Faccia a faccia

Giornalista, anche se nonno non voleva...

giornalista
di Rosanna Dassisti

Scrittore, corrispondente Rai, curatore di programmi tv e intervistatore di grandi personaggi, senatore ed europarlamentare per cinque legislature, Jas Gawronski è anche conosciuto per essere 'amico' di un papa e nipote di un Santo. Nasce da padre polacco e madre italiana, l'amore per il mestiere lo eredita dal nonno Alfredo Frassati, fondatore ed editore de La Stampa di Torino, che però... Oggi presiede la Quadriennale di Roma

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Giornalista e scrittore, corrispondente Rai, curatore di programmi televisivi, senatore ed europarlamentare per cinque legislature, Jas Gawronski è anche conosciuto per essere 'amico’ di un papa, nipote di un Santo  e per le sue interviste ai Grandi della Storia. Nasce nel 1936 a Vienna da padre polacco e madre italiana. L’amore per il giornalismo lo eredita dal nonno Alfredo Frassati, fondatore ed editore de La Stampa di Torino, che tuttavia non lo incoraggia a intraprendere la professione. Adolescente, gira il mondo e comincia la carriera professionale  a 21 anni, collaborando alla Gazzetta dello Sport per approdare alla Rai. Oggi presiede la Quadriennale di Roma.

Suo nonno le diceva: "Occupati di tutto tranne che di giornalismo"…

E invece ho fatto il corrispondente Rai da New York, Parigi, Mosca, Varsavia, sono stato curatore e conduttore di programmi culturali, scientifici e politici nelle reti Fininvest/Mediaset. Mio nonno, essendo un grande giornalista era assolutamente contrario a che io facessi lo stesso mestiere, soprattutto sulla base del fatto che considerava il giornalismo, quando lo esercitava lui, di una certa qualità e invece molto decaduto quando ero io tentato di imboccare la stessa strada. Penso a cosa direbbe oggi… Ho dovuto fare i miei primi passi da giornalista di nascosto, in Polonia, conoscendo la lingua polacca. Poi sono arrivate le collaborazioni con Enzo Biagi, Sergio Zavoli e Ruggero Orlando di cui fui successore a New York.

L’essere polacco le ha consentito di essere 'amico’ di un Papa.

Non parlerei di amicizia. Ho avuto con Papa Wojtyla una frequentazione, in buona parte proprio in quanto polacco, ma soprattutto grazie a mio zio, Piergiorgio Frassati, fratello di mia madre, per il quale Giovanni Paolo II nutriva ammirazione e mostrava grande affetto, tanto che fu proprio lui a sbloccare la causa di beatificazione e, caso rarissimo, a proclamarlo Beato in una sola cerimonia. 

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Anche altri grandi giornalisti, come Indro Montanelli e Alberto Cavallari, hanno avuto incontri con i Papi. Quale la differenza?

Ai tempi in cui Montanelli e Cavallari incontrarono i Papi non era consentito fare certe domande, chiedere chiarimenti o tanto meno registrare e prendere appunti. Io invece ho avuto queste possibilità.

Da corrispondente dall’estero e da viaggiatore, che idea hanno all’estero degli Italiani?

Hanno sicuramente molta simpatia verso l’Italia, che è considerato uno dei paesi più belli al mondo e hanno un’idea molto positiva di poche eccellenze. Il giudizio è positivo su pochi personaggi e poche situazioni.

Dal suo esordio, l’attività di giornalista come è cambiata?

È cambiata la maniera di fare giornalismo e anche il ritmo.  Fino a qualche decina di anni fa i giornalisti partivano per un paese, stavano lì anche un mese, poi tornavano e scrivevano quattro-cinque articoli. Oggi questo non succede più, un po’ perché la gente sa abbastanza di tutto attraverso Internet e poi non ha tanto tempo per leggere. C’è meno tempo per riflettere e meno tempo per scrivere. Con le tecnologie è cambiato tutto: con un telefonino e un computer si può dirigere un giornale!

Quali sono le differenze più evidenti tra il giornalismo italiano e straniero?

Il giornalismo anglosassone è il migliore che esista: su un giornale americano una notizia sbagliata avrà il giorno dopo una rettifica, mentre su quelli italiani non ne escono mai. Sul New York Times si leggono rettifiche anche per correggere errori veramente marginali. Quando poi, su un giornale italiano, leggo qualcosa che mi stupisce, prima di credere che sia vero, ci penso molte volte.

Per anni ha curato e condotto il programma 'Big Bang’, in 'alternativa’ (concorrenza) a Quark, condotto sulla Rai da Piero Angela…

Mi hanno proposto di condurre questo format di divulgazione e, pur non essendo un esperto di scienza, ho accettato. Ed è andato avanti per cinque anni. Non era una concorrenza con Piero Angela, che è un grandissimo maestro e ha cominciato molto prima di me.

Pensa che i programmi che parlano di scienza in maniera divulgativa siano utili?

Sono utili perché stimolano la curiosità nei giovani e sono sicuramente più utili di tutto quello che si vede in televisione, che è molto scadente.

Lei era a Houston con Ruggero Orlando quando, nel 1969, il primo uomo pose piede sulla Luna.

Fu il primo lavoro: appena arrivato alla Rai, a New York, mi mandarono subito a Houston. Non sapevo niente di spazio, ma grazie ad alcuni manuali americani scritti talmente bene e a persone che spiegavano chiaramente, in pochi giorni mi sono sentito come un esperto. In quel periodo trasmettevo molto poco: solo nelle ore morte… quando Ruggero non ce la faceva più.

Nel diverbio tra Ruggero Orlando e Tito Stagno, su quando il modulo lunare avesse davvero toccato il suolo, chi aveva ragione?

Sicuramente Ruggero.

Da Presidente della Quadriennale di Roma, ritiene che nel nostro Paese si presti sufficiente attenzione alla cultura e alla ricerca?

Non se ne presta affatto. L’Italia invece potrebbe vivere di cultura. Il turismo culturale creerebbe posti di lavoro e favorirebbe entrate da reinvestire nella manutenzione dei monumenti, dei siti archeologici, molti dei quali sono in condizioni di degrado inaccettabili. Certo, bisognerebbe cambiare la mentalità della gente che lascia cartacce e immondizie nei pressi dei siti antichi educandola alla bellezza, e attrarre così i visitatori.

Rosanna Dassisti

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