Cristianesimo a fine corsa, almeno come religione
di Marco FerrazzoliLuca Diotallevi affronta la crisi del cristianesimo confessionale. Un tema di grande rilevanza iscritto nella concezione di modernità dominante dal XVI secolo in Europa e visto soprattutto a partire dalla fine del XX secolo e dal concilio Vaticano II
Il saggio di Luca Diotallevi 'Fine corsa' affronta secondo un'ottica originale, non banale e piuttosto complessa, un tema di grande rilevanza cioè “La crisi del cristianesimo come religione confessionale” o, per essere più precisi, del “cristianesimo confessionale come religione dell'equazione” tra (“cristianesimo e religione”). La complessità deriva da un lato dal carattere specialistico del saggio, che non indulge agli stilemi di moda nell'attuale dibattito pubblico, quali le considerazioni pro e contro la popolarità di Papa Francesco; dall'altro, dalla confusione con la quale si parla di fede, confessione, religione e chiesa, quasi si trattasse di sinonimi.
Il tema centrale del lavoro è però noto a tutti, cioè la crisi iscritta nella “più ampia vicenda della variante di modernità dominante almeno dal XVI secolo nel teatro dell'Europa”, cioè quella laica e secolare, ma coagulata soprattutto “a partire dall'ultimo terzo del XX secolo”. In tale datazione è ovviamente nodale il concilio ecumenico Vaticano II, sorta di termine finale del tempo “in cui il cristianesimo aveva esercitato una grande influenza sulla cultura dominante”, sia come “religione cristiana” sia in quanto “cristianesimo come religione”. L'autore vede cioè un legame “essenziale e bidirezionale” tra “la fine dell'equazione tra cristianesimo e religione e il processo di globalizzazione”.
Il cinquantennio post-conciliare “illustra con dovizia di dettagli la drammaticità della questione”, la “sostituzione totale o parziale" del cristianesimo quale religione nell'ambito della “crisi di ogni forma di autorità” e della "dominanza sociale del cristianesimo”. Non si tratta però solo della già citata “secolarizzazione”, pur giunta alle sue “più radicali espressioni”, come attesta la partecipazione ai riti “ormai ovunque in costante decrescita”, poiché questa si inserisce in un contesto più ampio: “Le esperienze extra-religiose di matrice cristiana (in politica, nelle istituzioni scientifiche e accademiche, nelle relazioni tra generi e nella vita matrimoniale, nelle istituzioni educative e dell'istruzione, in economia, ecc.) sono ormai entrate in una crisi per tanti versi ancor più dura di quella in cui versa il cristianesimo religioso”.
Tale crisi convive in effetti con “una ripresa quantitativa del fenomeno religioso su scala globale”, ma “di un religioso che ha assunto forme molto diverse”: low intensity religion, unchurched spirituality, democratization e mediatization of religion, per usare le espressioni anglofone citate nel saggio. Un "religious booming" accompagnato paradossalmente, pertanto, “da una crescente crisi delle forme della religione cristiana tradizionalizzatesi negli ultimi secoli”. Per citare Niklas Luhmann, “la società moderna non ha ancora trovato la sua religione”, ma la sta cercando e – sostiene Diotallevi - se il cristianesimo “non partecipa a questo religious booming è pur vero che il processo in corso” lo attraversa e “contamina”, poiché “nel cattolicesimo religioso il confine che lo separa dalle nuove forme del religioso appare poroso”.
titolo: Fine corsa. La crisi del cristianesimo come religione confessionale
categoria: Saggi
autore/i: Diotallevi Luca
editore: EDB
pagine: 270
prezzo: € 23.00