Teatro

Tornare a teatro, tornare in Paradiso

Gorgio Colangeli
di Marco Ferrazzoli

L'Argentina di Roma ha voluto festeggiare il ritorno a teatro mettendo in scena “L'impresa fantastica dell'attore Colangeli”, una recitazione della Divina Commedia a memoria. È grazie alla speranza che Dante ottiene di compiere il viaggio ultraterreno e in questo momento abbiamo bisogno di speranza forse più che di qualunque altra cosa. Per rendere la finalità dell'evento più chiara, Giorgio Colangeli e il musicista che lo accompagna sono vestiti di bianco, come due infermieri, come se ci trovassimo in una corsia di ospedale

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L'Argentina di Roma ha voluto festeggiare il pur parziale e condizionato ritorno a teatro mettendo in scena “L'impresa fantastica dell'attore Colangeli”, titolo in apparenza roboante e personalistico, che il programma per gli spettatori rafforza con una confessione del protagonista: “Perché questo sforzo titanico? Un po' per esibizionismo attoriale, lo confesso”. In realtà lo spettacolo, al quale Giorgio Colangeli lavora da molto tempo, è molto semplice e consiste in una recitazione della Divina Commedia a memoria, con un allestimento scarno: viene da pensare che la scelta dell'Argentina sia stata dettata proprio dalla ottimale combinazione di semplicità produttiva ed efficacia emotiva che esso offre.

Tornare a teatro dopo tanto tempo, ovviamente, è ancor più emozionante di quanto già non lo fosse andarci quando era consentito, sin dal momento in cui si sollevano le cortine e si fa ingresso in sala, specie se in una splendida come questa, non per nulla tra le più note e frequentate della piazza romana. La commedia dantesca, poi, regge gagliardamente a 700 anni di distanza. Prima di tutto perché, dal punto di vista linguistico; mantiene intatta l'affascinante ambiguità di un volgare comprensibile ma molto distante dall'italiano corrente, che quindi impone all'ascoltatore, spettatore o lettore uno sforzo di adattamento. Come Colangeli stesso evidenzia nel suo testo, però, la comprensione letterale e semantica è soltanto l'ultimo degli obiettivi da traguardare, dopo che si è passati per la metabolizzazione emozionale del testo, lasciandosi invadere dalla bellezza intrinseca delle parole, dalla perfezione metrica e rimaria. Riascoltare la Commedia è un po' come confrontarsi con una lingua che si conosce ma non del tutto; o che si è imparata da bambini, da ragazzi, da studenti e poi dimenticata; o forse, ancor più, come se stessimo ascoltando una lingua di una nazione e di un popolo sconosciuti, che scopriamo miracolosamente vicini, simili a noi.

Il secondo, titanico aspetto che non può non travolgere l'interlocutore è l'architettura poetica e teologica dell'opera. Riscopriamo, ascoltando Dante, che da lui derivano la gran parte dell'impalcatura morale sulla quale ci siamo poggiati, almeno fino a qualche tempo fa, e una serie di concetti dai quali comunque non possiamo prescindere, anche laddove non li condividessimo più, a cominciare dai “novissimi”, dalla dimensione soteriologica ed escatologica della fede cristiana.

Infine, entrando nel merito più specifico della performance di Colangeli, c'è la fruizione in forma attoriale. L'interprete sul palco, laddove sia all'altezza di questo sforzo, offre allo spettatore - anche rispetto della mera lettura e all'ascolto esclusivamente vocale, che ci priva della postura e della mobilità di chi recita - la preziosa possibilità di cogliere una serie di gemme che impreziosiscono il testo dantesco. Ad esempio l'uso dell'ironia e dell'autoironia, quello più noto dell'invettiva contro le autorità dell'epoca, ecclesiali in primis, e infine - cosa che nell'ingiustamente sottovalutato Paradiso esplode in maniera incontenibile - la forza dell'amore che lega il protagonista e autore dei versi alla destinataria e coprotagonista Beatrice. Bisognerebbe essere esperti a sufficienza della biografia dantesca, peraltro molto incerta anche per gli specialisti, per poter capire quanto, dell'afflato amoroso di Dante, sia davvero diretto a una persona fisica – o, meglio, alla mancanza di questa - e quanto invece derivi da una stilizzazione idealistica della donna come oggetto dell'amore e strumento della salvezza dell'uomo, inteso come genere umano e sessuale. Se però torniamo con la memoria alle reminiscenze scolastiche e alla differenza tra la forza prepotente, alluvionale dei versi paradisiaci e quella della poesia stilnovistica, sublime ma più formale e retorica, sembra di poter concludere che la sofferta e speranzosa sincerità di Dante sia un plus dirimente.

Proprio la speranza, negli ultimi canti del Paradiso che Colangeli ha recitato nella pomeridiana conclusiva del breve ciclo allestito dall'Argentina, emerge come una caratteristica fondamentale. È grazie alla speranza che Dante ottiene di compiere, ancora in vita terrena, il fantastico viaggio ultraterreno che si conclude con il verso “l'amor che move il Sole e l'altre stelle”. In questo, la scelta del teatro è stata emblematica. Oggi abbiamo bisogno di speranza più che di qualunque altra cosa, forse persino più che della cura il cui bisogno è così ancora forte, vista la diffusione epidemiologica e socio-economica della pandemia. A tal riguardo, per rendere la finalità pubblica e sociale di questo evento ancor più chiare, Colangeli e il musicista che lo accompagna per una breve ma efficace esecuzione finale sono vestiti di bianco, come due infermieri, come se ci trovassimo in una corsia di ospedale dove stanno assistendo una persona malata, di Covid o di qualunque altra patologia. Il “messaggio”, chiaro, di questa semplice ma importante operazione culturale è che dobbiamo tutti sperare nel celere, completo e definitivo ritorno alla normalità. Ma nel contempo dobbiamo anche impegnarci perché questa ripresa non sia scontata, perché si ricordi sempre che il bene e il bello sono un patrimonio da conservare e far fruttare.

 

 

La scheda

Titolo: L'impresa fantastica dell'attore Colangeli

Dove: Teatro Argentina, Roma

Quando: dal 10 al 13 maggio 2021

Cast: Giorgio Colangeli, Diego Dall’Osto (musica), Tommaso Cuneo (chitarra), Vincenzo Di Sanzo (zampogna)

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