Le intersezioni tra scienza e poesia non sono rare, ricordiamo per esempio quelle tracciate da Marco Pivato, ma non molte sono le sovrapposizioni così precise come questa realizzata Piera Mattei con “La lavagna luminosa” (Gattomerlino). Un’agile raccolta che sin dalla dichiarata collocazione spazio-temporale, “Erice 3-9 agosto 2023”, identifica l’antico borgo siciliano a picco sulla laguna di Trapani dove, dagli anni Settanta del secolo scorso, il fisico Antonino Zichichi ha posto la sede del Centro per la cultura scientifica Ettore Majorana, dedicato a incontri e residenze internazionali. Una location che già definisce i due aspetti fondamentali oggetto dei versi: la fisica, disciplina che studia le leggi fondamentali di funzionamento della realtà, e una modalità di approccio verso la conoscenza profondamente umana e aperta.
Spiega Mattei che “queste riflessioni restano dedicate ai luoghi silenziosi e fraterni dove alcune tra le più brillanti menti scientifiche, con quasi regolare scadenza, si ritrovano per dibattere tematiche che riguardano l’essenza sconosciuta della materia, nella quale e per la quale viviamo”. È la visione della scienza come ricerca del nuovo, non come possesso di sapere, che fa insomma da segnavia delle poesie dedicate ad Antonio Bianconi e agli altri “inventori” che si incontrano negli ex-conventi sul monte sacro a Venere. Studiosi che vengono paragonati a “bambini alla scuola della scienza / che formano / che li forma // gioco / che inventano / che li inventa”, capaci di conservare l’ingenuità infantile, “lo stupore infantile dei perché? / non si è cancellato / nel procedere dei giorni”, consapevoli della propria cronica e provvidenziale imperfezione, “inventore è colui che trova / che ha trovato / come funziona l’anima? // dove si trova, da quando e fino / a quando? // inventore è colui che cerca / che sta continuando a cercare” e di quanto sia infinito il conoscibile, “sullo schermo il volto della Natura / disposto a mostrarsi”.
In tempi di saccenza diffusa e dogmatica improvvisazione, l’autrice utilizza un approccio che invita il lettore a scorrere con fiducia le pagine, dove troviamo titoli trasparenti come “Diagrammi, cifre, anche colori”, “Fibonacci e il numero aureo” e “La lavagna luminosa”, che dà il titolo alla raccolta e che confessa una comprensibile nostalgia per un’epoca in cui la trasmissione dei saperi era segnata da una dichiarata provvisorietà: “cancellare non si può su lavagna luminosa / solo indicare (con laserpoint) / enunciare quanto già scritto // non come quando era gesso su schermo nero / polvere di gesso sulle mani / sui polsi della giacca // quando indicare era scrivere / e anche cancellare / col pugno serrato a cimosa // e si poteva persino non conservarne l’impronta”. Dal punto di vista tecnico, i versi sono liberi da metri e rime, salvo eccezioni come “Denti, ossa, pietre renali / non importa / si studiano con metodi uguali”, ma sempre sonori, rotondi, leggeri.
In Appendice una selezione di poesie scritte nel 2008, in occasione di un soggiorno a Erice per una conferenza scientifica, e già pubblicate per l’editore Manni nel volume “L’equazione e la nuvola”. Tra queste, “Dirac o della bellezza”, ispirata dall’equazione impressa sotto il palco dell’Aula Magna di San Domenico. Sul significato di tale semplice ed “elegante” equazione Mattei spiega che con essa Dirac predice “l’esistenza dell’antimateria e il fenomeno dell’annichilazione con la materia”. Concetti complessi che rimandano all’evoluzione ineffabile seguita dalla fisica negli ultimi secoli e che, proprio per questo, possono talvolta trovare nella poesia un insospettabile medium di divulgazione.
Titolo: La lavagna luminosa
Categoria: Saggi
Autori: Piera Mattei
Editore: Gattomerlino
Pagine: 66
Prezzo: 15,00