Faccia a faccia

Leggete ai bambini

Piero Dorfles
di Emanuele Guerrini

Giornalista, scrittore e autore di programmi radiotelevisivi, Piero Dorfles conduce la trasmissione “Per un pugno di libri” di Raitre. Lo abbiamo incontrato al Monastero di Fonte Avellana, nelle Marche, in occasione del Festival di giornalismo culturale 2020 di cui è presidente

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Giornalista, scrittore e critico letterario italiano, Piero Dorfles è stato responsabile dei servizi culturali del Giornale Radio Rai, per cui ha curato diversi programmi radiofonici. Da venti anni conduce la trasmissione “Per un pugno di libri” di Rai Tre, ha pubblicato testi dedicati al mondo della comunicazione televisiva e radiofonica, come ad esempio “Carosello” edito da Il Mulino o “Il ritorno del dinosauro”, edito da Garzanti che, nel 2018, ha pubblicato anche il suo ultimo libro “Le palline di zucchero della Fata Turchina”. Lo abbiamo incontrato all'ottava edizione del Festival di giornalismo culturale 2020, di cui è presidente.

Secondo lei Gianni Rodari è ancora attuale, è opportuno proporre la lettura dei suoi libri ai bambini?

Sarebbe inopportuno non farlo. L'insegnamento di Rodari è sempre attuale, vorrei ricordare una sua poesia che iniziava così: “Chi è più forte del vigile urbano? Ferma i tram con una mano…”, questa filastrocca offre al bambino la possibilità di giocare con due elementi altrettanto straordinari: da un lato quello fantastico della potenza di una singola persona di respingere la forza enorme di un tram, dall'altro l'idea dell'autorità, dell'esistenza dell'istituzione, la forza di chi, avendone la facoltà, riesce con un segno della mano a fermare qualcosa. Questa filastrocca permette di pensare a quello che possiamo fare, al di là della nostra potenza fisica, con la forza delle idee, la forza delle istituzioni. Questo è il gioco che tutto Rodari ci ha dato nella sua grammatica: la capacità di insegnare ai bambini a vivere con la fantasia, al di fuori della semplice realtà.

I bambini poi diventano grandi…

Purtroppo (sorride).

…e in moltissimi smettono di leggere. Come mai?

Il fatto che i ragazzi leggono fino a 13-14 anni e poi smettono credo dipenda da fattori ormonali e dalla capacità di attrazione delle nuove tecnologie. Guardare la tv o i contenuti sul telefonino è più facile che leggere, attività che invece prevede un desiderio di impadronirsi delle cose. All'inizio la lettura è faticosa, ecco perché appena si ha la possibilità di evitare l'apprendimento leggendo prevale il desiderio di fare altro. I ragazzi che continuano a leggere purtroppo non sono la maggioranza, ma sono sicuramente più degli adulti, che in Italia leggono pochissimo. C'è un problema di esempio, di valori collettivi. Nel nostro Paese la maggior parte delle persone non ha libri in casa. Perché un ragazzo dovrebbe sentirsi portato a leggere se non ha l'esempio da parte di genitori ed educatori? Se non si trasmette il valore della lettura è difficile che un ragazzo lo apprenda. Se invece un genitore legge un libro a un figlio, stimola il suo interesse per la lettura. Molte volte è così che nasce il lettore: sente raccontare ad alta voce un libro e gli viene voglia di sapere come va a finire, anche quando il genitore se n'è andato e quindi inizia a leggere. È importante che i genitori tengano in casa il maggior numero di libri possibile. La lettura poi può dare degli stimoli straordinari: permette di viaggiare, di vivere, di fare conoscenza con quello che altrimenti ci potrebbe spaventare, come ciò che è diverso e lontano da noi.

Piero Dorfles

Lei ha condotto “Per un pugno di libri”. La televisione può essere uno strumento di avvicinamento alla lettura?

Certo. La televisione come qualunque altro strumento tecnico può essere utilizzato per avviare alla lettura. Ci sono piccoli accorgimenti che permettono di arginare certi freni che troviamo soprattutto nei giovani: l'idea, ad esempio, che chi legge sia solitario e non abbia capacità di rapporti sociali. Nella trasmissione abbiamo incentivato i ragazzi alla lettura producendo una sorta di sfida nel conoscere i libri meglio di altri. Il confronto fra classi sulla conoscenza di un testo accomuna i ragazzi e fa superare loro la dimensione di solitudine che si associa alla lettura. In questo modo viene anche redistribuito il sapere all'interno del gruppo, stimolando il contatto tra i giovani attraverso la sfida. Penso che questo strumento andrebbe perseguito.

La tecnologia quindi può aiutare la lettura, ma meglio un e-book e o un libro cartaceo?

Credo che la capacità di leggere su supporto elettronico o cartaceo sia la stessa, soprattutto per le nuove generazioni. C'è una un'unica differenza non marginale: il libro cartaceo rimane e guardandone il dorso sullo scaffale dove lo abbiamo riposto ci ricorda che cosa abbiamo letto e aprendolo nuovamente anni dopo potrà “parlarci”, per esempio attraverso un oggetto che ci abbiamo lasciato dentro, una sottolineatura o un'orecchia che abbiamo fatto a una pagina per ricordare una frase che ci ha emozionato. Il libro cartaceo è un documento dell'esperienza che abbiamo fatto leggendolo. Credo che questo il libro elettronico non potrà mai sostituirlo.

Un'ultima domanda: che libro ha sul comodino?

Leggo sempre molti libri contemporaneamente. In questo momento prima di andare a dormire sto rileggendo “Il Golem” di Gustav Meyrink, perché ne avevo un ricordo sbiadito. Quando si rilegge un libro, il più delle volte si scoprono cose diverse rispetto alla prima lettura. Credo sia un'esperienza importante da fare. È come se nel libro avessimo uno specchio nel quale ci vediamo come eravamo nel tempo in cui lo abbiamo letto la prima volta, il che ci permette di capire se e quanto siamo maturati o se siamo invece regrediti. Ma il più delle volte ci dice quello che siamo stati e questo vuol dire sapere di sé qualcosa di più di ciò che sapevamo prima.