Faccia a faccia: Guerra

Al Csc per riscrivere il copione della mia vita

Sahraa Karimi
di Patrizia Ruscio

La regista afgana Sahraa Karimi, visiting professor al Centro sperimentale di cinematografia, racconta gli ultimi giorni di Kabul e i primi della sua nuova vita in Italia, tra un viscerale senso di solitudine e nuovi progetti

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Lo scorso 13 agosto la regista afgana Sahraa Karimi rivolgeva un accorato appello alla comunità cinematografica internazionale. Due giorni dopo riusciva a fuggire dal suo Paese occupato dai talebani e di lì a poco accettava l'incarico di visiting professor per l'anno accademico 2021/2022 presso il Centro Sperimentale di Cinematografia-Scuola nazionale di cinema, dove insegna innovative storytelling in lingua inglese. È la prima donna afghana ad aver conseguito un PhD in cinema e ad aver diretto l'Afghan Film Organization. Il crollo di Kabul è stato un dramma che ha vissuto sulla sua pelle, ma non  smette di credere nella forma dell'arte e nel potere delle donne di creare un nuovo racconto di sé stesse e della realtà, convincente al punto da riscrivere la storia.

Come si sono svolti gli eventi dopo il 13 agosto?

Dopo la fuga da Kabul sono andata prima in Ucraina e poi a Venezia, per la Festa del Cinema. Qui ho incontrato Marta Donzelli e lei mi ha offerto una posizione di visiting professor al Centro sperimentale di cinematografia. Avevo bisogno di lavorare, in Afghanistan ho perso tutto. Visitare Roma è sempre stato uno dei miei più grandi desideri ma ora che ci vivo non riesco a godere della bellezza di questo città. Ho vissuto un trauma enorme e non mi sono mai sentita così sola.

Cosa la sta aiutando in questo momento?

Camminare. Ho cominciato a camminare e, lentamente, sto ricominciando a vivere. Ci sono giorni in cui cammino dalle 4 alle 6 ore, prendo le mie scarpe da ginnastica inizio a camminare ovunque. Questa attività costante contribuisce a migliorare il mio umore.

Com’era la sua vita prima della fuga?

Non ho mai avuto una vita facile a essere onesti, sono una donna diversa dalla maggior parte delle afghane. Ho studiato in Europa e di conseguenza il mio approccio alla vita è molto diverso dal loro.

In che senso?

Sono una persona libera e dalla mentalità aperta. Non giudico mai le persone per le loro convinzioni, il loro aspetto fisico o altro e in Afghanistan non sono ben viste le donne istruite che hanno le loro idee. Ho avuto molti problemi con la società afghana ma l’ho presa come una sfida: dovevo provare a me stessa che ero in grado di portare cambiamenti nel mondo del cinema. Ho lottato molto contro la mentalità della gente, ma ogni giorno mi svegliavo piena di energia. Ho sempre creduto nella mia generazione anche negli scorsi 6 mesi, prima della caduta di Kabul. E improvvisamente, nel bel mezzo di un giorno normale, ogni cosa è crollata.

Sahraa Karimi

Come pensa che la situazione si evolverà?

Spero che l’organizzazione internazionale non riconosca i talebani, perché se li riconoscerà sarà l’inizio della grande distruzione dell’Afghanistan. Spero che la comunità internazionale spinga i talebani ad accettare alcuni cambiamenti o a includere altri partiti nel Governo, solo così la situazione potrebbe cambiare in positivo.

Chi sono i registi e gli attori della sua formazione?

I miei registi europei preferiti sono Antonioni e Bergman.

Nel suo film “Hava, Maryam, Ayesha” parla della soggezione maschile al patriarcato. Le nuove generazioni hanno cambiato mentalità nei confronti delle donne?

Nei miei film mi sono ispirata alle donne nelle diverse situazioni di vita. Credo molto nel potere delle donne e nella sorellanza e le traduco nei miei lavori. Le donne rappresentano il 50% della popolazione afghana e le nuove generazioni sono molto talentuose e stanno combattendo moltissimo per raggiungere i loro sogni. Non è molto facile perché c’è da lottare contro la società, contro la famiglia, ci sono da abbattere una serie di muri, ma le giovani sono forti, e molti risultati che abbiamo raggiunto nell’arte e nella cultura li dobbiamo alle artiste.

Se nasci in Afghanistan e tu, uomo o donna, vuoi diventare un artista, qual è la reazione dei genitori?

La nostra è una società molto tradizionale, che non incoraggerebbe mai i loro figli a studiare cinema e diventare un attore o un'attrice perché pensano che siano mestieri poco remunerativi. I ragazzi e le ragazze che scelgono di diventare artisti combattono molto.

Sta lavorando a un nuovo film?

Sì, sto lavorando a “Flying from Kabul”, un film autobiografico che parla della mia fuga da Kabul. Ora sono nel pieno del processo di scrittura e credo che sarà pronto a primavera 2023.

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