Faccia a faccia

La tv? Deve formare e informare

pippo baudo
di Maria Teresa Orlando

Pippo Baudo ha fatto la storia della televisione italiana. Diventato famoso con 'Settevoci', ha condotto tra gli altri 'Canzonissima', 'Domenica in', 'Fantastico', il Festival di Sanremo, ma anche programmi di approfondimento. Secondo il presentatore siciliano, quello che manca ai format di oggi è soprattutto l'elemento culturale

Pubblicato il

Condividi

pastedGraphic.png

Pippo Baudo, conduttore televisivo per eccellenza, ha attraversato decenni di storia del costume e della televisione italiana. Diventa famoso con 'Settevoci’, bissando il successo, qualche anno più tardi, con le varie edizioni di 'Canzonissima’. Sono gli anni Sessanta e Settanta e il sabato sera le famiglie italiane sono inchiodate davanti alla tv, è l’epoca del boom economico, dell’alfabetizzazione, il momento d’oro del varietà. Ma è con gli anni Ottanta che Baudo raggiunge il culmine del successo, con 'Domenica in’, 'Fantastico’ e il 'Festival di Sanremo’. Dopo una breve parentesi come direttore artistico a Canale 5, negli anni Novanta torna in Rai con 'Serata d’onore’, 'Papaveri e papere’, 'Giorno dopo giorno’, 'Novecento’, 'Il viaggio’, per citare i più noti. 

È stato autore e conduttore dei principali programmi della televisione. Cosa pensa dei format di oggi?

Che manca l’elemento 'chimico' della cultura. Se vuole assolvere il suo compito di servizio pubblico, un programma deve riuscire a dire alla gente quello che ancora non sa, deve essere formativo e informativo. Oggi i programmi sono studiati per sconvolgere la gente, utilizzano effetti forti. Troppi spazi, troppi canali e reti da riempire.

Non salva nemmeno i programmi di intrattenimento scientifico? Ha visto la trasmissione di Giusti 'La papera non fa l’eco’?

Ho molta simpatia per Max Giusti, ma non ho ancora visto la sua trasmissione. Un programma che parla di scienza però va realizzato in maniera attenta, perché l’argomento è serio. La televisione può essere uno strumento di integrazione e miglioramento culturale molto più potente della scuola.

E allora perché non pensare a un nuovo format con la scienza protagonista? Se la sentirebbe di scommetterci?

Perché no? Un format di scienza, parliamone, la sfida mi piace.

Ma il Pippo Baudo studente, com’era? Come andava nelle materie scientifiche?

Al liceo le mie materie preferite erano l’italiano e la filosofia. Difettavo in matematica in maniera clamorosa. Ero pigro nel fare di conto, ma è una tradizione familiare, anche mio padre era così. Amavo soprattutto la storia, che ancora reputo meravigliosa, una maestra di vita: certi errori si commettono perché non si conosce il passato e l’uomo finisce così per ripetere gli stessi sbagli.

E c'è un personaggio scientifico di cui è appassionato?

Ettore Majorana che era del mio paese, di Militello. Siamo cresciuti con il mito di Majorana. Secondo Sciascia, non si era suicidato, ma aveva preso il postale che faceva rotta da Napoli a Palermo per poi trasferirsi in Venezuela, dove hanno trovato suoi documenti e foto. Sapere la verità sarebbe bello. Era un grande scienziato, uno dei 'ragazzi di via Panisperna’: Fermi ne era affascinato. Majorana sapeva fare calcoli quantistici e raggiungere vette scientifiche talmente grandi che avrebbe preferito allontanarsi in seguito a una profonda crisi di coscienza. Lo scienziato crea, inventa, scopre, ma deve sempre tenere presente l’uomo come proprio fine: pensiamo all'orrore della bomba atomica...

Se lei avesse una bacchetta magica e potesse far diventare realtà il sogno di una scoperta scientifica, cosa sceglierebbe?

Io sceglierei la ricerca sull’anima. Stiamo vivendo momenti bui e questo Papa con le sue visite frequenti a rappresentanti di altre religioni invita a riflettere. Ho visto la foto di Francesco con i leader islamici, Bergoglio in preghiera senza scarpe nella Moschea blu a Istanbul e ho capito quanta comunanza ci potrebbe essere tra gli uomini. La religione serve per unificare e la scoperta 'scientifica' dell’anima sarebbe la più bella, la più clamorosa, la più totalizzante.

Saper osservare, valutare, porsi sempre nuove domande e obiettivi quanto conta nella vita come nella scienza?

Nella vita di tutti i giorni bisogna guardare bene ai fatti e alle persone, saperla leggere per capire come cambia l’uomo e come si evolve la società. Quella di oggi mi pare però una vera e propria involuzione. Ma mai chiudere gli occhi al progresso e all'innovazione altrimenti si diventa come eremiti. Oggi il mondo è cambiato, è più piccolo e sapere quello che accade dall’altra parte del pianeta in 30 secondi è un grande vantaggio.

Trovarsi al posto giusto nel momento giusto, quanto hanno contato la fortuna o la casualità nella sua carriera?

Se non avessi avuto la fortuna di avere un papà e una mamma che mi dicevano “Vai a Roma e prova”, se non fosse piaciuto molto il provino che feci, non avrei combinato nulla. Certo dopo il primo step, c’è anche il secondo e devi dimostrare che vali. La vita è fatta di scale. Spesso capita di scenderle anziché salirle, ma è comunque educativo perché ti fa capire dove hai sbagliato. Mi viene in mente Papa Bergoglio, quando ricorda l’insegnamento paterno: ”Saluta la gente mentre sali, perché la incontrerai di nuovo quando scendi”.

Cinema, teatro, musica, televisione, tra tanti generi diversi che ha attraversato c’è un filo conduttore?

Il sapere è il filo conduttore. Attraverso un film, un’opera teatrale, la musica, si vengono a conoscere sensazioni diverse che aiutano la tua sfera di conoscenze. La commedia di Pirandello ci parla della società borghese del tempo. La musica parla il linguaggio della melodia. Il cinema propone tante opere interessanti che purtroppo talvolta non hanno una grande distribuzione, ma potrebbe pensarci la televisione. Ad esempio 'La sposa bambina’, sul mondo ebraico, potrebbe essere trasmesso in tv affiancato da un’intervista a un rabbino. La televisione dovrebbe offrire al pubblico più momenti di cultura.

Lei ha ancora voglia di imparare?

La voglia di sapere dipende dal predicatore. Mi ricordo durante il mese mariano, quando ero piccolo a Militello, c’erano dei frati di Siena che avevano un italiano perfetto. Erano grandi affabulatori e quando raccontavano del Vangelo e spiegavano le parabole anche mia nonna, vecchia e non colta, rimaneva affascinata e pur non conoscendo l’italiano perfetto capiva. Mi ricordo in particolare Padre Andrea. Avrò avuto 10 o 12 anni, veniva a casa ospite a pranzo la domenica, si preparavano i piatti più buoni e dopo pranzo io pendevo dalle sue labbra, per sapere, per imparare, per capire.

 

Maria Teresa Orlando

Argomenti