A tavola non si fanno miracoli
E' sempre più diffusa la moda dei superfoods, termine con cui vengono definiti dai media gli alimenti considerati ricchi di proprietà nutritive, in grado di migliorare il nostro stato di salute. Con Marika Dello Russo dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr abbiamo esaminato le reali proprietà di questi prodotti e gli effettivi benefici che apportano al nostro organismo
Tutti dobbiamo mangiare per introdurre, attraverso il cibo, l’energia necessaria al nostro organismo per sostenere i meccanismi biochimici indispensabili alla vita. A spingerci è però anche il gusto che ricaviamo dall’assunzione degli alimenti, specie di alcuni: pensiamo a quanta soddisfazione regalano al nostro palato i dolci, così come al piacere che si ricava dal condividere la tavola con amici e persone care. Sempre più diffusa è poi la tendenza a cercare nei cibi qualità nutritive in grado di migliorare il nostro benessere e di garantirci un buono stato di salute. In questo ultimo ambito sempre maggiore spazio stanno acquisendo i cosiddetti “superfoods”, così definiti sia per la loro elevata capacità nutritiva che per gli effetti benefici che promettono di apportare grazie a nutrienti quali vitamine, minerali, antiossidanti, flavonoidi, fibre. Si tratta in prevalenza di prodotti esotici quali curcuma, zenzero, semi di chia, avocado, ma anche bacche di Goji, açaí, maqui. Ma sono davvero in grado di fornire un beneficio maggiore rispetto ad altri alimenti, o di offrirlo con il minimo delle calorie?
Secondo i media si tratterebbe di alimenti eccezionali; ma la definizione è contestata dalla Commissione europea per la sicurezza alimentare (Efsa), che nel 2007 ha proibito alle aziende di utilizzare il termine “superfood” nelle campagne pubblicitarie. A chiarire meglio è Marika Dello Russo, ricercatrice dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Consiglio nazionale delle ricerche: “In ambito scientifico, si preferisce parlare di cibi funzionali, ossia di alimenti ricchi di sostanze che aiutano a prevenire alcune patologie, a contrastare il processo di invecchiamento cellulare e ad allungare l'aspettativa di vita. La ricerca studia questi composti in concentrazioni più elevate di quelle che si trovano allo stato naturale, difficili da ottenere in una dieta reale e, quindi, commercializzati sotto forma di integratori, non scevri però da potenziali rischi per la salute. Un esempio è il tè verde. L’epigallocatechina gallato, l'antiossidante più abbondante nel tè verde, sembra apporti diversi benefici, tra cui perdita di peso, ridotto rischio di malattie cardiovascolari, protezione contro alcuni tumori. Effetti non raggiungibili con un consumo anche elevato di tè ma solo tramite integratori, che però sono stati segnalati per un probabile rischio di tossicità. L’Efsa, chiamata a esprimersi, ha rassicurato circa il consumo di tè come bevanda, stabilendo per gli integratori un dosaggio limite".
Insomma, un conto è la tazza di tè, un altro la pillola.
Bacche di Goji
Per non rischiare di imbattersi in bufale e avere la certezza che le informazioni su questi “super alimenti” siano reali è fondamentale verificare la fonte da cui provengono i dati. Le notizie scorrette non mancano, come avvenuto per la spirulina. “Da tempo parte della lista dei superfoods, per la sua concentrazione in proteine, minerali e oligoelementi che la rendono un ottimo alleato contro la malnutrizione, usata come cibo dagli astronauti e addirittura riconosciuta dall’Oms quale migliore alimento del XXI secolo, negli ultimi anni è stata segnalata a rischio contaminazione”, spiega Dello Russo. “Una review del 2022 e già l’Efsa nel 2016 hanno evidenziato la potenziale tossicità di alcuni prodotti a base di spirulina raccomandandone un sistema di controllo più rigoroso e un consumo entro le dosi consigliate”.
Tra i cibi presentati come soperfoods, anche i mirtilli. “Ricchi di antiossidanti, soprattutto antocianine, secondo numerosi studi sembrano avere effetti protettivi contro alcuni tumori del colon e il declino della memoria dovuto all’invecchiamento, e utili per la pressione sanguigna e la salute del cuore. Tuttavia, una recente review conclude che, nonostante l’evidenza dell’effetto benefico di questi frutti, sono necessari ulteriori studi sull’uomo”, chiarisce la ricercatrice del Cnr-Isa. “L’Efsa anche in questo caso ha bocciato gli ‘health claims’ (indicazioni di salute) per mancanza di sostanziali prove scientifiche o per una caratterizzazione insufficiente del prodotto. La maggior parte degli studi sui superfoods tende infatti a usare modelli animali o esperimenti in vitro, utili a dare un’idea delle proprietà benefiche, ma non sufficienti a garantirne lo stesso effetto nella realtà. Per valutare l’impatto sull’uomo è necessario un approccio differente, che consideri la maggiore complessità, i tempi lunghi, le sinergie tra gli ingredienti e le dosi necessarie per esercitare gli effetti desiderati”.
Va peraltro considerato che la maggior parte dei superfoods ha provenienza esotica, il loro consumo ha dunque anche un elevato impatto sociale e ambientale. “La radice di maca tipica delle alture del Perù, le bacche di açai dal Brasile o l’avocado dal Centro America contengono vitamine, minerali, acidi grassi o altri principi nutritivi che possiamo trovare anche in un’ampia varietà di nostri prodotti tipici, sicuramente più ecosostenibili”, avverte l’esperta. “Seguire una dieta basata su alimenti vegetali e locali poco trasformati, come consiglia la nostra Dieta mediterranea, rimane la migliore scelta per proteggere la nostra salute e quella del nostro Pianeta”.
Reputare un alimento “super” può indurre infine in altri errori, primo tra tutti quello di privilegiare un singolo cibo o gruppo alimentare, danneggiando l’attenzione più ampia alla dieta e allo stile di vita nel suo complesso. “Questi super cibi da soli non sono in grado di compensare cattive abitudini a tavola. È importante prestare attenzione ai dati della ricerca scientifica, che forniscono un importante contributo all’identificazione di principi attive, di molecole importanti per la salute nostra , quando inseriti però in regimi equilibrati”, conclude Dello Russo.