Focus: Spazio

Houston, ci scoppia la testa!

Immagine tratta dal film Apollo 13 (1995)
di Alessia Cosseddu

Esiste una forma di “cefalea spaziale” che sta preoccupando la Nasa, dato che ha colpito circa metà dei suoi astronauti. Si chiama Sans, acronimo di Spaceflight-associated neuro-ocular syndrome, e sarebbe provocata da problemi di circolazione venosa a livello cerebrale. Può causare anche gravi danni a livello visivo. Studiarla può aiutare a comprendere meglio la cefalea terrestre? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Cerasa, neuroscienziato dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Cnr

 

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Si chiama Sans, acronimo di Spaceflight-associated neuro-ocular syndrome, cioè Sindrome neuro-oculare da viaggi spaziali, ed è “il mal di testa degli astronauti” ormai considerato dalla Nasa uno dei maggiori problemi per la conquista dello spazio. Ha colpito, infatti, circa metà dei suoi astronauti. Sarebbe provocato da problemi di circolazione venosa a livello cerebrale e può causare anche gravi danni a livello visivo. Era comparsa nelle missioni Apollo, dove inizialmente fu attribuita alla cinetosi da assenza di gravità, situazione simile a quella che si prova sulle montagne russe con nausea, vomito e vertigine, con la differenza che gli astronauti avevano solo mal di testa. Il rischio Sans potrebbe riguardare anche chi si avventurerà nello spazio da “turista” senza essere passato attraverso la selezione dei medici della Nasa.

Studiare questa “cefalea spaziale” può servire a conoscere meglio quella terrestre? "L’emicrania riportata dagli astronauti sembra avere molti sintomi in comune con un disturbo neurologico chiamato Ipertensione idiopatica intracranica (Iih). Sono stati descritti numerosi segni clinici che associano le due malattie, ma un dato che non è stato ancora considerato sono i danni permanenti o reversibili a livello cerebrale. Infatti, la presenza di una persistente e anomala pressione liquorale può portare a un aumento della pressione intracranica, producendo una compressione meccanica dei fasci di materia bianca corticale contro la parete dei ventricoli, le quattro cavità comunicanti del cervello che provvedono alla produzione del liquor e al suo smistamento”, spiega Antonio Cerasa, neuroscienziato dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) del Cnr. “In un recente studio,  abbiamo dimostrato, grazie a potenti metodiche di neuroimaging, che i pazienti con Iih hanno danni evidenti a livello della materia bianca nelle aree vicino ai ventricoli laterali, danni che sono parzialmente reversibili dopo il trattamento medico".

Cosa fare quindi per dimostrare la similarità tra l’emicrania degli astronauti e i pazienti con Iih? “Bisognerebbe effettuare un esame di risonanza magnetica anche gli astronauti, per confermare che l’esposizione a lungo termine a condizione di alterata gravità si accompagna anche a segni di alterazione neurobiologica a carico della materia bianca cerebrale", conclude il neuroscienziato.

Fonte: Antonio Cerasa, Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica di Messina, e-mail: antonio.cerasa@irib.cnr.it

Per approfondire: Periventricular white matter changes in idiopathic intracranial hypertension. Sarica A, Curcio M, Rapisarda L, Cerasa A, Quattrone A, Bono F. Ann Clin Transl Neurol. 2019 Jan 18;6(2):233-242.

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