Narrativa: Movimento

Sulla strada, verso casa

Copertina
di Manuela Faella

È l'estate del 1991, Daniele ha diciassette anni e questa è la sua prima vacanza da solo con gli amici. Due settimane lontano da casa, da vivere tra spiagge, discoteche, alcol e ragazze. Ma c'è qualcosa con cui non ha fatto i conti: se stesso. È sufficiente un piccolo inconveniente nella notte di Ferragosto perché decida di abbandonare il gruppo e continuare il viaggio a piedi, da solo

 

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E' naturale, per chi conosce gli ultimi lavori di Mencarelli, che siano in prosa o in poesia (Tempo circolare -Tutto chiede salvezza) metterli a confronto e chiedersi dove siano le similitudini e le differenze, dov’è che Daniele si conferma, definisce  e ricalca i suoi confini e dove, invece, tenta di varcarli e di spingersi più in là. “Mi dovrei far bastare questo: sono figlio dei miei genitori. Figlio di questo pianeta. Ma perché non mi basta? Perché mi ritrovo a scavare dentro le cose, le persone? Lo faccio perché voglio capire. Perché una volta capito tutto, avrò la cura a questo dolore che porto da sempre. Alla nostalgia che mi parla in una lingua che non capisco. Io non lo voglio più vivere questo dolore. Non voglio più vivermi dentro”. Ecco, questo è il Daniele Mencarelli che si conferma nei suoi interrogativi, nei suoi dubbi cosmici, nella sua non accettazione dell’apparente nonsenso delle cose. Sempre le grandi domande, a cui a diciassette anni è ancora lecito sperare di trovare le risposte. E lo fa utilizzando il “suo” linguaggio, riconoscibile e incisivo, diretto e comunque sempre incredibilmente poetico. Il suo linguaggio di sempre.

In questo suo ultimo lavoro “Sempre tornare” (Mondadori), però, sembra essere grande assente la malattia, sia quella fisica e straziante dei bambini del Bambin Gesù, sia quella mentale del Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) e del manicomio degli ultimi, sia quella di suo figlio. Sembrerebbe scomparso il dolore con la D maiuscola e anche la sbronza di ferragosto al Cocoricò di Riccione, da dove tutto parte, si rivela molto, molto lontana dall’alcolismo in altri scritti trattato. Ci avviciniamo, invece, a quella sterminata letteratura di viaggio e di esplorazione dalle origini antichissime - impossibile anche solo fare qualche esempio senza incorrere in imperdonabili dimenticanze -, ovvero al tentativo di allargare il più possibile la vita, visto che non si può allungare.

Mencarelli ci sorprende con questo nuovo libro, un libro che ne contiene tanti, più che a un romanzo fa pensare a una raccolta di racconti, uno per ogni personaggio che incrocerà lungo la strada, uno per ogni storia che vivrà, uno per ogni cosa che imparerà: “Ho quindici giorni di tempo, tanta strada da fare. Sarà questo viaggio il mio punto di svolta. Riuscirò a capire. Le risposte arriveranno. Magari da chi meno me lo aspetto”. E così inizia il suo percorso solitario, il suo appartato ritorno verso casa, dopo essersi lasciato alle spalle i suoi amici con cui avrebbe dovuto passare la sua prima vacanza da diciassettenne senza genitori.

Mettersi in cammino, con autostop e senza documenti: una splendida sfida, sa di avventura rigenerante e chiarificatrice, sa di contatto ripetuto con se stesso e di continua presenza e attenzione all’attimo presente, sa di volti e storie nuove, di emozioni sconosciute, fuori dai propri schemi, dalle proprie abitudini, dalla propria comfort zone. Nonostante il dubbio iniziale (“La mia scelta, tutto questo viaggio, è una enorme ragazzinata che rischia di diventare pericolosa. E poi per cosa veramente?”), Daniele si avvia con curiosità ed entusiasmo verso il suo ignoto itinerario…

Enrico e la sua splendida villa da miliardario, Annamaria con i suoi capelli bianchi come la neve e la sua fede, e poi Alberto con sua figlia Emma, la loro storia dopo la morte della moglie e madre e la scoperta dell’amore nascosto dentro al rosso dei capelli di Emma: “È questa cosa lancinante l’amore?”. Ma il viaggio e le soste troppo lunghe costituiscono un ossimoro, ragione per cui Emma diventa presto passato e il pensiero “Non esiste altro modo per dimenticarla che sovrapporle un amore più grande” si trasforma in “Affogherò Emma in un primo, secondo e contorno”, grazie ai soldi che Alberto gli mette in tasca prima di partire.

E poi ancora il vecchio contadino Veleno con le sue pecore, poi Gianni, Manlio… la meta si avvicina, nella macchina successiva una musica conosciuta, quella degli apostrofi e degli accenti romaneschi: “Ciao, devo arrivare a Roma”. “Sei de Roma?” “Sì, pure voi scommetto” “’Ndo abbiti a Roma? C’hai ’na faccia conosciuta”.  “Sto ai Castelli Romani, voi?” “Noi? Se la semo girata ’n po’ tutta”.  “Io me chiamo Daniele”. Daniele è tornato a casa.

titolo: Sempre tornare
categoria: Saggi
autore/i: Daniele Mencarelli
editore: Mondadori
pagine: 324
prezzo: 18,00

 

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