Specialistica

Schliemann, autodidatta e autocelebrativo

Copertina del volume Schliemann alla ricerca di Troia
di Sandra Fiore

Uomo d’affari divenuto ricchissimo, instancabile viaggiatore, coronò il sogno coltivato da bambino di trovare i resti della città di Troia. Da self made man mise a punto il metodo stratigrafico in archeologia e seppe abilmente costruire di sé un'immagine eroica, romanzando la propria vita. Un saggio di Massimo Cultraro, ricercatore del Cnr-Ispc rivela gli aspetti meno noti dell’archeologo e descrive le vicende che portarono alla grande scoperta

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La distruzione di Troia e l’epopea di Enea profugo sono tra gli argomenti più commoventi e suggestivi dell’epica classica. A essa si appassionò fin da ragazzo Heinrich Schliemann (1822, Neubukow-Germania; 1890, Napoli), archeologo e studioso cui si deve la scoperta della omerica Ilio. Nella sua auto-biografia, racconta che all’età di otto anni rimase folgorato da una litografia raffigurante Enea con Anchise sulle spalle, mentre fuggivano da Troia in fiamme e da lì “immaginò che qualcosa di quella città fosse rimasto”. Affidato a uno zio in seguito alla morte prematura della madre, ebbe poi modo di ascoltare i versi di Omero dal figlio di un pastore protestante, che gli impartì le prime lezioni di greco antico.

Il desiderio di identificare la città sepolta, emblema dello scontro tra Oriente e Occidente, accompagnò sempre i pensieri del giovane Schliemann, fino a quando non riuscì a mettere piede per la prima volta nella Troade. Era il 1868: da questo momento portare alla luce Ilio, esistita nel II millennio a.C., divenne la sua vera ragione di vita. Grazie allo studio, alla tenacia, all’abilità diplomatica e all’ingente disponibilità economica accumulata, riuscì non solo a individuare la città di Priamo e il suo tesoro, ma effettuò scavi a Micene, restituendoci il corredo funerario regale comprendente la famosa Maschera d’oro di Agamennone.

Massimo Cultraro, archeologo e ricercatore del Consiglio nazionale delle ricerche, esperto di civiltà minoica e micenea, nel libro "Schliemann alla ricerca di Troia", - il primo della collana "Grandi imprese della storia", del Corriere della sera - conduce il lettore, passo dopo passo, nella straordinaria vita dell'archeologo, scrutandone la personalità contraddittoria, lo spirito di intraprendenza tra luci e ombre, la capacità di tessere relazioni; nello svolgersi delle vicende non mancano le perplessità sollevate dal coevo mondo accademico e dai detrattori, nel tentativo di offuscare l’immagine dell’autodidatta. Nato da una famiglia umile, fu infatti avviato presto al lavoro. Abile negli affari, raggiunse una ricchezza tale da consentirgli di dedicarsi allo studio della storia del Mediterraneo antico, di viaggiare instancabilmente, dalla California alla Cina, dall’America Latina all’Italia, all’Egitto, arrivando a conoscere 15 lingue. Sullo sfondo della biografia, il fermento dei rapporti commerciali tra i turchi Ottomani e l’Occidente, che consentì la produzione delle elaborazioni cartografiche della Troade e la circolazione di reperti i quali andarono ad arricchire le prime raccolte museali europee, come quella del British Museum.

Il mito di Troia è sopravvissuto alla sua distruzione e da sempre esercita un irresistibile fascino. Tant’è che divenne elemento fondativo per l’Europa, spiega Cultraro. Non solo la civiltà romana, ma anche Burgundi, Goti, Teutoni, Britanni, popoli barbarici, rintracciarono nei profughi troiani e nei discendenti l’origine dei loro regni. Il fil rouge che sottende la vita del protagonista è il desiderio di contribuire alla ricostruzione di questo frammento di storia del mondo antico e di essere celebrato per un’impresa eccezionale. Infatti, “le vicende di Heinrich Schliemann continuano ad alimentare, a quasi due secoli, uno dei miti della storia dell’archeologia, la disciplina che egli stesso contribuì a creare, essendo pioniere dello scavo stratigrafico”.

Il saggio ripercorre le vicende di scavo sulla collina di Hissarlik, dove il viceconsole britannico Frank Calvert aveva acquistato i terreni, avendo già ipotizzato di poter trovare le rovine della città. Nella seduta del Royal Archaeological Institute of London del 7 luglio 1865, venne data la notizia del ritrovamento di “Un elemento architettonico con iscrizione riferibile a un tempio di Atena. Pochi misero in relazione la notizia con le fonti antiche relative ai pellegrinaggi e sacrifici in onore di Atena Iliaca”. La notizia fu colta invece in tutta la sua portata da Schliemann con l’intuizione che lo porterà, tra il 1872 e il 1873, a coronare il sogno di bambino.

Tra le doti dell’archeologo è da riconoscere una capacità tutta moderna di comunicare la sua vita romanzandola. “L’autobiografia dello studioso, scritta nel 1881 all’apice della sua popolarità, non è solo un percorso intellettuale, spesso viziato da ricostruzioni al limite dell’immaginifico nel quale il protagonista tenta di mettere insieme episodi in apparenza isolati, ma preconizzanti un futuro di gloria; è in primo luogo un’immagine artificiosamente costruita e assegnata ai posteri”, scrive Cultraro. In sintesi, “egli ci trasmette l’immagine del self made man capace di trasformare i sogni giovanili in stupefacenti successi in archeologia”. Della prima biografia, scritta da Emil Ludwig, apparsa in Germania nel 1931 e l’anno successivo in Italia, furono vendute oltre due milioni di copie solo nel primo anno di edizione.

Titolo:  Schliemann alla ricerca di Troia
Categoria: Specialistica
Autore/i:  Massimo Cultraro
Editore:  Corriere della sera
Pagine: 158
Prezzo: 7,90 

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