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L'anti sbronza D-Arianna

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di Emanuele Guerrini

Una nuova applicazione consente di stimare il rischio di 'binge drinking' grazie a domande sulle abitudini di consumo di alcol e sostanze stupefacenti. È stata realizzata dai ricercatori dell'Università Milano Bicocca

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Una app per ridurre tra i giovani il rischio di 'binge drinking', ovvero l'assunzione di elevate quantità di alcol in brevi periodi di tempo all'D-Arianna, l'applicazione per smartphone realizzata dai ricercatori del Dipartimento di medicina e chirurgia dell'Università di Milano-Bicocca, consente di stimare il relativo rischio attraverso una serie di domande sulle abitudini di consumo di alcol, sostanze stupefacenti e non solo. L'applicazione è scaricabile gratuitamente da Google Play e Apple Store ed e stata inserita nella National Health Apps Library del Regno Unito.

I risultati della sperimentazione di questo applicativo sono stati pubblicati sulla rivista 'Journal of Adolescent Health'. La ricerca ha riguardato 507 giovani tra i 18 e i 24 anni, 264 donne e 243 uomini, reclutati in prossimità di pub, discoteche e aree concertistiche di Milano. Dodici intervistatori, di età vicina a quella degli intervistati hanno posto ai ragazzi, una serie di domande sul rapporto con alcol, fumo e droghe a livello personale e nella propria cerchia di amici, il successo negli studi, il background familiare e sociale e le convinzioni riguardo agli effetti, anche sociali, prodotti dall'uso dell'alcol. Sulla base delle risposte, combinando i pesi relativi dei fattori correlati al binge drinking, derivanti dalla meta-analisi attraverso un'equazione di stima del rischio, sono stati individuati tre livelli di rischio: basso, moderato, alto. Dopo due settimane è stato fatto ripetere il test ed è emerso che il fenomeno tra i partecipanti è più che dimezzato, passando dal 37 al 18%.

L'app è stata sviluppata nell'ambito di una ricerca condotta da Giuseppe Carra e Massimo Clerici, rispettivamente ricercatore e professore associato di psichiatria dell'Università di Milano-Bicocca, insieme con Paul E. Bebbington, professore emerito della stessa disciplina dallo University College di Londra. Il lavoro ha coinvolto anche dottori di ricerca, dottorandi e specializzandi del dipartimento di Medicina e chirurgia dell'ateneo milanese, tra i quali Francesco Bartoli, Daniele Carretta, Cristina Crocamo e Alessandro Schivalocchi. “La combinazione tra il rigore metodologico della ricerca sulla prevenzione dei fattori di rischio con la tecnologia si è dimostrata efficace e interessante per la popolazione giovanile, che ha molta dimestichezza con gli smartphone”, hanno dichiarato Carra e Clerici.

La ricerca è stata finanziata dalla Fondazione della comunità Monza e Brianza onlus, sostenuta dalla Fondazione Cariplo e l'applicazione è stata sviluppata, in italiano e inglese, dalla software house Eikondata.

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