Vita Cnr

La bioenergia che viene dalla canna

Canne
di Francesca Gorini

Una team di ricerca dell'Ivalsa-Cnr di Catania ha messo a punto un'efficace tecnica di propagazione in vitro della canna comune, specie che possiede un'altissima produttività in biomassa. Un risultato che apre la strada a un suo utilizzo su vasta scala per la produzione di energia
 

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La nuova frontiera della bioenergia arriva dalla canna comune (Arundo donax L.), pianta poliennale dall'elevata produttività in biomassa, caratterizzata da limitate esigenze colturali. Un'innovativa tecnica di micropropagazione in vitro, messa a punto da un team di ricerca dell'Istituto per la valorizzazione del legno e delle specie arboree (Ivalsa) del Cnr di Catania, consente infatti di risolvere il problema della sterilità, che fino a oggi ne ha limitato l'utilizzo su larga scala.

“Grazie alle sue caratteristiche di specie perenne ad alta produttività in biomassa, all'elevata rusticità e all'adattamento a difficili condizioni ambientali, la canna comune è una delle specie più promettenti per la produzione di bioenergia, in particolare nelle regioni dell'Europa meridionale, negli areali mediterranei e in tutte le zone che presentano limitata disponibilità idrica e di nutrienti”, spiega Cristina Patanè dell'Ivalsa-Cnr. “Il suo utilizzo è rimasto tuttavia limitato a causa della sterilità: al di fuori dell'areale di origine, infatti, la pianta non produce seme e metodi alternativi di moltiplicazione per via vegetativa – attraverso porzioni di fusto o di rizoma - risultano onerosi e ne limitano la coltivazione su larga scala”.

Inconvenienti che possono essere superati facendo ricorso alla tecnica di propagazione in vitro, con cui si ottengono veri e propri cloni della pianta madre, dotati dello stesso patrimonio genetico. Il lavoro è stato svolto in collaborazione con il Dipartimento di agricoltura, alimentazione e ambiente (Di3A) dell'Università di Catania, all'interno del progetto del ministero delle Politiche agricole e forestali 'Filiere agro-energetiche nel Sud Italia'. “Si tratta di una tecnica di micropropagazione largamente utilizzata a livello commerciale per alcune specie, ma mai applicata su canna comune. È in grado di assicurare tassi di moltiplicazione fino a 1.000 volte più alti di quelli ottenuti con i metodi di propagazione vegetativa tradizionali, garantendo altresì un alto grado di identità genetica”, aggiunge Valeria Cavallaro dell'Ivalsa-Cnr.

Dopo una prima messa a punto del processo, è stata studiata la propagazione della canna in vitro sia in mezzo liquido, sia solidificando il substrato con agenti gelificanti come agar o gelrite. “Le ricerche effettuate hanno permesso di ottenere significativi miglioramenti nella tecnica di propagazione, con un elevato numero di germogli prodotti per ogni ciclo di moltiplicazione”, conclude Valeria Cavallaro. “La coltura in vitro su mezzo liquido, in particolare, può essere applicata su larga scala, in quanto consente di produrre in sei mesi circa 1.200 nuove piantine, un numero notevolmente più elevato di quello ottenuto con i metodi convenzionali di propagazione e a costi considerevolmente ridotti rispetto alle tecniche convenzionali”. 

Fonte: Valeria Cavallaro, Cristina Patanè, Ivalsa-Cnr sede di Catania, tel. 095/7338395 

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