Nuovi ponti
Lo scopo del libro "Neuroscienze traslazionali" di Antonio Cerasa, responsabile della Comunicazione all’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica del Cnr, è definire i confini di una nuova branca che negli ultimi anni sta avendo enorme fervore intellettuale, ma che non ha ancora una precisa collocazione teorica. Pubblichiamo uno stralcio su concessione dell'editore e dell'autore
Le neuroscienze fin dai loro albori sono state contaminate e contaminanti, con una spiccata predisposizione alla traslazione, ovvero alla trasferibilità di saperi e metodi tra discipline diverse. Si pensi ad esempio allo sviluppo delle neuroscienze cognitive, che mirano a integrare tra loro metodi e tecniche di discipline diverse (ad esempio, neuroscienze e psicologia cognitiva) per indagare il funzionamento di processi cognitivi come la memoria, l’attenzione o il linguaggio e la loro implementazione nel cervello. Oppure si pensi alla neuropsicologia che, nell’alveo delle neuroscienze cognitive, mira a valutare, interpretare e, sperabilmente, riabilitare le funzioni cognitive in pazienti con lesioni cerebrali acquisite (ad esempio a causa di un ictus) o progressive (come nel caso delle demenze).
Nel corso degli ultimi anni la traslazionalità, intrinseca nelle neuroscienze, sta però assumendo una nuova forma. Le sfide a cui devono rispondere i ricercatori che lavorano in questo settore stanno diventando sempre più complesse e pressanti anche a causa del fatto che patologie psichiatriche o neurologiche non sempre trovano, ancora oggi, efficaci forme di cura. Percepite sia dal mondo industriale che da quello della ricerca di base, tali sfide richiedono la presenza di una nuova figura professionale, quella del neuroscienziato traslazionale, che si ponga come obiettivo il trasferimento delle scoperte della ricerca di base ai bisogni della ricerca applicata. Le neuroscienze traslazionali sono una nuova branca, che ha lo scopo di far confluire le conoscenze da svariati settori scientifici per ridurre la distanza (la famosa death valley) tra la ricerca di base e quella applicata, per aiutare i medici ad affrontare in maniera più precisa ed efficace la sfida relativa all’aumento esponenziale delle malattie mentali.
Ma per farlo c’è bisogno di formare una nuova generazione di neuroscienziati. “Il neuroscienziato traslazionale è un ricercatore sul campo (non di laboratorio) capace di cogliere il forte connubio tra quel determinato bisogno che la società lamenta e la presenza nel campo della ricerca di risorse, idee o strumenti che potrebbero soddisfare quella richiesta". Una nuova forma “ibrida” che permetta, a chi si occupa di studiare e curare le malattie mentali, di muoversi “trasversalmente” in tutti i settori scientifici, senza barriere o impedimenti. In generale, il neuroscienziato traslazionale parte da una domanda clinica all’interno del suo settore (Life Sciences) e poi si muove negli altri domini (Physical science Engineering o Social sciences Humanities) per cercare un metodo/strumento/applicazione utile per traslare le sue scoperte in ambito applicativo”.
Il libro propone anche la creazione di un indice di traslazionalità. “Un semplice numero che misura la distanza intercorsa tra il settore della ricerca di origine e il settore in cui ci si è mossi per andare a trovare un approccio/trattamento/metodo/strumento utile per risolvere problemi annessi alla cura e trattamento delle malattie mentali. Un numero che va da 0 a 340, che corrisponde alla somma di tutti i sottosettori del pannello erc”. Nel volume vengono presentati, inoltre, i settori più innovativi in cui le neuroscienze potranno aiutare i clinici con risultati più consistenti per la medicina di precisione e soprattutto per aiutare la popolazione a capire l’importanza della ricerca in questo settore scientifico.
titolo: Neuroscienze traslazionali
categoria: Saggi
autore/i: Antonio Cerasa
editore: Carocci Editore
pagine: 164
prezzo: € 15,20