“La mamma sta in cucina”, “il papà guida l’autobus”, “la principessa è salvata dal principe”: troviamo spesso nei libri scolastici o nelle fiabe situazioni che ripropongono una cristallizzazione di ruoli di genere ancora oggi difficili da debellare. Immagini di uomini che lavorano, fate o dolci figure materne che si occupano esclusivamente della cura della famiglia rafforzano alcuni stereotipi che apprendiamo fin dall’infanzia e che vedono la donna relegata a mansioni tradizionali. Inoltre, nella letteratura didattica sono ancora scarsi i riferimenti a poetesse, scienziate, inventrici, pittrici o imprenditrici. Se passiamo alla sfera ludica, notiamo come già nel packaging dei giocattoli - dalla scelta dei colori alle decorazioni - vengono marcate le differenze dei destinatari: stoviglie, utensili domestici per le bambine, gru e macchine per maschietti.
Negli anni ’70, in pieno clima femminista, la scrittrice e insegnante Elena Gianini Belotti, con il libro “Dalla parte delle bambine”, evidenziava l’influenza esercitata nella formazione del ruolo femminile da vari modi di giocare e dalla letteratura. Come è la situazione oggi nel mondo dell’infanzia? “Una recente indagine campionaria condotta dal gruppo di ricerca Mutamenti sociali, valutazione e metodi (Musa) dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (Irpps) del Consiglio nazionale delle ricerche su bambine e bambini di scuole primarie ha rintracciato in questa età la presenza di un’elevatissima adesione all’idea che esistano ruoli sociali dedicati a uomini e a donne: medio-alta verso il ruolo stereotipato maschile, 58,6%, e medio-alta verso quello femminile, 52,9%. Ciò significa che chi ha tra 8 e 11 anni ritiene che gli uomini siano più portati per comandare a lavoro, fare il presidente, lo scienziato o il poliziotto, mentre le donne siano più portate per pulire casa, cucinare, fare la spesa e occuparsi dei figli”, spiega Antonio Tintori del Cnr-Irpps, coordinatore dello studio ed esperto di problematiche legate al gender gap. “Tali preconcetti hanno ricadute che tocchiamo con mano nella società: la prima è una forma di auto-esclusione femminile, che spinge le donne a orientarsi per lo più verso una formazione umanistica - ecco perché c’è una loro scarsa presenza nelle discipline Stem -, attività di assistenza e mestieri anche ‘di base’, quali segretarie, maestre, infermiere, casalinghe ecc... La seconda è invece una segregazione verticale subita dalle donne, perché rappresenta tutta quella serie di modi con cui gli uomini ostacolano lo sviluppo delle carriere femminili e quindi l’acquisizione di posizioni apicali”.