Uno degli effetti causati dal processo di infodemia a cui siamo esposti - soprattutto con la pandemia da Covid e con la guerra in Ucraina - viene definito come “psychological numbing”, ossia intorpidimento psichico. Si tratta di una tendenza degli individui o delle masse a concentrare l'attenzione su esperienze traumatiche o su future percepite come molto pericolose, anche se con bassa probabilità di concretizzarsi, per esempio un collasso economico-finanziario, l'uso di armi nucleari.
Questa reazione delle masse è alimentata dal mondo dei media, che pulsa continuamente nuove notizie catastrofiche, più o meno oggettive, allo scopo di arrivare a una maggiore platea di pubblico. In questo processo, che ha raggiunto livelli esponenziali durante la pandemia e ora con la guerra in Ucrania, trova poco spazio comunicativo la figura scientifica dello psicologo, percepita dalla popolazione solo come "opinionista", il cui ruolo è (implicitamente) destinato ad alimentare il fenomeno ricorsivo dell’infodemia.
Differentemente da altre discipline utilizzate durante la pandemia (virologia, immunologia, pneumologia, epidemiologia, infettivologia), la psicologia ancora oggi non viene percepita come una professione "scientifica" pari alle altre. Il motivo principale sta nello strumento di trattamento. Infatti, lo psicologo non tratta (né può trattare) le malattie con farmaci, ma con quel complesso strumento definito nell’800 da Josef Breur “talking cure”, la terapia della parola. Uno strumento utilizzato per trattare alcune delle più importanti e diffuse malattie della mente umana.
Ricordiamo che l’European Brain Council (EBC) nel 2010 ha fornito una stima del peso delle malattie mentali sull’economia e sulla salute pubblica, da cui è emerso che un terzo dei cittadini europei (circa 179 milioni di persone) era affetto da almeno un disturbo mentale. La patologia più costosa in assoluto è la depressione (113 miliardi), seguita dalle demenze (105 miliardi). Ma questi disturbi sono meno frequenti rispetto al più ricorrente disturbo mentale europeo, l’ansia, rilevato in oltre il 61% della popolazione.