prevenzione per molte malattie e può rivelarsi utile anche per ridurre il rischio di cardiopatie. “È ormai noto che fare attività moderata, da 150 a 300 minuti a settimana, o intensa da 75 a 150 minuti a settimana, si associa a una riduzione della mortalità per tutte le cause. Questa prevenzione avviene in quanto l’esercizio fisico modula il metabolismo glicemico, lipidico, migliora la funzione dei vasi determinando valori più bassi di pressione arteriosa e riduce l’infiammazione, che è la base di quasi tutte le malattie. Quindi, questo tipo di attività fisica può ridurre il rischio di cardiopatie che possono essere causa di extrasistoli”, sottolinea Pratali. “Al momento non è però chiaro se fare attività fisica molto intensa (come ad esempio quella praticata dai maratoneti o ultramaratoneti) sia associato a un beneficio oppure possa essere potenzialmente dannoso. Molti studi hanno mostrato che atleti di ultra-endurance hanno un maggior rischio di sviluppo di aritmie sopraventricolari, dalle extrasistoli atriali alla fibrillazione atriale, ma anche di aritmie ventricolari. Il meccanismo per cui è presente un maggiore rischio aritmico sembra legato al rimodellamento del cuore che si osserva negli atleti di endurance, come ad esempio la dilatazione dell’atrio sinistro e l’aumento degli spessori del ventricolo sinistro”.
Se le extrasistoli sono isolate, se si visualizzano cioè sull’elettrocardiogramma come uniche, anche se si ripetono nel tempo non devono allarmare eccessivamente, perché è improbabile che possano arrivare a compromettere altri organi. Le difficoltà si presentano invece in caso di extrasistoli ripetute. “Questi battiti anomali, se non sono frequenti, non causano di per sé problemi alla funzione principale del cuore, che è quella di pompare sangue agli organi; con il sangue infatti arrivano ossigeno e nutrienti per cui non ci sono ripercussioni su altre parti del corpo. Se invece questi ‘battiti in più’ sono tanti, frequenti e a gruppi di extrasistoli (definiti ‘run’), quando sono di origine sopraventricolare o soprattutto di origine ventricolare, potrebbero diventare causa di funzione alterata del cuore e se il cuore non funziona potremmo avere disfunzione in tutti gli altri organi”, conclude Pratali.
Fonte: Lorenza Pratali, Istituto di fisiologia clinica, lorenza.pratali@cnr.it