L’utile inutilità dell’omeopatia
Nel volume, il farmacologo Silvio Garattini solleva la contradditoria questione del riconoscimento legale ma non scientifico di questa pratica medica. E si chiede: "È possibile che esistano norme giuridiche per regolamentare prodotti che non contengono nulla?”
Silvio Garattini sta all’omeopatia come il compianto Paolo Bianco a Stamina. Se l’ex direttore del laboratorio di Staminali della Sapienza ha condotto una battaglia a viso aperto contro il sedicente 'metodo’ di Davide Vannoni, il farmacologo fondatore e direttore dell’Istituto Mario Negri è impegnato da anni nel fronteggiare quella farmacologia “alternativa” che reputa “acqua fresca”. Se Bianco, prima di morire prematuramente, ha però potuto giungere a una vittoria definitiva, con il pronunciamento di inefficacia del protocollo di Vannoni, accompagnato da una conclusione altrettanto adamantina dell’iter giudiziario, il verdetto sull’omeopatia è ancora aperto. Ed è forse per questo che il titolo della collettanea curata da Garattini per Sironi porta un punto interrogativo: 'Acqua fresca? Tutto quello che bisogna sapere sull’omeopatia’.
Ad accomunare i due ricercatori è il coraggio di impegnarsi in prima persona per un chiarimento pubblico su temi e tesi che incontrano il favore popolare nonostante la loro mancanza di accreditamento scientifico. I due esempi sono in tal senso calzanti, omeopatia e Stamina, infatti, rientrano nella problematica della “diffusa incompetenza scientifica di base” che l'introduzione del libro definisce particolarmente grave quando “si tratta di adottare decisioni politiche”. E nella tendenza a ridurre ogni dibattito su temi scientifici in un “chiacchiericcio mediatico”: questione cui, ricordiamo, l’Almanacco della scienza ha dedicato un Focus monografico.
In tale spettro Garattini e i suoi coautori affrontano esaustivamente, pur nell’agilità della pubblicazione, una questione particolarmente contraddittoria: l’omeopatia è infatti riconosciuta in qualche modo sul piano legale ma non su quello scientifico e la valutazione che il saggio propone è che la pur legittima libertà di cura non vada “necessariamente rimborsata con i fondi pubblici”, date le “limitate risorse” a disposizione della Sanità, e che comunque “una scelta è libera solo quando è informata correttamente”. Ma se sull’omeopatia “la posizione della comunità scientifica” è “già chiara” e “con solidi argomenti” in senso contrario perché norme e istituzioni pubbliche non lo dicono in modo netto come è accaduto per Stamina?
La terapia “del simile” teorizzata nell’'Organon’ da Hahnemann conta su moltissime testimonianze di efficacia, anche se in assenza di prove e studi sperimentali e, anzi, contro diversi risultati che la smentiscono (in ultimo una colossale indagine epidemiologica australiana). La diluzione del principio di base nei prodotti omeopatici giunge a livelli di 1 su 1012 (come due milionesimi di litro in una piscina olimpionica), nella soluzione quindi resta solo solvente, e la “memoria dell’acqua” in base alla quale se ne conserverebbe l’efficacia attesa è stata smentita in pieno, ancorché a suo tempo pubblicata su Nature dall’autorevole Benveniste e sostenuta dal premio Nobel Montagnier. La presunta efficacia consiste quindi in un effetto placebo, nella trasformazione di nessi causali in casuali, in mere remissioni spontanee?
Il problema nasce nel momento in cui Regioni come la Toscana equiparano sostanzialmente l'omeopatia alla medicina “allopatica” o “tradizionale”, le università propongono percorsi formativi per omeopati, che comunque sono medici, e a fornirci il prodotto sono e possono essere solo farmacisti; d’altra parte, però, i prodotti omeopatici non possono riportare indicazioni terapeutiche e non possono essere somministrati in via parentale o sottocutanea. La confusione per l’utente-cittadino-paziente finale è più che comprensibile…
“È possibile che esistano norme giuridiche per regolamentare prodotti che non contengono nulla?” si chiede Garattini. Sì, se, nella confusione che abbiamo descritto, l’ambiguità finisce in qualche modo per convenire a tutti: all’industria dell’omeopatia che ovviamente ci guadagna, alla politica che evita l’impopolarità tollerando una pratica gradita a molti e, forse anche al sistema sanitario, che paradossalmente 'risparmia’ grazie all’uso di questi prodotti. L’omeopatia, insomma, è inutile per la scienza ma utile a molti altri soggetti.
titolo: Acqua fresca?
categoria: Saggi
autore/i: Garattini Silvio
editore: Sironi
pagine: 155
prezzo: € 14.90