Un cimitero di alberi disseccati
L’olivo, pianta un tempo considerata immortale, è minacciato dalla Xylella fastidiosa, un batterio giunto dal Centroamerica che ha trovato in Puglia condizioni favorevoli per la propria proliferazione. Un esempio della vulnerabilità del territorio europeo verso l’introduzione di patogeni esotici. A descrivere la situazione e gli interventi è Maria Saponari, ricercatrice dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr di Bari impegnata in prima persona in questa linea di ricerca
La segnalazione nel 2013 di un batterio fitopatogeno, la Xylella fastidiosa, sugli olivi nel sud della Puglia, ha scardinato la considerazione di questa specie come particolarmente resistente alle malattie e alle condizioni climatiche avverse, una pianta ritenuta quasi “immortale”, come testimoniato dalla massiccia presenza di alberi monumentali, secolari o millenari. Ma è proprio su questi esemplari che il batterio si è rivelato particolarmente aggressivo, determinando la morte di milioni di alberi nel Salento.
Xylella fastidiosa è un batterio di origine americana, definito nel gergo scientifico e classificato a livello legislativo con attributi differenti, ma tutti tesi a indicare un organismo particolarmente distruttivo per le piante: alieno, esotico, da quarantena, prioritario. Questo perché a livello internazionale era già ben noto per essere molto dannoso sulle viti californiane e sugli agrumi in Brasile anche se, fino all’attacco in Puglia, non sull’olivo.
Sbarcato in Salento con una “variante” fino ad allora sconosciuta, il vettore patogeno ha invece determinato negli oliveti una delle più gravi emergenze fitosanitarie della storia della patologia delle piante. Come spesso confermato in questi ultimi decenni, la globalizzazione dei mercati porta con sé il rischio di movimentare e introdurre accidentalmente parassiti da un Continente o da un Paese all’altro. In Puglia il batterio, come scoperto negli anni a seguire, è stato veicolato da piante di caffè importate in Europa dal Centroamerica, che a seguito delle infezioni manifestano sintomi lievi sulle foglie o restano del tutto asintomatiche, sfuggendo quindi ai controlli all’importazione.
Racale (LE) - Giovane oliveto di una varietà resistente (Leccino). Sullo sfondo un oliveto di Ogliarola salentina distrutto dal batterio
Così non è invece sull’olivo, rivelatosi un ospite “preferito” e particolarmente suscettibile alla Xylella fastidiosa. A questo vanno ad aggiungersi le condizioni ideali dell’eco-agrosistema olivicolo pugliese, tra cui l’abbondanza di insetti vettori (quali la famigerata “sputacchina”) e le temperature favorevoli. La combinazione di questi fattori e la presenza diffusa degli oliveti ha determinato lo scoppio di una vera e propria epidemia, che ha decimato diversi milioni di olivi e stravolto il paesaggio tipico in un’area che oggi si estende per quasi il 40% della Puglia.
In questo decennio, i ricercatori della sede di Bari dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante (Ipsp), facendosi carico del coordinamento di una rete di ricerca internazionale, hanno contribuito in maniera significativa a identificare i fattori scatenanti il grave quadro delle infezioni e ad avviare gli studi sulle possibili soluzioni pratiche per il loro controllo. Le conoscenze scientifiche sviluppate in questi anni sono state fondamentali per lo sviluppo e l’applicazione, da parte delle autorità fitosanitarie, di piani di azione per il contenimento e gestione dell’emergenza, quali l’adozione di programmi di lotta all’insetto vettore, il miglioramento delle strategie di sorveglianza dei territori ad alto rischio e la gestione dei focolai, l’autorizzazione all’impianto di olivi e specie resistenti per la rigenerazione dei territori distrutti dall’epidemia.
Ugento (LE) - Olivo secolare di Ogliarola salentina gravemente compromesso da infezione di Xylella fastidiosa
Tra gli studi condotti presso il Cnr-Ipsp, quelli a supporto dell’identificazione di resistenze genetiche nell’olivo e sui meccanismi alla base della resistenza sono le linee di ricerche su cui attualmente si concentra l’interesse della comunità scientifica e degli operatori agricoli, in quanto rappresentano una speranza per la rigenerazione ambientale e produttiva dei territori oggi devastati e ridotti a un “cimitero” di tronchi ed alberi disseccati. È indispensabile far convergere gli studi e le attività sperimentali sulla selezione e/o produzione di nuove varietà resistenti con tecniche classiche e innovative di miglioramento genetico: si tratta di programmi di ricerca a lungo termine, su cui il nostro Paese è in ritardo ma che, grazie agli investimenti destinati a questa tematica di ricerca da parte di diversi Ministeri, si spera di sviluppare per avanzare rapidamente nelle conoscenze e tecnologie disponibili.
Il caso Xylella è un esempio della vulnerabilità del territorio europeo verso l’introduzione di patogeni esotici. I controlli fitosanitari alla importazione di piante da Paesi terzi sono un punto critico nel nostro sistema fitosanitario. E anche in questa direzione il Cnr, di concerto con il Politecnico e l’Università di Bari, sta mettendo in cantiere nel prossimo biennio, grazie ai fondi stanziati dal Governo con la legge di bilancio del 2022, la realizzazione di una struttura di biocontenimento a servizio delle attività di ricerca e a supporto delle autorità fitosanitarie per il controllo dei patogeni da quarantena.
Fonte: Maria Saponari, Istituto per la protezione sostenibile delle piante, maria.saponari@ipsp.cnr.it