Saggi

Cosa sarà?

di M. F.
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Jacques Attali è una figura trasversale, un po' come Sebastiao Salgado, si muove tra l'attività di economista, banchiere, filantropo e giornalista. Ed è divenuto celebre quando l'allora presidente francese François Mitterrand lo chiamò come consulente. Oggi, tra l'altro, è attento ai progetti di economia positiva della Comunità di San Patrignano e di Letizia Moratti.

Attali ha rielaborato la sua 'Breve storia del futuro' dopo un decennio segnato da cambiamenti fondamentali: crisi finanziaria, fondamentalismo islamico, ruolo degli Stati Uniti, climate change, nuove tecnologie. E dichiara già dai versi di George Byron posti in esergo al libro - “È triste! È tutto un'illusione: / Il futuro ci inganna da lontano” - la preoccupazione per un domani del quale dobbiamo assumerci appieno la responsabilità: “È oggi che si decide cosa sarà il mondo nel 2050 e si prepara quello che sarà nel 2100”. Le alternative secondo l'autore sono due: vivere in un pianeta sovrappopolato in alcune aree, invecchiato in altre e di conseguenza segnato da diseguaglianze e tensioni progressive, oltre che depauperato indiscriminatamente delle sue risorse naturali; oppure arrivare “all'insediamento di un governo mondiale democratico”, se “l'umanità farà marcia indietro” e allo stesso tempo crescerà una nuova categoria di “iperumani”, “particolarmente sensibili” alle innovazioni sociali, alla lotta contro la povertà, alla tutela della libertà. Questa “iperdemocrazia” potrà essere secondo Attali la “quinta ondata”, a seguire la prima (2015-2025) con la caduta dell'Impero Americano, la formazione di un mondo policentrico, l'“iperimpero” e poi l'“iperconflitto” della quarta ondata.

Si torna sui temi affrontati nell'editoriale dello scorso Almanacco della scienza, parlando del saggio 'Progresso' in cui Carlo Altini avverte come “i progetti utopici di emancipazione possono rovesciarsi nel loro esatto opposto”. L'idea della storia accesa nei secoli dei lumi e del positivismo è stata affievolita, nel secolo scorso, da totalitarismi terribili e conflitti planetari, stimolando una teoria di riflessioni critiche che va da 'La crisi del progresso' di Georges Friedmann a 'L'idea di progresso. Possiamo farne a meno?' di Massimo L. Salvadori, fino ai recenti 'Illiberal Reformers' di Thomas C. Leonard (Princeton), sulle contraddizioni della “progressive era”, e 'Sulla modernità' di Shmuel Noah Einsendstadt (Rubbettino), che evidenzia la caratteristica dei nostri tempi di aggregare fenomeni regressisti come l'integralismo islamico.

Perché così spesso riteniamo di trovarci a un punto epocale e critico di una vicenda antropica che, ricorda Attali, prosegue da circa 700.000 anni? Forse ad attrarci è anche il what if al quale lo stesso saggio si diverte a giocare: se non ci fosse stato Napoleone, la Rivoluzione francese sarebbe sfociata in una repubblica parlamentare con un secolo di anticipo; se Gavrilo Princip non avesse ucciso l'erede al trono Francesco Ferdinando “la prima guerra mondiale non sarebbe scoppiata” (forse); se Adolf Hitler non avesse invaso l'Unione Sovietica, non sarebbe scoppiata la seconda (ma sarebbe stato meglio?). Attali da un lato afferma che “la Storia obbedisce a leggi che permettono di prevederla e indirizzarla”, dall'altro ammette che è “assurdo tentare di prevedere il futuro”: la nostra speranza di determinare il domani è condizionata dall'analisi di quanto è accaduto ieri, per quanto sia imponderabile l'intreccio tra essere e divenire che ci ha portati all'oggi.

 

titolo: Breve storia del futuro
categoria: Saggi
autore/i: Attali Jacques 
editore: Fazi
pagine: 238
prezzo: € 17.50

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