Faccia a faccia: Corpo

Recitare, una passione nata tra i banchi

Eleonora Giovanardi
di R. B.

A raccontarlo è Eleonora Giovanardi, attrice che ha esordito nel teatro, per poi passare alla tv e al cinema, dove ha raggiunto la fama come coprotagonista della pellicola record di incassi “Quo vado?” con Checco Zalone diretta da Gennaro Nunziante. Una parte del film è stata girata nella base Dirigibile Italia del Cnr. Tra le sue fatiche recenti “Evelyne tra le nuvole”, che porta in sala il delicato tema della convivenza tra natura e tecnologia. Nel corso dell'intervista, l'attrice sottolinea che, sebbene siano forme di recitazione diverse, sia nel teatro che nel cinema “il mezzo di espressione è lo stesso, il corpo"

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Originaria di Reggio Emilia, Eleonora Giovanardi, dopo la laurea in Comunicazione all’Università di Bologna, si diploma come attrice alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi. Debutta nel 2010 al Piccolo Teatro di Milano e prosegue la carriera teatrale collaborando, tra gli altri, con il Teatro Filodrammatici di Milano e con ERT-Emilia Romagna Teatro. Nel 2014 gira come protagonista femminile la webserie “Status” con la quale vince il titolo di migliore attrice italiana al Roma Web Fest. Dal 2013 al 2015 lavora nella trasmissione televisiva “Crozza nel paese delle Meraviglie”, e successivamente anche in “Fratelli di Crozza”. Il debutto come protagonista sul grande schermo arriva nel 2016 con “Quo Vado?” di Checco Zalone, diretto da Gennaro Nunziante, film per il quale si aggiudica diversi premi. Oltre che per il cinema lavora anche per la tv, girando, tra l’altro, il film “Io ci sono”, sulla tragica storia dell’avvocata Lucia Annibali. Di recente ha preso parte alla docufiction per la Rai “Il segno delle donne”, dedicata a sei figure straordinarie del Novecento italiano, nella quale ha interpretato Ondina Valla, prima donna italiana a vincere, nel 1936, una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Ha preso parte a diverse serie tv, tra le quali “Lea-Un nuovo giorno” di cui inizierà a breve le riprese della seconda serie. Ha presentato la giornata della memoria 2021 e 2022 in diretta dal Quirinale ed è impegnata in diverse attività oltre il lavoro di attrice: insegna recitazione ed è co-fondatrice di Amleta, un’associazione di promozione sociale che si batte per contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo. Il 30 marzo di quest’anno è uscito in sala “Evelyne tra le nuvole”, diretto da Anna di Francisca, una coproduzione italo-francese in cui interpreta la protagonista.  

Lei è laureata in comunicazione, cosa l’ha spinta a dedicarsi alla recitazione e a tentare l’ammissione alla Scuola d’Arte Drammatica Paolo Grassi di Milano?

In realtà la mia passione per la recitazione nasce prima dell’università, già quando frequentavo il primo anno delle superiori partecipavo a corsi amatoriali di teatro del liceo, è lì che ho incontrato il mio gruppo di teatro, formato da persone diventate quasi tutti attori professionisti, siamo cresciuti insieme. Direi, al contrario, che l’università è stata una parentesi nella mia formazione alla recitazione. Terminato il liceo ho voluto iscrivermi a un corso universitario, ma dopo la laurea la passione per il teatro mi ha portato a fare il provino alla scuola Paolo Grassi, ed è andato bene. Da lì è iniziato il mio percorso di attrice. Comunque, l’università è stata un’esperienza davvero utile dal punto di vista sia umano che formativo, mi ha dato una coscienza più solida; l’ateneo di Bologna rimarrà sempre nel mio cuore.

Eleonora Giovanardi

La sua carriera di attrice inizia con il teatro, fonda anche una compagnia, il TAP Ensamble-Teatro d’arte popolare. Quando lavora sul set le manca il contatto diretto con gli spettatori?

Devo dire che amo entrambe queste forme di recitazione. Si tratta di realtà diverse, sia come gestione del tempo della giornata, sia come preparazione: un giorno trascorso sul set è un’esperienza differente dalla preparazione di una replica serale di uno spettacolo teatrale. Certo, il mezzo di espressione è lo stesso, il corpo, c’è sempre un  personaggio da interpretare attraverso la recitazione, ma si arriva al risultato in maniera diversa. Il grande schermo consente di ripetere una stessa scena più volte per migliorarla, permette di mostrare dettagli, particolari del volto, delle espressioni, ma manca la reazione del pubblico. Da entrambi però, ogni volta, imparo qualcosa, spero di continuare a farli tutti e due.

In “Amo la tempesta”, (2015) viene affrontato il tema della fuga dei cervelli. Crede si possa risolverlo?

Sinceramente non penso di poter dare una risposta adeguata a questa domanda, non ho le competenze per farlo. Quello che mi sento di dire è che credo si possa e si debba fare di più per garantire ai neolaureati possibilità lavorative maggiori nel nostro Paese, e per permettere loro di tornare in Italia dopo aver effettuato magari un periodo di formazione all’estero. Ma si tratta di una questione complessa, sulla quale non mi sento in grado di esprimermi.

In “Quo vado?” (2016) interpreta invece una ricercatrice che lavora nella base Dirigibile Italia del Cnr, come è stato girare in Artico, con veri ricercatori che vi assistevano? 

Ricordo ancora con precisione quella esperienza di lavoro; in particolare ricordo il ricercatore del Cnr Angelo Viola (scomparso lo scorso 23 marzo, n.d.r.). Lui - ma anche i suoi colleghi - oltre a indicarci cosa era possibile fare e cosa no, vista la sua conoscenza profonda di quella realtà, mi ha mostrato cos’è l’amore per la ricerca scientifica: una passione che consente di lavorare anche in condizioni climatiche non semplici come quelle che ci sono alla Svalbard, al Polo Nord. Angelo mi ha raccontato anche che quando è andato lì negli anni passati, il ghiacciaio era molto più esteso; in quel luogo, dunque, è possibile vedere con i propri occhi gli effetti devastanti del cambiamento climatico.  È stata un’esperienza davvero eccezionale, ricordo ogni attimo di quei giorni, caratterizzati da giornate straordinarie grazie al sole di mezzanotte. Il team dei ricercatori della Base è stato fondamentale, ci fornivano consigli per le riprese, ma anche sul modo corretto di scandire la giornata, dicendoci ad esempio che dovevamo sforzarci di dormire anche se c’era luce, per non perdere il ritmo del ciclo sonno veglia. Vivere alla Base Artica è il regalo più grande che mi ha fatto “Quo vado?”.

Eleonora Giovanardi

Il film è ancora record di incassi e spettatori, le ha cambiato la vita professionale e non? Com'è stato lavorare con Luca Medici, in arte Checco Zalone, e con Gennaro Nunziante?

Sicuramente questa pellicola mi ha fatto conoscere da un pubblico più vasto, un pubblico che spesso non va a teatro. È stata un’esperienza importante, ma è fondamentale non farsi intrappolare in un ruolo, fare in modo di non venire percepita solo come un’attrice da commedia. Quello con Luca, poi, è stato un incontro magico: tutto era perfetto in quel film, la sceneggiatura, il paesaggio, la regia di Nunziante, che si inseriva alla perfezione in quella realtà. È stata una gioia lavorare per “Quo vado?”, dal punto di vista umano e professionale. Posso dire che è stato il mio battesimo di fuoco sul grande schermo.

Nel film uscito il 30 marzo scorso, “Evelyne tra le nuvole”, si affronta un’altra tematica delicata: la difficile convivenza tra natura e tecnologia, la location è un agriturismo privo di qualsiasi connessione internet, dove i turisti si recano in cerca di pace. Qual è il suo rapporto con la tecnologia?

Nella vita reale sono lontana dalla posizione di rifiuto della tecnologia che assume il personaggio che interpreto, Sofia. Credo che la tecnologia sia una realtà imprescindibile per la vita di tutti noi. Per quanto mi riguarda, il cellulare mi accompagna ovunque. Certo, ci sono momenti in cui bisogna disconnettersi, fare una pausa, ma è sicuramente uno strumento utile; per esempio, durante la fase acuta della pandemia da Covid, avere a disposizione la tecnologia ci ha salvato; poter utilizzare smartphone, computer, iPad, ma anche e-book è stato importantissimo. Forse potrei anche scegliere un luogo come quello in cui vive la protagonista del film, ma solo per un periodo molto breve, per fare una pausa rigenerativa. Bisogna insomma fare un uso corretto della tecnologia, evitando gli eccessi e trovando un equilibrio, per fare in modo che non divenga totalizzante.

Lei è cofondatrice di Amleta, un collettivo di attrici che promuove la parità di genere; come vede la situazione femminile in particolare nel settore artistico?

Reputo che siano stati compiuti molti passi avanti, ma c’è ancora tanto da fare, anche nel mondo dello spettacolo. Non bisogna abbassare la guardia, occorre continuare a impegnarsi perché il gender gap si riduca; per esempio, il numero di registe e drammaturghe è ancora molto inferiore rispetto a quello degli uomini. È importante, quindi, tenere alta l’attenzione su questo tema.

Quali sono in suoi progetti per il futuro?

Ho terminato da poco la tournée con lo spettacolo “Il giardino dei ciliegi”, con la regia di Rosario Lisma; a breve inizierò la tournée dello spettacolo “L’estinzione della razza umana”, diretto da Emanuele Aldrovandi; quindi comincerò le riprese della serie tv “Lea2”, per Rai1.

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