Dall’antropocene al wasteocene lo scarto è breve
Marco Armiero, in “L'era degli scarti” (Einaudi), ridefinisce l'epoca in cui viviamo, ispirandosi al termine inglese waste. Che vuol dire appunto rifiuto ma con un significato più ampio, che non si limita solo agli oggetti e coinvolge le relazioni socio-ecologiche, che producono luoghi e comunità
Nel volume “L'era degli scarti” (Einaudi) Marco Armiero, “battezza” una nuova era o, come lui stesso afferma, una nuova ipotesi concettuale, il “wasteocene”, dall’inglese "waste": scarto, appunto. Il wasteocene è conseguenza diretta dell’"antropocene", di cui spesso sentiamo parlare, che a sua volta deriva da "anthropos" e che è appunto l’era segnata dalle azioni degli umani, in grado di cambiare i cicli biogeochimici dell’intero Pianeta. Armiero cerca di analizzare la “questione ecologica”, sia essa rifiuto, emissione di CO2 o contaminazione, ragionando sulle relazioni socio-ecologiche che producono “comunità di scarto”.
Ma gli umani sono tutti responsabili allo stesso modo della crisi ecologica? L’autore non crede all’“universalismo di specie” riferito all’antropocene, che sembra non tenere conto delle diseguaglianze o delle storie di colonialismo ed espropriazione. “Il wasteocene non è tanto una questione di rifiuti in quanto oggetti, ma piuttosto di relazioni di scarto” e gli scarti della nostra società non sono solo quelli che finiscono nelle discariche o che i Paesi ricchi trasferiscono in quelli a basso reddito, ma anche persone, comunità o luoghi. Waste è sia un sostantivo sia un verbo, avverte l’autore, scartare significa decidere che cosa ha un valore e che cosa non lo ha.
Come uscire dal wasteocene? Secondo il saggio, l’unico antidoto è la tutela dei beni comuni (in inglese "commons"), come l’acqua, le foreste, fino ai luoghi della quotidianità di ciascuno di noi, ad esempio gli spazi pubblici o i giardini del proprio quartiere. Oltre ai beni intesi nella loro dimensione fisica o spaziale, Armiero attribuisce particolare importanza alle relazioni socio-ecologiche che si possono definire col termine "commoning": “Mentre le relazioni di scarto producono profitto per pochi, attraverso l’estrazione di valore dalle risorse naturali e dagli umani, il commoning crea comunità tramite la cura e la condivisione”. Il commoning è dunque qualcosa di più dei beni comuni, è l’insieme delle relazioni che permettono ai beni di esistere: “Fare commoning è diverso da trasformare tutto in valore”.
Tra i casi citati, quello dell’ex Snia Viscosa, una fabbrica alla periferia di Roma che nei primi anni Novanta era destinata a essere abbattuta per far posto a nuovi edifici. Durante i lavori, fu intercettata una falda acquifera e questo spinse gli abitanti del quartiere a dar vita a un comitato per preservare il lago che ne sorse, con la sua biodiversità, per farlo diventare un luogo a servizio della comunità. Gli attivisti impegnati nella tutela del lago dell’ex Snia ritrovarono dei fascicoli della vecchia fabbrica e ricostruirono le storie delle operaie creando un archivio dedicato a Maria Baccante, operaia e partigiana: “Questo recupero della memoria fa parte del commoning perché crea una comunità. Mostra che un’altra storia, un altro racconto, sono possibili”.
Titolo: L'era degli scarti. Cronache dal wasteocene, la discarica globale
Categoria: Saggi
Autore: Armiero Marco
Editore: Einaudi
Pagine: 136
Prezzo: € 15,00