È un intenso racconto a due voci ‘Sangue mio' di Davide Ferrario, regista di film e documentari, oltre che scrittore. Ulisse Bernardini, è un galeotto giunto al termine della pena detentiva per rapina e omicidio, sua figlia Gretel una ventenne che l'uomo non ha mai incontrato. La ragazza scrive al padre, in prigione, chiedendogli di incontrarlo e nel colloquio gli chiede di accompagnarla a Maratea, dove si trova il santuario di San Biagio. La giovane malgrado non sia credente, spera che un miracolo del santo la liberi dalla malattia da cui è affetta dalla nascita, una patologia autoimmune caratterizzata da distonia e parkinsonismo, provocata dalla mutazione genetica di un enzima. "La Hallervorden-Spatz è diagnosticabile, ma non curabile". E, apprendiamo da Gretel, "latente per un periodo di tempo imprevedibile, può ammazzarti a dieci anni come starsene buona fino all'età di Willem", un malato morto a neanche venticinque anni, che è "primatista europeo di sopravvivenza alla sindrome".
A bordo di una vecchia Panda, la coppia attraversa l'Italia percorrendo strade secondarie che consentono a Ulisse, dopo quasi trent'anni di godere del paesaggio e di scoprire come è cambiato il Paese. Ma il viaggio permette soprattutto ai due di conoscersi, dapprima con qualche resistenza, poi con sempre maggiore sincerità fino a creare un legame forte che, al termine del tragitto, porta l'uomo a dire alla ragazza, come se fossero sempre vissuti insieme: "Torniamo a casa, Gretel".
titolo: Sangue mio
categoria: Narrativa
autore/i: Ferrario Davide
editore: Feltrinelli
pagine: 191
prezzo: € 16.00