Faccia a faccia

Vincino, un tratto di penna tra satira e sanità

vincino
di Marco Ferrazzoli

Il vignettista del Foglio e del Corriere della Sera, è stato tra i protagonisti di alcune delle principali testate satiriche come Il Male, Tango e Cuore. Architetto mancato, considera la tecnologia una grande ricchezza ma preferisce disegnare a mano

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Un tratto di penna inconfondibile, quello di Vincino, al secolo Vincenzo Gallo, che i lettori del Foglio e del Corriere della Sera conoscono bene. Dal ‘fatidico' 1968 a oggi, Vincino è stato tra i protagonisti di alcune delle testate satiriche italiane più note, come Il Male, Tango e Cuore, nelle quali ha collaborato con colleghi quali Benigni, Pazienza, Vauro. Il vignettista palermitano è noto soprattutto per la sua attività di satira politica, ma parte da basi di architettura e ama dedicarsi, come artista, anche ad altri generi.

La laurea in architettura, subito gettata alle ortiche?

Ho lavorato come architetto per soli tre mesi, sotto il militare, ristrutturando la casa del comandante ma anche lavorando a un fortino sul Sabotino, da Palermo mi avevano sbattuto a Gorizia. Però devo dire che ho il rimpianto di non aver fatto questo mestiere, in particolare mi sarebbe piaciuto lavorare nell'architettura navale, disegnare navi, che sono le più grandi macchine per muoversi che l'uomo abbia mai creato e hanno una loro straordinaria bellezza intrinseca. È una passione ereditata da mio padre, ingegnere e direttore di cantieri navali.

Pentito della sua carriera di vignettista?

No! Faccio un mestiere meraviglioso, gratificante, divertente.

Cosa la appassiona di più?

La fase di osservazione, direi che è una vera e propria attività di ricerca, visto che parlo con il Cnr. Studio i miei personaggi, le situazioni, le facce, ma soprattutto le emozioni. E poi le butto giù con un tratto rapido, immediato, saltando la matita e lavorando direttamente a penna.

Dunque nessun ausilio tecnico o tecnologico?

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Per spedire ormai devo usare le mail ma per disegnare mantengo il piacere fisico della penna e del blocco, che è equiparabile a quello del libro cartaceo. Ho una tavoletta elettronica ma non la uso.

Avversa la tecnologia?

No, io avverso solo i luoghi comuni e, tra questi, quello pessimistico secondo cui i nostri figli e nipoti staranno peggio di noi. Io credo invece che, proprio grazie allo sviluppo tecnico e tecnologico, i giovani oggi siano immensamente più ricchi e fortunati di noi e che in futuro lo saranno sempre più. Lo diceva anche Keynes, nel 1930, l'anno dopo la grande depressione.

Cosa l'attrae di questo sviluppo?

Basti un esempio: ai miei tempi per conservare un rapporto a distanza bisognava prendere un sacco di gettoni e chiamare, finivano i gettoni e finivano gli amori. Oggi possono connettersi a Internet, chiamare con Skype...

Tornando al suo mestiere, cosa invece non le piace?

La ripetizione. Non riuscirei mai a replicare una battuta, un disegno, una scena, ho bisogno di raccontare ogni volta un pezzo di storia nuovo.

E allora perché insiste con la politica come tema?

Anche lì cerco di cogliere le evoluzioni, i cambiamenti, consideri che ho cominciato a frequentare le Camere nel '78, da allora la classe governativa e parlamentare è cambiata parecchio. E poi mi dedico anche ad altre cose, a ritratti di persone, paesaggi.

Nessun tema scientifico?

Invece sì, ho anche una collaborazione con un giornale che si occupa di salute, Quotidiano Sanità.

L'ultimo argomento di cui si è occupato?

Il diabete. È terribile pensare come il cibo, che è una cosa meravigliosa, possa diventare un veleno, distruggerci.

Ma le sue passioni non sono di tipo scientifico, immagino.

A dire il vero amo soprattutto l'arte, la storia, sono una persona di impostazione umanistica. Tanto che a scuola ho fatto il classico e che in matematica e scienze andavo malissimo, imparavo le cose a memoria, senza usare la logica.

Marco Ferrazzoli