Faccia a faccia

Paolo Fresu: cinquant'anni di ricerca... in musica

paolo fresu
di Elena Campus

Il primo incontro con la musica ce l'ha all'età di 11 anni, ma è a 19 anni che scopre il jazz. Inizia da subito a vincere premi: da 'RadioUnojazz' al Top jazz, fino al Django d'Or come miglior musicista europeo. Partecipa a numerosi progetti ed è impegnato in oltre 200 concerti all'anno in ogni parte del mondo

Pubblicato il

Condividi

pastedGraphic.png

Un progetto ambizioso e un po' folle: 50 concerti in 50 giorni, in 50 posti diversi della Sardegna. Paolo Fresu ha deciso di festeggiare in questo modo il suo mezzo secolo di vita e i più di 30 anni passati in una continua sperimentazione musicale che lo ha portato a diventare uno dei jazzisti più conosciuti e apprezzati al mondo. Una carriera ricca di premi e riconoscimenti, tra i quali il ‘Django d'Or' come miglior musicista europeo, oltre che 350 dischi e collaborazioni con artisti di tutto il mondo.

In questa produzione musicale vastissima a quale si sente più legato?

È davvero difficile dirlo. Ad alcuni prodotti per motivi storici, ad esempio il primissimo disco che ho fatto. Ma dal punto di vista musicale mi viene difficile capire la qualità dei progetti perché sono troppo coinvolto. In genere, l'ultimo lavoro è sempre quello che appassiona maggiormente perché è il più nuovo. In questo momento c'è un'iniziativa che mi emoziona particolarmente: ‘Mistico Mediterraneo'. È un disco uscito con l'importante etichetta Ecm di Monaco, realizzato con un coro corso. Un lavoro maturo, una tappa di arrivo. Tutte ciò che ho fatto in questi anni, comunque, ha una particolarità alla quale sono legato.

Vive tra Bologna, Parigi e la Sardegna. Qual sente la sua ‘casa'?

In questo momento Bologna, perché è il luogo dove abitiamo di più, il più grande. Casa significa famiglia e la famiglia vive lì. Tutti e tre gli appartamenti però ci rappresentano molto. Ognuno, peraltro, ha una particolarità: a Bologna abitiamo sulle colline, quello di Parigi è in centro e in Sardegna c'è ‘la casa', la terra dei miei, dove ho trascorso l'infanzia e dove ho relazioni sociali, amicizie e l'attività. In questo momento la casa, per motivi affettivi, è a Bologna, ma un giorno mi piacerebbe tornare a vivere in Sardegna. 

Nel 2009 ha partecipato a un progetto singolare,‘Etica e genetica', sulle analogie tra jazz e Dna.

È stata un'idea ‘folle' di Paolo Vineis, un ricercatore che lavora in Inghilterra, amico di Angelo Palmas, il presidente dell'ente musicale di Nuoro in cui insegno da anni. Vineis sostiene che la struttura del Dna è molto simile a un canovaccio armonico del jazz e i usa questo esempio per spiegare la genetica. È nato tutto come un gioco, che io ho accettato volentieri. Mi sono divertito a trovare relazioni tra queste due realtà.

E ce ne sono?

Il jazz, per quanto sia musica improvvisata, ha una struttura importante. Si improvvisa all'interno di una griglia molto rigorosa. È lo stesso per il Dna e per gli elementi e gli aspetti genetici. Il legame con la scienza però va oltre, investe l'acustica, la qualità dell'aria che fa muovere il suono. La musica guadagna molto quando la scienza si mette al suo servizio, probabilmente però anche la musica dà un contributo alla scienza. Sicuramente il jazz, se vogliamo parlare di ‘ricerca', è una delle musiche che ‘cerca' di più. È una musica che si guarda intorno, indaga, sviluppa, costruisce e prende direzioni diverse che poi confluiscono in una.

pastedGraphic_1.png

Potremmo azzardare un parallelismo dicendo che sia i ricercatori sia i musicisti spesso sono precari?

Trovo il concetto di ‘precario' interessante dal punto di vista creativo. In Italia ci sono musicisti molto bravi proprio perché costretti ad arrangiarsi e questo sviluppa la loro creatività. Credo che lo stesso avvenga nel campo della ricerca scientifica. Ciò non esclude, però,  la  necessità di investimenti maggiori in questo settore da parte dello Stato.

La sua musica è fortemente influenzata dalle radici sarde.

In Sardegna è presente una forte necessità di confrontarsi col mondo attraverso un linguaggio contemporaneo, cercando di guardarsi intorno ma portandosi dietro quanto si ha: tradizione, lingua e cultura. Quest'isola ha qualcosa di totalmente originale e diverso rispetto alle altre regioni, offre spunti interessantissimi, è un crogiuolo di esperienze e scambi. Posta al centro del Mediterraneo, è stata sempre un luogo di soprusi, di scambi, un mercato globale ma anche locale.

Lei ha preso una posizione molto netta nel dibattito sul nucleare che ha toccato da vicino proprio la Sardegna.

Sì, ho espresso in modo chiaro la mia posizione contraria. E cerco di metter in pratica le mie idee attraverso un progetto, ‘il carro delle energie'. Nei concerti usiamo impianti con un carico massimo di 7,5 Kw, un gruppo elettrogeno misto solare-eolico che, quando necessario, può funzionare anche a olio di colza. L'obiettivo è alimentare tutto il concerto con poca energia prodotta mediante il sole e il vento.

Elena Campus

Argomenti